60esima volta su Islay, inizio settembre, primi (e unici) giorni di estate nel 2024, 25°C, una brezza gentile e zero midges. Al terzo tentativo riesco finalmente a visitare la distilleria Port Ellen. Dopo l’apertura ufficiale della distilleria, a marzo, esattamente nella settimana in cui eravamo in gita sull’isola, e dopo l’open day del Fèis non proprio riuscito, eccoci a scoprire – nel pieno relax di settembre – le unicità di una distilleria che nasce per essere sperimentale.
Non avevo grandi aspettative, il tour è stato molto piacevole, con il personale operativo pronto a rispondere a tutte le domande tecniche.
La distilleria
I 4 alambicchi, ben visibili dalla strada attraverso le luminose vetrate, sono divisi in due coppie che si differenziano sensibilmente per dimensione. Due Wash Still di prima distillazione e due Spirit Still di seconda? Facile. E invece non è così.
I due alambicchi vista centro abitato di Port Ellen sono stati battezzati i Phoenix Still – come la fenice che è risorta dalle ceneri, hanno riportato la distillazione in questo angolo remoto di Scozia. Gli altri due alambicchi, sensibilmente più piccoli, sono gli Experimental Still.
I due Phoenix sono quelli dedicati alla produzione standard di Port Ellen, mentre i due Experimental sono molto più agili e sono dedicati alla ricerca di nuove ricette, da cui potranno emergere esperimenti meritevoli di entrare in produzione nei fratelli maggiori.
Due distillerie in una.
Il mulino
Le prime differenze tra la produzione classica degli altri single malt scozzesi e quella di Port Ellen partono dalle modalità di lavorazione delle materie prime.
L’orzo maltato del “Port Ellen standard”, che fa pochi metri per arrivare in distilleria, è un Laureate a 36 ppm. Viene sottoposto ad un insieme di test nel piccolo e moderno laboratorio interno.
Certificata la sua qualità, il malto viene inviato al mulino che è quanto di più diverso si possa immaginare rispetto agli storici Porteus.
Il moderno malt mill è dotato di tre set di rulli rispetto ai classici due, una soluzione tecnica che consente di produrre un Grist con una proporzione mai vista prima: 50% di farina bianca, 50% di farina grezza. Le proporzioni tradizionali (20% guscio, 70% farina grezza, 10% farina bianca) sono pensate per agevolare la percolazione dell’acqua calda durante l’ammostamento.
Grist diverso, ammostamento diverso.
L’ammostamento
Il possente full-lauter tun usa “solo” due acque.
Il malto macinato entra nel mashtun insieme alla prima acqua, che ha una temperatura di 64° C. Dopo un primo periodo di riposo, necessario per completare l’attività enzimatica di conversione degli amidi in zuccheri semplici, le pale del mashtun iniziano a girare velocemente per una rapida estrazione del Wort, il mosto.
Interviene poi la seconda fase di sparging (viene spruzzata sopra acqua calda), che non è divisa in due o tre step come accade normalmente (per esempio a 80, 90, 100°C), ma è un processo continuo, con l’acqua che passa lentamente dai 64°C iniziali agli 80°C finali.
Solo gli ultimi minuti di questo lungo processo verranno raccolti in quel liquido appena dolce che verrà usato come prima acqua per il batch successivo. Procedure simili sono già attive presso le altre distillerie Diageo dell’isola.
Un ammostamento che funziona col il grist a 50/50, a mio giudizio, perché sfrutta la grande disponibilità di zuccheri bianchi e sopperisce all’assenza dei gusci con la grande spinta energetica del braccio che non lascia “grumi” non raggiunti dall’acqua.
La lunga fermentazione
Semplice, almeno per la ricetta base. Washback di legno e lievito distiller, fermentazione compresa tra le 90 e le 130 ore.
Mashtun e tini di fermentazione sono condivisi tra le “due” distillerie.
Per la parte sperimentale, tanti segreti.
La distillazione del Port Ellen tradizionale
I due alambicchi Phoenix sono stati costruiti come esatta replica, per forma e dimensione, degli alambicchi originali della distilleria. Alambicchi che, ci è stato confermato, quando furono dismessi, vennero spediti in India. Alambicchi di cui si è poi persa ogni traccia e che è stato possibile replicare fedelmente grazie all’ampia documentazione tecnica e fotografica presente negli archivi Diageo.
La produzione del Port Ellen tradizionale parte con un malto a 36 ppm.
Non hanno ancora completato il primo anno di produzione, ma la capacità produttiva della distilleria tradizionale è stimata in 1.5 milioni di litri di alcol puro all’anno.
La distillazione sperimentale
I due Experimental, pur essendo più piccoli, rispettano le stesse proporzioni e la stessa inclinazione del Lyne Arm dei due fratelli maggiori.
Oltre alla bizzarra Spirit Safe, possiedono una peculiarità molto interessante. Gli spiriti del cuore della distillazione non vengono raccolti tutti insieme in un’unica cisterna, ma raccolti ogni mezz’ora in piccoli differenti contenitori. Questo consente al distillatore di analizzare con dettaglio il risultato dell’esperimento e di massimizzare la qualità del New Make grazie ad un taglio più certosino delle teste e delle code.
Ci è stata offerta l’affascinante possibilità di mettere il naso sulle 11 frazioni di una distillazione sperimentale denominata Medium Smoke, e di godere dagli aromi floreali e fruttati dei suoi primi stadi, sino a quelli potenti e torbati delle ultime 2 sample.
Questa la progressione:
- Sample 2, ore 11:30, 76% abv
- Sample 3, ore 12:00, 74% abv
- Sample 4, ore 12:30, 74.5% abv
- Sample 5, ore 13:00, 73% abv
- Sample 7, ore 14:00, 71.5% abv
- Sample 8, ore 14:30, 69.5% abv
- Sample 9, ore 15:00, 67.5% abv
- Sample 10, ore 15:30, 64.5% abv
- Sample 11, ore 16:00, 63% abv
Alla mia domanda su “quante differenti ricette sono state sperimentate durante questi primi mesi di distillazione“, mi è stato risposto che sono stati provati molti incroci di materia prima, livello di torba, lievito. Visto che questa è la settimana 37 di produzione della distilleria e visto che vengono effettuate 14 distillazioni sperimentali a settimana, solo una calcolatrice avrebbe potuto dare una risposta alla mia richiesta: sono stati prodotti 37×14 diversi stili di Port Ellen!