Whisky Live Paris 2023, i numeri

Whisky Live Paris 2023, i numeri

Sembrava impossibile replicare l’edizione 2022 di Whisky Live Paris, un festival che arrivava dopo due anni di tappo e che celebrava il ritorno ai grandi eventi in presenza. Il cambio data, da fine settembre a fine ottobre, ha sì disturbato gli equilibri mondiali dei calendari delle grandi fiere dedicate al distillato, ma le aziende sapevano una sola cosa: dovevano essere presenti a quello che è considerato il più importante evento europeo del settore.

E così hanno fatto anche i visitatori, tutte e tre le sessioni sono andate soldout ed è diventato facile calcolare l’affluenza: 21.000 persone (tra cui 9.000 professionisti nella giornata di lunedì) hanno varcato i cancelli d’ingresso de La Grande Halle de la Villette, occupata per la prima volta nella sua interezza dai banchi di degustazione.

Se a questo numero aggiungiamo anche i 29.000 ingressi registrati per la Cocktail Street, si arriva all’impressionante quota di 50.000 persone. 10.000 in più rispetto all’edizione 2022.

La maggiore vicinanza al Natale ha trasformato il festival di Parigi nella migliore vetrina per il lancio mondiale di nuovi prodotti. Ben 350 dei 1.350 distillati disponibili in degustazione erano delle anteprime o dei nuovi rilasci.

 

 

La presenza francese

Il trend evidenziato lo scorso anno è confermato: visitatori sempre più giovani, divisi tra l’adulazione di brand storici e la scoperta di nuovi mondi. In forte espansione il padiglione delle distillerie francesi di whisky (che hanno superato quota 120). Se a queste sommiamo le distillerie francesi di Cognac, Calvados, Armagnac e Acquavite, oltre a quelle di rhum dei territori francesi d’oltremare, la presenza dei distillatori “locali” è arrivata a quasi la metà della superficie.

Il muro che divideva il Whisky Live dalla Cocktail Street, già vacillante nel 2022, è stato definitivamente abbattuto. Se erano ben visibili i brand mainstream che celebrano la movida in ogni luogo del pianeta, è diventato affascinante fare una sosta presso i tanti stand sostenuti direttamente dalle distillerie per assaggiare, dopo i dram lisci in fiera, anche un Old Fashioned o un Daiquiri fatto con il whisky o il rum preferito.

Chapeau al Golden Promise Whisky Bar, affiancato anche dal Rhum Bar, dove è stato possibile assaggiare ogni ben di Dio proveniente da qualsiasi parte del pianeta, ad un costo non proprio basso, ma la sola guida di Salvatore Mannino valeva ogni euro speso.

La superficie aumentata e qualche straniero in meno (in due giorni ho visto davvero pochi cinesi), hanno reso molto godibile ogni esperienza: zero coda, relax generale, tutti hanno trovato il tempo per un saluto e due chiacchiere.

Registro la quasi scomparsa delle distillerie artigianali di whisky, fatta eccezione ovviamente per quelle francesi. Solo chi tra gli americani, per esempio, ha saputo riunirsi, consorziarsi, in piccoli agglomerati indipendenti di business, ha potuto sostenere gli impegnativi costi della trasferta.

Un ultimo appunto sulla Boutique, non presa d’assalto nonostante il rilascio di alcune edizioni limitate come quelle di Chichibu e di Hampden. Anche a Parigi i flipper sembrano essersi raffreddati.

 

 

Piccolo report fotografico

 

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