“Tastes as if distilled by Lucifer”
“It’s like sucking on a piece of smoky peat”
“Like liquid bacon”
“You’ll always remember your first Laphroaig”
Tutti noi che apprezziamo la torba di Islay, conosciamo quanto un dram di Laphroaig possa possedere una pungenza fenolica, un tocco medicinale, un fumo puzzolente e per molti fastidioso.
Ne abbiamo sempre attribuito l’origine all’estrazione manuale della torba, una operazione che non spremendo il soffice terriccio, ne mantiene integre tutte le sue riserve di oli naturali. Quegli oli che – bruciando nel kiln – danno poi vita al caratteristico aroma.
È davvero così? Lo abbiamo chiesto al Prof.Iain MacKenesoh, docente di chimica dei composti fossili presso l’Università Heriot-Watt di Edimburgo.
“Abbiamo analizzato in laboratorio alcuni campioni del malto prodotto a pavimento dalla distilleria Laphroaig, trovando una presenza elevata di Ethyl-Alpha-Jet, dieci volte superiore a quella dei malti utilizzati dalle altre distillerie di Islay. Ci siamo interrogati sull’origine di questo composto, senza trovare una risposta certa.”
Serviva approfondire la conoscenza del processo di estrazione della torba di Laphroaig e del suo maltaggio. Il Prof.MacKenesoh raduna l’intero team e decide di programmare una settimana-studio sull’isola di Islay.
“Erano le 09:15 di lunedì 17 marzo 2014, avevamo consumato una abbondante full scottish breakfast e ci apprestavamo ad esplorare la torbiera Glenmachrie. Stava piovendo.“
Il Glenmachrie Peat Bog è di proprietà di Laphroaig e si trova esattamente a metà strada tra Port Ellen e Bowmore, in quel punto in cui la vecchia strada militare diventa un po’ meno sconnessa per merito della presenza del piccolo aeroporto di Islay.
“Abbiamo indossato la cerata e gli stivali di gomma e ci siamo avviati verso i terreni paludosi della torbiera, nonostante la pioggia si stesse rapidamente trasformando in una tormenta, con continui schiaffi pungenti di acqua gelida che colpivano il nostro viso.”
Il meteo sulle Ebridi Scozzesi, a fine inverno, può essere davvero inclemente.
“Mentre eravamo impegnati a prelevare campioni di torba a diversi livelli di profondità, abbiamo iniziato a sentire il forte rombo dei motori ad elica di un aereo. Era il volo delle 9.30, lo stesso che avevamo preso noi il giorno precedente”
L’aereo di linea che collega Glasgow e Edimburgo con l’isola di Islay è un piccolo bimotore ATR-42 con una quarantina di posti. Il volo è rapido e spesso molto turbolento, non viene mai spenta la spia di obbligo delle cinture di sicurezza. Un giro sulle montagne russe che dura dai 20 ai 30 minuti, a seconda della direzione e dell’intensità dei venti.
“Non potevamo vedere l’aeromobile, ancora immerso nella mist scozzese, ma la manica a vento dell’aeroporto completamente tesa lasciava intuire un atterraggio non dei più semplici. Beati noi che avevano potuto godere di una traversata soleggiata e degli incredibili panorami sulla foce del Clyde, sulla penisola del Kintyre e su Jura. Un minuto dopo il rumore è completamente svanito, il comandante dell’ATR aveva evidentemente abortito il primo tentativo di atterraggio e deciso di riprendere quota, confidando in migliori condizioni negli istanti successivi.”
“E, infatti, pochi minuti dopo, ecco comparire l’aereo dalle nubi, impegnato in un secondo tentativo, pure lui fallito.”
Quello che il Prof.MacKenesoh non poteva sapere è che la HIAL (Highlands and Islands Airports Limited) impone un preciso protocollo in caso di atterraggio con venti superiori ai 20 nodi, tre tentativi intervallati di 5 minuti, seguiti da una operazione di sicurezza nel caso in cui le condizioni non migliorino: l’80% del carburante deve essere scaricato in aria prima del tentativo finale. Il fuel dumping è una manovra d’emergenza con la quale un aeroplano, in caso di necessità, può scaricare nell’atmosfera il combustibile in eccesso prima di effettuare un atterraggio a rischio. Serve a limitare il peso dell’apparecchio e il rischio di incendio in caso di collisione.
“Ormai abbandonati pale e interesse per il campionamento della torba, eravamo tutti con il naso all’insù, impegnati a seguire le difficili manovre del piccolo velivolo. Nel preciso istante in cui ci ha sorvolato, siamo stati investiti da uno spray di nafta. È bastato guardarci negli occhi, senza neppure scambiare una parola: avevamo appena scovato, con certezza assoluta, l’origine dell’aroma pungente e unico del fumo di Laphroaig!“
La torbiera Glenmachrie è confinante con l’aeroporto di Islay e si trova proprio sulla rotta di avvicinamento percorsa dagli aeroplani che, quattro o cinque volte al giorno, arrivano dalla terraferma. E i venti superiori ai 20 nodi qui sono la norma.
“L’aereo, alla fine, è riuscito ad atterrare in piena sicurezza, non prima di avere lasciato la sua firma indelebile sulla torba e sul malto di Laphroaig. Terminate le nostre ricerche, abbiamo trovato immediato conforto in un pub di Bowmore e in un generoso dram del whisky piu amato e piu odiato di Islay.”
Liberamente ispirato ad uno dei tanti racconti di Jim McEwan durante una memorabile masterclass di 15 anni fa.
100% fantasia. Ogni riferimento a persone, distillerie e fatti è puramente casuale.
ANGEL’S SHAME
QUANDO GLI ANGELI BEVONO TROPPO, CADONO
Il controblog satirico di Whisky Club Italia
Da un’idea di un piccolo e provocatorio gruppo di fomentatori membri del club, in stato di concitato subbuglio, dopo una settimana intera di Fèis Ìle