Un articolo diviso in sei parti, sullo spunto della degustazione di un dram di whisky, che approfondisce il tema del significato dell’assunzione di alcol dal punto di vista medico.
Il linguaggio è privo di termini strettamente ‘corporativi’, vuole solo fornire informazioni accurate e precise nel descrivere il percorso dell’alcol nel corpo umano, con le sensazioni, le emozioni e i processi chimici e fisici che provoca.
Con la simpatia di un piacere condiviso e la consapevolezza di conoscere però bene l’alcolico amico.
In sintesi, un viaggio che coinvolge corpo e mente, non per arrivare a una conclusione, ma per presentare il paesaggio che lo accompagna. Senza giudizi.
Giulio Pezzo, specialista in medicina interna, ha una grande passione per il whisky, che si è esaltata nella visita delle distillerie di Islay.
Un dram di whisky: il dubbio, l’equilibrio:
Un dram di whisky: il dubbio, l’equilibrio – Parte quarta
- Dalla bocca allo stomaco
- Nel cervello: i neurotrasmettitori
- Nel fegato e poi in giro per il corpo
- E ancora…
- Verso la conclusione
Finalmente dopo meditazioni, assaggi, valutazioni di ogni tipo, il primo sorso del nostro whisky è giunto in bocca. Proviamo a seguirlo da qui in avanti nelle varie tappe.
Dalla bocca allo stomaco
Seguendone il percorso, il whisky transita dalla bocca all’esofago e arriva nello stomaco, dove la mucosa gastrica ne assorbe circa il 20%. Continua quindi il percorso nell’intestino tenue dove viene assorbito, finendo così nel torrente cardiocircolatorio per poi raggiungere tutti le regioni del corpo.
In questo tratto – esofago, stomaco intestino tenue – l’alcol può creare (o peggiorare) i danni alle mucose degli organi, accentuando patologie pregresse o creandone delle nuove. Può dar luogo a stati infiammatori, alterazione della permeabilità e diminuzione della funzione di barriera contro le tossine, che possono passare nel sangue. In pratica, l’eccesso di alcol comporta il peggioramento di disturbi intestinali, l’incremento della sensibilità per i soggetti con colon irritabile e la comparsa o l’aggravamento di gastrite, ulcera gastrica o duodenale, reflusso gastro esofageo (con maggiori probabilità di insorgenza dell’esofago di Barret).
Va da sé che la cronicizzazione di alcune tra queste condizioni può aumentare drasticamente il rischio di certi tipi di tumore (soprattutto dello stomaco e dell’esofago).
È poi molto importante ricordare che l’alcol etilico (e quindi anche lo stesso whisky) è responsabile della riduzione dell’assorbimento di alcune sostanze da parte dell’intestino.
Il cibo, a sua volta, può agire come una spugna e rallentare l’assorbimento dell’alcol, infatti, se si beve a stomaco vuoto l’alcol fa effetto molto più velocemente. Pochi minuti dopo il primo sorso, una volta arrivato nel flusso sanguigno e nel cervello, l’alcol inizia il suo effetto. Non è vero, quindi, che aiuti la digestione, ma anzi la rallenta e produce ipersecrezione gastrica con alterato svuotamento dello stomaco. Una volta assorbito, il nostro alcol fa sì che i vasi sanguigni si dilatino: cominciamo a sperimentare calore, rossore della pelle, ci si sente un po’ più rilassati, più socievoli, di solito più pronti al dialogo.
Nel cervello: i neurotrasmettitori
Giunto infine al cervello, l’alcol attiva il sistema GABA aiutandoci a rilassarci.
Il GABA, o acido gamma-amminobutirrico, è un neurotrasmettitore inibitorio, il che significa che riduce l’attività dei neuroni. L’alcol è una sostanza che si lega al recettore GABA-A, aumentando l’efficacia del GABA nel ridurre l’attività dei neuroni in diversi modi: in poche parole, rende il GABA più efficace.
Gli effetti dell’alcol sul GABA possono essere gravi, sia a breve sia a lungo termine, e sono responsabili di molti degli effetti dell’alcol sul cervello.
Ad esempio, la nostra bevanda alcolica può causare sedazione, ansia, depressione, problemi di memoria, problemi di coordinazione (soprattutto nel movimento), problemi di giudizio. E l’assunzione cronica di alcol può causare danni al cervello, tra cui atrofia cerebrale, perdita dei neuroni, danno ai nervi1.
Nel frattempo, entra in azione un altro ormone: la dopamina. L’alcol stimola il rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore che svolge un ruolo nell’umore, nella motivazione e nella ricompensa.
Questo è l’ormone della ‘ricerca’ che è spesso associato alla spinta a fare le cose, ricompensandoci con un piccolo picco di benessere ogni volta che ci pensiamo. “È qui che le cose diventano più interessanti – afferma Nutt – Ottieni un piccolo successo, ti senti pieno di energia, diventi forte e quando l’effetto inizia a diminuire, ne vuoi di più“.
Proseguendo nel nostro tentativo di capire cosa stia succedendo dobbiamo tenere conto, nel complesso e affascinante mondo dei neurotrasmettitori cerebrali, dell’entrata in gioco delle endorfine, oppiacei naturali del cervello che creano dipendenza, disattivando il senso di controllo e costringendoti a bere più di quanto avevi pianificato.
Le endorfine e la dopamina sono entrambi neurotrasmettitori, cioè sostanze che fungono da messaggeri chimici che permettono ai neuroni di comunicare tra loro, e sono entrambe legate a sentimenti di piacere e ricompensa2.
Sia le endorfine che la dopamina possono essere rilasciate in risposta a una varietà di stimoli, tra cui l’esercizio fisico, la risata, mangiare determinati alimenti e trascorrere del tempo con i propri cari. Ma, anche alcol e droghe possono innescare il rilascio di endorfine e dopamina, motivo per cui si può creare dipendenza e ricerca continua senza facile consapevolezza del livello limite della quantità della bevanda alcolica che ci ha appagato.
L’alcol colpisce la corteccia prefrontale del cervello, che governa principalmente il controllo cognitivo, il comportamento impulsivo e il centro della memoria e ciò significa che la capacità di giudizio viene compromessa e i movimenti vengono interrotti.
Riflessi alterati, confusione, euforia, peggioramento della coordinazione motoria, sottovalutazione dei rischi, diminuzione dell’elaborazione mentale di ciò che si percepisce, riduzione della visione laterale e visione confusa, effetti sulla capacità di attenzione sono tutte conseguenze possibili di un’assunzione esagerata di bevande alcoliche.
Oltre alla pericolosità in sé (si può arrivare anche ad avere le convulsioni e gravi situazioni), bisogna considerare le conseguenze collaterali sulla capacità di guida, sull’uso di apparecchiature pericolose per sé e per gli altri e sull’attenzione ai pericoli in generale.
Nel fegato e poi in giro per il corpo
Perché si alzano progressivamente i livelli di alcol?
Naturalmente perché continuiamo a bere, o abbiamo ingurgitato molto e troppo velocemente il nostro amato liquido. Raggiungiamo quella soglia in cui il fegato non è più in grado di metabolizzare l’alcol che arriva.
Il fegato è l’organo responsabile della metabolizzazione dell’alcol. Quando si beve, il fegato converte l’alcol in sostanze chimiche più semplici che possono essere escrete dal corpo ma questo processo può essere dannoso per il fegato stesso.
L’alcol può provocare una steatosi epatica, cioè un accumulo di grasso nel fegato oppure una sua infiammazione, chiamata epatite alcolica, che può portare alla fibrosi, un ispessimento del tessuto cicatriziale nel fegato.
La fibrosi poi può portare alla cirrosi, una ricostruzione afinalistica (cioè senza uno scopo preciso) del fegato stesso che risulta gravemente danneggiato e non funziona più correttamente. E l’alcol può anche aumentare il rischio di cancro al fegato.
Nel fegato, l’alcol viene ossidato in due fasi.
Nella prima fase l’alcol viene convertito in acetaldeide, una sostanza tossica che può causare diversi effetti collaterali, tra cui rossore, nausea, vomito e mal di testa. Nella seconda fase l’acetaldeide viene convertita in acetato, una sostanza non tossica che viene poi rilasciata nel sangue e utilizzata dal corpo come fonte di energia. Il fegato è in grado di metabolizzare circa 10-20 grammi di alcol per ora.
Esistono, dunque, vie metaboliche dell’alcol che sfruttano enzimi geneticamente determinati e altre che si modificano sostanzialmente in base alla frequenza e all’entità dell’assunzione di etanolo. Il MEOS (Microsomal Ethanol Oxidizing System) è un sistema enzimatico coinvolto nel metabolismo dell’alcol etilico che può essere indotto dallo stesso etanolo; in altre parole, questo complesso enzimatico diventa più potente quanto maggiore è l’assunzione di alcol. Ed è questa la via che fa aumentare la tolleranza all’alcol.
Va inoltre tenuto presente che il MEOS è un sistema aspecifico, capace di metabolizzare anche molti medicinali.
Per questo motivo l’alcolista, quando è sobrio, richiede un dosaggio più elevato di farmaci per ottenere lo stesso effetto terapeutico. Al contrario, quando un grosso bevitore assume farmaci in stato di ebbrezza, il principio attivo farmacologico viene metabolizzato più lentamente e i suoi effetti, a parità di dose, sono nettamente maggiori (dal momento che medicinali ed etanolo competono per lo stesso sistema enzimatico). E gli effetti combinati delle due sostanze a livello cerebrale possono causare notevoli danni.
Per tutti questi motivi, come riportato sui foglietti illustrativi di tutti I farmaci, va assolutamente evitata l’assunzione contemporanea di alcol e farmaci.
Sempre grazie al meccanismo enzimatico appena descritto, se un grande bevitore interrompe l’assunzione di alcol per un discreto lasso di tempo, può avere minore tolleranza all’alcol stesso, e, soprattutto, maggiore rischio di intossicazione quando riprende a bere. Inoltre, a questo punto, una nuova assunzione eccessiva di alcol può causare danni al fegato e ad altri organi, nonostante la pregressa tolleranza.
Se si beve più alcol di quanto il fegato possa metabolizzare, quello in eccesso rimane nel sangue e può causare effetti collaterali più gravi, come perdita di coscienza, coma e morte.
Il tasso di metabolizzazione dell’alcol può variare da persona a persona e può essere influenzato da diversi fattori, tra cui:
– Genere (uomo/donna): le donne hanno un tasso di metabolizzazione dell’alcol più lento degli uomini.
– Corredo genetico ed età: il tasso di metabolizzazione dell’alcol diminuisce con l’età.
– Peso: le persone in sovrappeso od obese hanno un tasso di metabolizzazione dell’alcol più lento delle altre.
– Condizioni mediche: alcune condizioni mediche, come il diabete e l’insufficienza epatica, possono rallentare il metabolismo dell’alcol.
E ancora…
Se bevi troppo, il tuo fegato inizia a soffrire, diventa incapace di gestire il carico di lavoro e inizia a inviare alcol al cuore. Ciò porta a un calo della pressione sanguigna, mentre il sangue nuovamente ricco di alcol viene pompato nei polmoni. Tutto questo significa che espiri parte di ciò che ingerisci, il che, ovviamente, è il modo in cui funzionano i test dell’etilometro.
Numerosi studi epidemiologici hanno osservato una relazione positiva tra consumo di alcol e l’insorgenza di malattie cardiovascolari, ipertensione arteriosa, fibrillazione atriale. E, ancora, l’alcol riduce la produzione dell’ormone antidiuretico da parte del cervello, istruendo i reni a rilasciare più acqua, aumentando la diuresi e causando disidratazione.
La classica sbornia
Molti di noi conoscono in modo ben chiaro e definito che le conseguenze di una ‘bella bevuta’ di whisky non si fermano al momento stesso che essa avviene.
È la classica sbornia, che spesso viene classificata come ragazzata di poco conto: non è che una leggera intossicazione per il nostro intero organismo. Siamo ben consci che i tempi che si prospettano dopo ‘una bella bevuta’ possano essere assai critici.
La situazione sintomatologica clinica che si viene a caratterizzare viene oggi definita, come siamo ormai abituati a sentire, con il termine anglosassone di hangover. L’etimologia della parola rimane incerta, la teoria più accreditata è che derivi dalla parola composta hang over che significa ‘rimanere sospeso’ e questa teoria si basa sull’idea che i sintomi di questa condizione siano come una nuvola che grava sulla testa della persona che ne soffre.
Alla sua comparsa tendono a manifestarsi diversi eventi negativi contemporaneamente, i sintomi più comuni includono mal di testa, nausea, vomito, stanchezza, sete, dolori muscolari e mal di stomaco. Le cause mediche dell’hangover sono complesse e non ancora completamente comprese; tuttavia, si ritiene che siano dovute a una combinazione di fattori, che si suppone dovuti alla disidratazione: l’alcol è un diuretico, il che significa che fa urinare più spesso. Questo può portare alla disidratazione, che può causare mal di testa, stanchezza e secchezza delle fauci. Ma l’alcol può anche irritare il rivestimento dello stomaco, causando diarrea, vomito, quindi altra perdita di liquidi che concorre alla disidratazione. Questa sequenza può portare a uno squilibrio degli elettroliti, tra cui sodio, potassio e magnesio, di cui il corpo ha bisogno per funzionare bene.
Insieme all’espansione dei vasi sanguigni nel cervello, tutto ciò può causare un forte mal di testa e la disfunzione del fegato (responsabile della metabolizzazione dell’alcol) che se sovraccarico può non essere in grado di metabolizzare l’alcol in modo efficiente. Con la conseguenza di accumulo di prodotti di scarto dell’alcol nel corpo, che possono causare nausea, vomito e mal di testa.
Inoltre, l’alcol può abbassare i livelli di zucchero nel sangue, e l’ipoglicemia può causare stanchezza, mal di testa e vertigini. Esagerare nel bere alcolici inibisce la normale capacità del fegato di rilasciare zucchero, portando alla sensazione di lentezza che accompagna i bassi livelli ematici di zucchero.
Il corpo reagisce anche a ciò che percepisce come uno squilibrio nelle sostanze chimiche del cervello e cerca di correggerlo riducendo il GABA, il che può causare ciò che molti bevitori chiamano ‘ansia’.
Infine, anche un solo drink può influire negativamente sul sonno: averne bevuti non pochi significa che è improbabile avere un sonno riposatore di buona qualità. Ma non è tutto qui: l’alcol può anche causare infiammazione e quindi provocare dolore muscolare e mal di stomaco.
L’hangover di solito inizia alcune ore dopo aver bevuto troppo alcol e può durare da diverse ore a un giorno intero: non esiste una cura, ma ci sono alcuni rimedi che possono aiutare ad alleviare i sintomi.
Bere molta acqua può aiutare a reidratare il corpo e alleviare il mal di testa, mentre assumere cibi leggeri può aiutare a calmare lo stomaco. E i farmaci antinfiammatori possono aiutare ad alleviare il mal di testa e il dolore muscolare.
Conoscere per poter governare in maniera migliore gli avvenimenti: questo è lo scopo di questo scritto, come ci siamo già detti. Se siamo riusciti a leggere fino a questo punto, dovremmo avere acquisito alcuni banali concetti chiave, a costo zero, da portarci a casa come sussidio.
Prescindendo dalle retoriche e ahimè inutili frasi del tipo “non bisogna bere così tanto” che tutti abbiamo ben presenti, è tutto racchiuso in quello che sappiamo ma puntualmente non facciamo: mangiare prima di iniziare a bere per rallentare l’assorbimento dell’alcol nel sangue e bere molta acqua prima, durante e dopo aver bevuto.
E anche non bere troppo alcol troppo velocemente e alternare bevande alcoliche con bevande non alcoliche. Anche altri vecchi rimedi, tramandati dalla tradizione, potrebbero aiutare, come la ‘doccia fredda’. L’esposizione al freddo aumenta i livelli di adrenalina e dopamina, ma le prove non sono conclusive e…. Buona fortuna!
Verso la conclusione
Se proseguiamo a bere potremmo cominciare a riconoscere gli effetti dell’alcol su noi stessi. Dopo un periodo non troppo lungo l’alcol può indurre a un cambiamento della nostra flora batterica intestinale, una disbiosi intestinale, squilibrio tra i batteri saprofiti benefici e una maggiore colonizzazione di batteri potenzialmente patogeni. E questo in misura da determinare sintomi intestinali negativi e compromettere anche il sistema immunitario.
Di pari passo l’alcol influisce negativamente sui nostri ormoni, con un aumento della fame e una diminuzione del desiderio sessuale. E piano piano ci accorgiamo che l’alcol influisce anche sul nostro umore. Può farlo in diversi modi: in piccole quantità può avere un effetto rilassante e calmante sul corpo e sulla mente, ma in grandi quantità può avere l’effetto opposto e causare irritabilità, ansia e depressione.
L’alcol può anche interferire con il sonno – sonno interrotto o superficiale – e questo può influire negativamente sull’umore. Inoltre, può alterare i livelli di serotonina nel cervello, un altro neurotrasmettitore che regola l’umore, il sonno e l’appetito.
Si potrebbero dire e scrivere ancora molte cose su questo argomento e credo che non sia produttivo prendere posizioni personali. Ho voluto confrontare i miei dubbi e le mie conclusioni con le opinioni raccolte in diversi stralci di interviste a scienziati e medici su questo argomento. Qui vi riassumo e sintetizzo.
Qualcuno afferma che ci siamo detti, per molto tempo, che l’alcol fa bene, perché ci piace berlo. Purtroppo, gli studi scientifici hanno reso non veritieri alcuni dei ‘benefici per la salute’ derivanti dal bere moderato. Va poi sottolineato un aspetto molto importante che potrebbe cambiare la nostra prospettiva: le persone generalmente non capiscono che le linee guida ufficiali sul consumo di alcol riguardano il consumo di alcol a basso rischio, non il consumo sicuro.
Basso rischio e sicuro non vogliono dire la stessa cosa per l’Organizzazione Mondiale della Sanità: il consumo sicuro è il consumo zero. Nel momento in cui furono sviluppate le linee guida sul consumo di alcol, gli scienziati fecero un’enorme revisione delle prove e calcolarono i rischi per la salute derivanti dal bere a diversi livelli. Il limite scelto per il basso rischio era poco inferiore all’1% del rischio di morte per alcol nel corso della vita, limite che può essere considerato secondo la propria personale lettura.
Sembra assodato che non c’è nulla nell’alcol che sia direttamente benefico: il resveratrolo, antiossidante spesso accreditato con proprietà benefiche per la salute, è presente solo in minuscole quantità nel vino rosso e in quantità ancora minori nel whisky. Secondo l’OMS anche basse quantità di consumo di alcol aumentano il rischio di diversi tipi di cancro e non ci sono prove che eventuali effetti protettivi per altre malattie superino l’aumento di questo rischio.
Ancora, continuando a leggere e ad analizzare le interviste, si discute sul ruolo dell’alcol inteso come sostanza socializzante. Si afferma che l’alcol è la migliore droga per socializzare che conosciamo, ma può influenzare le relazioni sociali sia in modo positivo, sia negativo.
Da un lato l’alcol può favorire la socializzazione, la condivisione e la solidarietà tra le persone, creando un clima di allegria, confidenza e intimità. Dall’altro può ostacolare la comunicazione, la comprensione e il rispetto tra le persone, generando un clima di tensione, conflitto e violenza. Inoltre, può anche interferire con i ruoli e le responsabilità sociali, come lo studio, il lavoro e la famiglia.
In conclusione, l’alcol è una sostanza che ha effetti complessi e contrastanti sulla socialità. Se consumato con moderazione e responsabilità può essere un elemento di aggregazione e di piacere, ma se assunto in modo eccessivo o problematico può essere un fattore di disagio e di danno.
E in tutto lo scritto fin qui prodotto, per chi ha avuto la forza e la pazienza di leggerlo, continuano a riecheggiare due parole vuote che si ripropongono continuamente fra le righe, forse il riassunto del mio pensiero: dubbio… equilibrio.
A voi la facoltà di riempirle di valore se cosa utile, di dare valore ai dubbi per trovare un possibile personale nuovo equilibrio.
Un dram di whisky
Rimane il dubbio …la ricerca di un equilibrio.
1 Può anche aumentare il rischio di sviluppare malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer e il Parkinson. L’abuso di alcol può portare a danni cerebrali permanenti, che possono compromettere la memoria, l’apprendimento, il giudizio e la coordinazione, causare dipendenza, stress e sintomi da astinenza.
2 Le endorfine sono note per i loro effetti antidolorifici e stimolanti dell’umore, mentre la dopamina è associata, come già detto precedentemente, a sentimenti di piacere, ricompensa e motivazione.