The Boston Molassacre

The Boston Molassacre

Per il mio unico lettore che mi aveva chiesto di dare seguito all’articolo precedente che parlava del disastro dell’onda di birra, che travolse Londra alle 16,30 del 17 ottobre del 1814, ”per volere di Dio”, come sancì l’indagine delle forze dell’ordine di Sua Maestà britannica, descriverò di seguito quanto avvenne a Boston nel 1919, che presenta alcune circostanze analoghe ed altre differenti e molto interessanti.

Qualche tempo fa, nel 1919, precisamente, negli Stati Uniti per edulcorare, la materia prima era rappresentata quasi unicamente dalla melassa, utilizzata per creare alcol etilico e poi soprattutto rum, ma anche come componente fondamentale per produrre esplosivi ed anche le importanti munizioni.

La melassa spesso veniva lasciata fermentare per lungo tempo in contenitori per poi essere spostata negli impianti pronti a distillarla.

In questo stato era la melassa della Purity Distilling Company quel caldissimo giorno del 15 gennaio del ‘19, nei pressi di Keany Square, al civico 529 di Commercial Street in Boston.

La medesima massa zuccherina era accuratamente riposta in un immenso serbatoio dalle dimensioni di 15 metri d’altezza e 27 di diametro, con più di 8.700.000 litri di contenuto liquido.

Improvvisamente questo serbatoio collassò ed una stupenda e terrificante ondata di melassa, alla fantastica velocità di circa 56 km orari, dall’altezza compresa tra i 2,5 ed i 4,5 metri, si mosse inarrestabile.

 

 

La stazione di Atlantic Avenue della Sopraelevata di Boston fu devastata con un treno che deragliò dai binari. Spaventosamente inghiottiti dalla massa liquida rimasero sul campo, nella zona del North End, inanimi, 25 cittadini della bella città del Massachussets, mentre i feriti furono oltre centocinquanta.

 

 

Successivamente il meteo bostoniano non fu clemente.

Le temperature si irrigidirono e la massa liquida si solidificò, con ridicoli e malevoli effetti nei confronti delle operazioni di soccorso, che furono ovviamente rallentate dalla superficie stradale poco agevole.

Solo dopo sei mesi di duro e intenso lavoro che fu stimato in 86.000 ore lavorative, la città venne, infine, ripulita.

Si racconta che a distanza di molti anni ancora si percepiva chiaramente, nella zona dell’incidente, quell’aroma coinvolgente e spaventevole della dolce melassa, che non arrivò a distillazione, ma che giunse invece a inopportuna devastazione.

 

 

Cosa fecero i cittadini?

Protestarono.

Una coinvolta e coinvolgente class action fu immediatamente avviata.

Una delle prime che videro protagonisti i cittadini del Massachussets.

La cittadinanza era tremendamente sconvolta.

La class action fu rivolta contro la United States Industrial Alcohol Company, proprietaria dal 1917 dell’area dove sorgeva l’edificio dove insisteva il serbatoio e la distilleria.

Come si difese la USIA?

Al solito modo che andava di moda in quegli anni.

La Difesa sostenne che i soliti bad Italians, in particolare gli anarchici italiani, avrebbero fatto saltare in aria il serbatoio. D’altra parte gli Italians abitavano poco lontano dal luogo e la maggioranza di loro, immondi pacifisti, pretendeva di ostacolare la macchina bellica americana, ostacolando l’uso dell’etanolo a fini bellici.

Questa volta andò a finire secondo giustizia e a favore dei bad Italians.

L’USIA fu l’unica ritenuta colpevole del dolce disastro della melassa.

Furono rilevati, dalle perizie, difetti strutturali nella costruzione del serbatoio, che sarebbero stati esacerbati dall’esplosione generata dal gas proveniente dalla fermentazione della melassa.

La Compagnia fu condannata a pagare circa 600.000 dollari, per un valore attualizzato di circa 6,6 milioni di dollari.

L’area del serbatoio fu adibita a campo di baseball e fu acquisita dal Comune.

 

 

Le guide turistiche di Boston ancora oggi conducono la gente, nell’ambito della old town, a vedere quello che loro chiamano The Boston Molassacre, mentre una piccola targa, in quella che fu l’area dell’evento, ricorda l’accaduto:

“Il 15 gennaio 1919, un serbatoio di melassa, al numero 529 di Commercial Street esplose per l’eccesso di pressione interna, uccidendo 21 persone. Si formò un’onda di 40 piedi di melassa che piegò i binari della ferrovia sopraelevata, distrusse edifici e inondò il quartiere. I difetti strutturali del serbatoio, combinati con una temperatura ambientale insolitamente elevata, contribuirono al disastro.

L’accaduto passò alle cronache come “uno dei disastri più strani della Storia”.

The Boston Globe così descriveva le scene: “La melassa arrivava al petto, copriva la strada e mulinava e ribolliva attorno a dei rottami. Qui e là una forma si dibatteva, ma era impossibile dire se si trattasse di una persona o un animale”.

Due parole sulla melassa.

Come scrisse su LInkiesta Giovanni Zegni: ”Fin dal Seicento le navi avevano portato quel liquido viscoso, di colore rosso scuro, che i mercanti occidentali, insieme agli altri prodotti locali, avevano ottenuto in cambio di schiavi prelevati sulle coste africane…Soprattutto, la melassa serviva per la distillazione delle bevande alcoliche, su tutte il rum, che era uno dei prodotti più rinomati dell’industrioso New England…”.

Quanto alla dannosità della melassa riversata, molto è nel concetto di viscosità della stessa. Per viscosità si intende la resistenza di un fluido allo scorrimento. La viscosità della melassa muta al variare della temperatura e sicuramente il contrasto tra la temperatura interna del serbatoio e quella esterna anche dei giorni successivi all’evento ha inciso sull’esasperarsi della dannosità dell’onda rovinosa di melassa.

Insomma, ci furono delle serie cause per il disastro, ma certamente non furono gli Italiani.

Non posso che concludere bevendo un buon bicchiere di rum, nato spesso dalla melassa anche oggi, dopo aver citato il sommo Bukowski sul suo amore per il rum, qui abbinato con la pera.

“Questa vita è una puttana e probabilmente mi spezzerà il cuore, ma cazzo, sono innamorato.

Va così, rhum e pera, perché ci sono dei momenti forti che ti lasciano l’amaro in bocca, e altri talmente belli da gfarti dimenticare quel retrogusto sgradevole che ha la vita. Se davvero Dio mi odia, mi accorgerò di aver finito il succo di frutta, soltanto dopo aver bevuto l’ultimo bicchiere di rhum, e resterà un cattivo sapore sul mio palato.

Ma sarò troppo ubriaco per rendermene conto”.

Così va il mondo, ma purtroppo quel maledetto gennaio a Boston la melassa non si era ancora trasformata in rum e provocò disastri, per la serie quando l’alcol fa male ma quando lo fa ancora non è neanche bevibile.

 

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