Dal diario di viaggio di Claudio Riva, whisky e dintorni
Visita alla distilleria Highland Park. Una conferma, difficile immaginare una esperienza migliore in Scozia.
Il maltaggio. Circa il 20% del fabbisogno di malto viene prodotto in casa, torbato ad un livello di circa 20-40 ppm. Il restante 80% arriva dalla terraferma, non torbato. La miscela che si ottiene, e che è alla base di ogni Highland Park single malt, è al livello di circa 8-9 ppm, con la componente torbata 100% orcadiana. La torbiera è situata a circa 6 miglia dalla distilleria, lungo la costa della Scapa Flow. La torba che si brucia oggi può avere 800 – 1000 anni di vita ed ha vissuto sulle proprie spalle l’occupazione vichinga.
Due forni di essiccazione. Il nuovo kiln, 94 anni di attività ininterrotta, ed il vecchio kiln, 125 anni. Si parte con la torba, 7 ore per il new e 5 ore per l’old kiln. Poi si copre il fuoco della torba con carbon coke per produce un fumo più neutro e che prosegue ad essiccare per altre 16-20 ore sino ad ottenere il livello di umidità richiesto.
Il desiderio della distilleria è quello di produrre un whisky sherroso (99.99% delle botti sono ex sherry, divise tra europeak e american oak) con solo un velo di fumo sul finale. Nulla a che vedere con il carattere torbato di Islay, dove – tra l’altro – la torba stessa ha una componente fenolica decisamente più marcata.
Visitare Highland Park significa visitare un museo funzionante e la conferma la si ottiene a fine degustazione quando ti viene omaggiata la ristampa di un libro degli anni ’20. Mettendo a fuoco ogni singola foto viene facile accorgersi come ben poco sia cambiato in quasi un secolo di vita.
In viaggio con Whisky Club Italia #10000members #trip2orkney
Veloci appunti e qualche fotografia, importati da Facebook
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