Dal diario di viaggio di Claudio Riva, whisky e dintorni
Approfitto della visita alla micro-distilleria (veramente micro) di Willow Tree per condividere due considerazioni.
Primo, quali possono essere le motivazioni che portano ad avviare un proprio progetto? C’è chi nel craft vede un modello di business dove piazzare capitali, c’è chi nel craft vede la conservazione di valori e affetti. Per Mary è il ricordo delle calde giornate estive passate sotto il salice della azienda agricola di famiglia. È la valorizzazione delle esperienze fatte in Nigeria, dove la sua famiglia si era dovuta trasferire. Ma soprattutto la grande passione in cucina del padre, il suo sapiente utilizzo di erbe e spezie esotiche. In sostanza la necessità di trasferire tutti questi valori in qualcosa di suo. E di trendy. Nasce così il gin Willow Tree, un distillato contaminato da aromi africani e asiatici anche grazie all’utilizzo di alcune botaniche affumicate in un piccolo smoker domestico. Il distillato di una vita.
Secondo, quali alternative all’alambicco di rame? Ho incrociato nel mio tour tre distillerie dotate di iStill; quella di Mary è davvero molto bella, con il mini alambicco – il più piccolo della gamma iStill – impegnato nella produzione del gin e i 6 iStill nano dedicati alla scuola di distillazione. Le ho chiesto perché abbia scelto iStill. L’affidabilità e il successo del suo fondatore Odin. Poi perché un po’ di tecnologia dovrebbe infastidire?
Whisky Club Italia
Veloci appunti e qualche fotografia, importati da Facebook
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