Domenica 1 Novembre 2015
Claudio Riva | WhiskyClub Italia
Ieri il grande giorno del lancio del primo whisky della distilleria Puni. Eravamo in Alto Adige, in Val Venosta, in quella che al momento è l’unica distilleria italiana di whisky … con cuore 100% scozzese.
Distilleria Puni
Whisky itaiano
Nova e Alba

La storia la conosciamo già. Nel 2010 la famiglia Ebensperger posa la prima pietra della prima distilleria italiana di whisky. Il luogo prescelto è Glorenza in Val Venosta (Alto Adige), un vero angolo di Highland in Italia, prende il nome dal rio Puni che porta nella valle la preziosa acqua delle Alpi e utilizza un mix di cereali (malto d’orzo, frumento e di segale locale di montagna).
La strumentazione utilizzata è stata completamente progettata e realizzata in Scozia, lo startup è stato fatto in collaborazione con consulenti scozzesi, l’edificio poi non passa inosservato grazie allo stile moderno che in realtà richiama il tradizionale design dei fienili della valle. Modernità e tradizione.
La distilleria entra in funzione dopo due anni ed il 24 Febbraio 2012 viene riempita la prima botte. Oggi, dopo i necessari 3 anni minimi di maturazione, viene rilasciato quello che è il primo whisky italiano.
Info su www.puni.com.
Giovedì c’è stata la presentazione alla stampa (dovrebbe girare nei prossimi giorni anche un servizio sulla RAI). Venerdì 29 e Sabato 30 Ottobre c’è stato il lancio per gli appassionati.
Gli imbottigliamenti work in progress (ancora acquavite e tecnicamente non chiamabili whisky) aveva già delineato il carattere della distilleria.

Il mix di cereali conferisce una aromaticità diversa rispetto al solo malto che conosciamo molto bene. La segale -anche se presente in piccola quantità – caratterizza sia l’olfatto che soprattutto il gusto con una nota speziata che arriva direttamente dalla materia prima (e non dalla botte). Aromi primari. Non si poteva chiedere molto ad uno spirito con uno o due anni di maturazione, così come non si può pensare che un whisky di 3 anni possa essere il punto di arrivo della distilleria. Infatti ne è il punto di partenza.
L’aromaticità molto intensa, negli spiriti giovani era percepita al mio naso come una nota un po’ da “grappa”, come quando si assaggiano i whisky alpini (svizzeri, austriaci o tedeschi). Il problema è che quei whisky sono solitamente distillati con alambicchi da frutta, ma a Puni tutto è diverso, l’arte qui è 100% scozzese. Ho subito pensato che fosse la nota di segale non ancora perfettamente integrata nel distillato.
E così probabilmente è. Oggi nei due nuovi imbottigliamenti, il Nova e l’Alba, la sensazione è di trovarsi di fronte ad uno spirito più equilibrato ed al legno che inizia a farsi sentire mettendo un po’ d’accordo tutti gli aromi. La maturazione a Puni viene stimata essere due o tre volte più veloce che in Scozia, e questo principalmente a causa delle estati calde e della maggiore escursione tra le temperature minime e quelle massime. Questo aiuta tanto l’estrazione dal legno e – in tono minore – anche l’amalgamarsi del whisky, l’evoluzione della sua complessità. Quindi non si possono usare le regole scozzesi e ne vanno create di nuove, utilizzando l’esperienza per capire se la strada è quella giusta.
Questo è il mood utilizzato per il prodotto che mi ha maggiormente affascinato, il Puni Nova. Ognuno dei due imbottigliamenti è stato presentato in due batch. Il batch 01/2015 è l’imbottigliamento di lancio in serie limitata (977 bottiglie numerate in totale per ogni imbottigliamento). E’ stato imbottigliato alla gradazione del 54% ABV, che non è la gradazione piena di botte (che era attorno al 58%) ma un buon compromesso tra la pienezza di prodotto e l’impatto dell’alcol. Il batch 02/2015 è quello che è stato possibile assaggiare ieri in distilleria e proviene dallo stesso vat ma abbassato al 43% ABV.
Bene, il Puni Nova è una maturazione piena in botti ex-bourbon per 3 anni con un piccolo affinamento in barrique francese da vino (quindi tostata) – per questo motivo viene dichiarato l’utilizzo di rovere americano e rovere europeo. E’ fantastico, perché è un prodotto nuovo e perché le poche settimane in legno francese hanno conferito al malto quella struttura e quel pizzico di spezia/tannino necessari per rendere il prodotto più complesso, più strutturato. I sentori di miele, di frutta tropicale, di vaniglia sono arricchiti da una nota resinosa, quasi balsamica. Abbiamo detto sperimentazione: sono bastate solo 4 settimane per fare far al malto una bella virata, si pensava ci sarebbe voluto più tempo ma probabilmente anche fermandosi a sole 3 settimane si sarebbe arrivati al risultato.
Il Puni Alba invece segue la ricetta degli Alba che abbiamo già assaggiato in passato: due anni di maturazione in botte ex-Marsala seguiti da un anno di maturazione in botti ex-Islay (e stiamo parlando delle botti dei super torbatoni, ovviamente). Quindi qui c’è più Italia, c’è un poco del nostro sole. La vinosità, la tannicità, la masticabilità della botte di Marsala sono molto evidenti e restano avvolte dalla nota torbata che non è proprio quella torbata di Islay ma diventa una nota di tabacco e di chiodo di garofano. Ho raccolto un po’ di impressioni e tra i presenti è sicuramente stato l’imbottigliamento preferito, probabilmente perché già arrivato al traguardo. Io ho preferito il Nova perché trasmette meglio le caratteristiche dello spirito di Puni e lascia intravedere in modo netto quella che potrà essere la sua evoluzione. E ne vedremo delle belle.
Per il resto la giornata è trascorsa in modo molto conviviale, con cibo, musica, abbinamenti ed il convinto senso di ospitalità di Jonas e famiglia. Grazie!
Un po’ di amaro nel constatare quanto poco si sia sentito parlare Italiano ieri a Glorenza. I visitatori arrivavano principalmente dai dintorni, e dalle vicina Austria e Svizzera tedesca. Insomma si parlava solo tedesco. Personalmente ho tentato di dare enfasi a quanto fosse importante essere presenti al lancio del primo whisky italiano, ma le poche persone che hanno risposto hanno solo evidenziato le criticità (tutte discutibili): il prezzo già troppo alto, la forma della bottiglia, l’impronunciabilità del cognome dei proprietari, persino l’architettura dell’edificio. E tutto questo magari senza avere mai assaggiato una goccia del loro lavoro. Ma siamo italiani, riusciamo a trasmettere all’estero un messaggio di qualità e di attenzione maniacale per i dettagli (e in questo Puni è maestro), e al nostro interno ci perdiamo in centomila inutili discussioni. Un whisky non potrà cambiare nulla, temo, ma almeno assaggiamolo prima di dare giudizi.

