Tappi e chiusure dei distillati

Tappi e chiusure dei distillati

Negli ultimi anni una delle tendenze di crescita più forti del mercato del whisky è stata l’espansione della domanda di whisky premium. I consumatori si orientano sempre più verso i whisky pregiati che mettono una maggiore cura nel packaging, un trend che ha consolidato la posizione già dominante del tappo di sughero.

Il sughero è da sempre la chiusura per eccellenza delle bottiglie di vino, l’utilizzo del tappo a vite nei distillati è entrato nell’uso comune a metà del XX secolo, ma è sempre stato associato a prodotti molto economici, entry level, come per i blended scotch whisky di diffusione commerciale. Quando l’attenzione, negli anni ’90, si è spostata verso i single malt, si è tornati a preferire il tappo di sughero.

Se per il vino il sughero sembra essere una necessità connessa alla micro-ossigenazione che permette una sana evoluzione del liquido nella bottiglia, per i distillati il suo uso sembra essere solo fonte di problemi: la tenuta non sempre è ottimale e l’apertura dopo qualche decennio di attenta conservazione si conclude spesso con il tappo sbriciolato.

Molto meglio il tappo a vite, quindi? Lo abbiamo sostenuto per molti anni, ma pare che questa chiusura possa anche rivelarsi la più problematica.

Una chiacchierata con Max Righi, nel suo tempio Whisky Antique, ci ha consentito di mettere in chiaro la storia delle chiusure per i distillati e i pregi/difetti di ogni tecnologia. Una discussione che non sembra avere un netto vincitore.

 

Max Righi - Unfiltered

 

Spring cap

La chiusura a filo, più comunemente nota come spring cap o tin cap, è stata utilizzata per sigillare molte bottiglie fino agli anni Sessanta.

Oggi è possibile trovarla solo nelle collezioni, e la presenza sulle bottiglie vecchie di decenni è la prova provata della sua incredibile tenuta: normalmente i livelli non sono calati. Ne è convinto Max, ne aveva discusso in profondità con Silvano Samaroli e con lui aveva ipotizzato la possibilità di riportarla in voga.

 

Utilizzo

  • anni ’40-’60

 

Vantaggi

  • tenuta assicurata per decenni
  • molto economico

 

Svantaggi

  • non facile da aprire
  • poco eleganti
  • normalmente usato per i blended, soffre (erroneamente) di una percezione di bassa qualità

 

 

 

 


Tappo a vite di plastica (plastic screw cap)

Il tappo a vite è stato inventato nel 1899 e introdotto nello Scotch nel 1926 dalla White Horse Distillers, ma il suo utilizzo non si è diffuso. Di seguito una bottiglia datata anni ’30, con il tappo a vite di plastica ricoperto da un film di alluminio.

Un tappo che è sempre stato considerato economico e per questo motivo (ancora oggi) in gran parte limitato ai blended di fascia bassa.

 

Utilizzo

  • anni ’30-’60, ancora oggi per le bottiglie più economiche

 

Vantaggi

  • molto economico
  • molto facile da utilizzare
  • non si rompe
  • è riciclabile

 

Svantaggi

  • poco elegante e romantico
  • scarsa tenuta
  • può contaminare il contenuto della bottiglia
  • materiale non naturale ed inquinante

 

 


Tappo a vite di alluminio (screw cap)

Il marchio più noto di tappi a vite per vino è Stelvin, che è stato sviluppato tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 dall’azienda francese Le Bouchage Mécanique su richiesta del mondo del vino che soffriva sempre di più del “sapore di tappo” portato dal sughero. I tappi hanno una lunga ghiera esterna, che vuole riprendere la forma della capsula del vino, e utilizzano come sigillante un disco interno di plastica PVDC (polimero), di carta o di sughero.

Fu utilizzato per la prima volta a livello commerciale nel 1972 dall’azienda svizzera Hammel, per poi diffondersi anche al mondo dei distillati.

Normalmente applicato da macchinari automatici, se non è ben stretto ha una scarsa tenuta e provoca le peggiori perdite nelle bottiglie da collezione.

Diversamente dal vino, l’alcol ad elevata gradazione alcolica può interagire con la plastica, contaminarsi e portare ad una sua lenta decomposizione, cosa che compromette la tenuta della chiusura.

 

Utilizzo

  • anni ’70-’90

 

Vantaggi

  • molto economico
  • molto facile da utilizzare
  • non si rompe
  • materiale naturale e riciclabile

 

Svantaggi

  • un tappo che è mal sigillato porta alle peggiori perdite
  • poco elegante e romantico
  • scarsa longevità
  • la placca interna per sigillare la tenuta (di sughero o di plastica flessibile) si consuma negli anni e peggiora la tenuta per le bottiglie da collezione, oltre a “contaminare” il distillato stesso con i suoi aromi

 

Di seguito la chiusura a vite a tappo corto e lungo dei vecchi Laphroaig.

 

 

 


Tappo di sughero (cork)

Il tappo di sughero, come suggerisce il nome, è prodotto con la corteccia della Quercus Suber, più comunemente chiamata quercia da sughero che cresce nell’Europa mediterranea, soprattutto in Portogallo (52%), Spagna (32%) e Italia (6%). È una materia prima naturale, non economica, di sempre più scarsa reperibilità.

Esistono due tipi di sughero:

  • il sughero naturale, tagliato direttamente dalla corteccia
  • il sughero pressato, un granulato di pezzi di sughero e colla o resina, incollati ad alta pressione.

La sua efficacia è spesso messa in discussione per la presenza del TCA (Tricloroanisolo), un composto chimico che si trova nei prodotti di legno contaminati, che passa nel liquido e che è responsabile del “sapore di tappo” nei vini e nei liquori, il fastidioso aroma di muffa e cartone bagnato.

Altresì, una scorretta conservazione orizzontale della bottiglia di whisky – con la sua elevata gradazione alcolica – porta ad una interazione molto intensa del liquido con i componenti chimici del sughero. Il risultato è una maggiore estrazione degli aromi indesiderati e un indebolimento della tenuta del tappo. Ne consegue che la corretta posizione di conservazione di una bottiglia di whisky è quella verticale.

Diversamente dal vino, una bottiglia di whisky viene aperta e chiusa decina di volte prima di essere completamente consumata. Il tappo di sughero utilizzato per i distillati solitamente non richiede l’uso del cavatappi (come nel tappo a raso o driven cork), ma è normalmente dotato di una apertura facilitata (incapsulato o stopper cork). La parte superiore, di legno o di plastica, è incollata al sughero con una colla approvata per uso alimentare. Infine, un uso eccessivo del tappo porta ad un calo del suo diametro e ad una progressiva perdita della sua tenuta.

Un tappo che può quindi portare tanti problemi ma che, sicuramente in Europa, è interpretato come l’unica vera chiusura di qualità. Il Giappone, l’Australia e gli Stati Uniti hanno saputo abbandonare questa moda e passare, anche per i vini e per i distillati di qualità, al tappo a vite. Un esempio? Il pregiato Yamazaki 12 anni utilizza un tappo a vite di plastica.

 

Utilizzo

  • da sempre

 

Vantaggi

  • prodotto naturale (anche se è in difficoltà)
  • è una risorsa rinnovabile
  • è riciclabile
  • è elegante, attraente e percepito come una chiusura di qualità

 

Svantaggi

  • non è così “serrato” come per le bottiglie di vino perché deve consentire una facile apertura a più riprese, quindi ha una tenuta ridotta che diminuisce con l’uso (il tappo cala di diametro)
  • dopo 20 o 30 anni (e per alcuni tappi di sughero di bassa qualità anche dopo 10) è normale che il tappo si sbricioli quando si tenta di aprire la bottiglia
  • ha un costo elevato
  • è sempre di più difficile reperibilità
  • la presenza di TCA (Tricloroanisolo), molecola che è responsabile del “sapore di tappo”, aroma di muffa e di cartone bagnato

 

 

 


Tappo sintetico

Per contrastare il problema del TCA e la sempre più difficile reperibilità del sughero, all’inizio degli anni Novanta sono stati introdotti i tappi sintetici, prodotti con silicone per uso alimentare.

La contaminazione è possibile? I maggiori produttori di tappi di silicone assicurano i clienti, attraverso accurate analisi di laboratorio, che i loro tappi sintetici non rilasciano sostanze odorose contaminanti.

 

Utilizzo

  • dagli anni ’90

 

Vantaggi

  • stessi vantaggi del tappo di sughero, senza avere i possibili difetti
  • se di qualità garantisce una tenuta molto stretta
  • è più economico del sughero
  • non si rompe, non si disintegra, non ammuffisce e non si sbriciola
  • è riciclabile

 

Svantaggi

  • poco eleganti e romantici
  • interpretato di qualità inferiore
  • non è biodegradabile

 

Di seguito le chiusure “italiane” sintetiche di Roner e di Puni.

 

 


Chiusura di vetro (glass cork)

Interpretate come una chiusura moderna, quelle di vetro era invece già utilizzate nel XVII su tutti i prestigiosi decanter soffiati a mano. Troppo costose per un uso diffuso, sono state progressivamente abbandonate.

A partire dagli anni 2000, alcune vetrerie sono riuscite a produrre chiusure di vetro, economiche e di successo. Vinolok è uno dei produttori più noti, utilizzato da un numero crescente di cantine di vino, anche per merito della eleganza delle sue chiusure e dell’attraente gioco dei vetri colorati.

Sempre molto influenzata dal mondo del vino, la distilleria Waterford ha portato sulla chiusura la stessa ricerca che applica quotidianamente sull’orzo. È stato il primo tra i principali produttori di whisky ad avere abbandonato il tappo di sughero a favore di quello di vetro. Una scelta più che naturale per chi ha sposato il vetro di colore blu!

 

Utilizzo

  • dal 2000

 

Vantaggi

  • materiale riciclabile
  • non si rompe, non si disintegra, non ammuffisce e non si sbriciola

 

Svantaggi

  • è costoso quanto il sughero
  • non ancora accettato come una chiusura efficace, il tempo ci dirà
  • la presenza della semplice guarnizione sembra non suggerire una lunga tenuta per i distillati

 

 

Quali conclusioni?

Max asserisce che alcuni imbottigliamenti con l’antiestetico tappo a vite di plastica, come il Macallan 1964 o alcune edizioni dell’8 anni, durante gli anni non hanno mai perso un millimetro.

 

 

Altri tappi a vite invece hanno portato a risultati disastrosi, come rappresentato nell’immagine qui di seguito (3 bottiglie chiuse con il livello precipitato e 1 bottiglia con il tappo di sughero completamente marcio). Sempre rimanendo in casa Macallan, per alcuni lotti del 1951 l’imbottigliamento è stato sbagliato, i tappi hanno avuto una tenuta scarsa e i risultati sono – a distanza di decenni – spesso drammatici.

 

 

Per il sughero è normale che dopo 20/30 anni il tappo si sbricioli all’apertura della bottiglia, il consumatore deve averne consapevolezza, attivare tutte le precauzioni possibili (ne scriveremo) e evitare di imprecare in caso di rotture. Il silicone ha molta più tenuta e non si sbriciola, ma non piace sulle bottiglie del core range, figuriamoci su quelle prestige.

Lo spring cap rimane la chiusura più affidabile per le bottiglie da collezione, è scomoda e questo ha portato al suo abbandono.

 

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