Dal diario di viaggio di Claudio Riva, whisky e dintorni
Alvise vediamo se ti ricordi di questi due ragazzi dell’Oregon, lei Margarett che parla un buon italiano, lui Andy distillatore con la luce negli occhi. Li hai accolti in visita da Capovilla qualche anno fa. Il Capo era andato a prendere qualcuno in aeroporto e ne era tornato con un sacchetto di lime di Marie-Galante (a questo punto c’è più di un indizio sull’identità del viaggiatore), aveva detto che non aveva molto tempo e poi è finita che sono rimasti mezza giornata. ❤️
Ecco cosa stanno facendo alla Stone Barn Brandyworks, una delle quasi venti micro-distillerie che si trovano nel cuore di Portland. Produzione prevalentemente concentrata sulla frutta (mela, pera, prugna, ciliegia oltre a vino conto terzi e grappa). Solo piccoli lotti, al punto di non avere una vera e propria offerta standard ma di annunciare gli imbottigliamenti in rilascio man mano che vengono pronti. Solo materia prima bio proveniente da amici farmer dell’Oregon (con tanto di mappa della loro dislocazione). Alambicco bagnomaria e affinamento in piccoli tini di acciaio (qui ci avete messo lo zampino). Vendita prevalentemente diretta, in distilleria o nei farmers market a cui partecipano direttamente. Non hanno distillato da subito il bourbon whiskey nonostante che per ogni distilleria americana sia il prodotto più caratterizzante e più facile da vendere. Semplicemente non esistevano coltivatori di mais bio nell’Oregon e non hanno accettato compromessi. Sull’onda del successo della distillazione artigianale alla fine sono comparse le prime corn farm e da allora distillano bourbon utilizzando una materia prima che costa decine di volte di più rispetto a quella commerciale. Con un risultato peraltro stratosferico.
Niente, volevano salutarti. 👋👋
Whisky Club Italia #hipstertour19
Veloci appunti e qualche fotografia, importati da Facebook
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