In Nigeria, da una parola Yoruba, il distillato di vino di palma, solitamente derivato dal fermentato di succo di palma della specie Raffia, prende il nome di Ogogoro ed è ritenuto la birra o il gin della nazione.
In Ghana il nome del distillato che può provenire da vino di palma o da zucchero di canna è l’Akpeteshie e ha una storia legata al passato coloniale di questo Paese. Tale storia dimostra, ancora una volta, come Politica e Alcolici siano spesso connessi e seguano il Divenire della Nazione.
Il distillato in Ghana
Prima dell’avvento delle Potenze Coloniali nel Ghana, la popolazione Anlo aveva sviluppato uno spirito, chiamato Kpotomenui, ossia “qualcosa nascosto in un recinto di una distesa di cocco”.
L’arrivo dei Britannici in quella parte di Africa, che divenne la “Gold Coast”, coincise con la messa fuori legge di questo spirito da parte dei Conquistatori, intorno al 1930. Ufficialmente, il motivo fu quello di impedire il consumo di un alcolico eccessivamente forte, tanto è vero che i locali usavano berlo insieme a pochi amici o ospiti fidati, non fidandosi di possibili delatori capaci di denunciarli per uso di alcolici clandestini. In realtà, i Colonizzatori vietavano lo spirito locale per poter vendere le loro bevande alcoliche, che, non conosciute in Africa, altrimenti mai avrebbero circolato.
Da quel momento in poi il distillato kpotomenui prese il nome di Akpeteshie, dalla lingua Ga (ape te shie, il nascondersi), riferito al fatto che gli abitanti locali dovevano berlo nascondendosi, ed essi non solo appresero a farlo ma escogitarono un modo semplice di produrre la bevanda e di diffonderla in altre parti dell’Africa, insieme all’uso di coltivare e usare le palme e le canne da zucchero.
L’Akpeteshie come simbolo di lotta
Negli Anni Quaranta del secolo scorso l’Akpeteshie emerse come un importante simbolo delle rivendicazioni africane e nazionaliste in ottica anticolonialista. Inoltre, la sua diffusione tra le classi popolari impediva al governo coloniale di godere degli importanti incassi determinati dalle imposte sugli alcolici importati dall’Europa e dunque fu fattore di disgregazione e di alienazione del consenso verso il già poco amato potere europeo.
L’Akpeteshie fu dunque il simbolo della necessità della lotta contro la potenza coloniale.
La distillazione fu infine resa legale con l’Indipendenza del Ghana, sfruttando soprattutto la resa naturale delle canne da zucchero della regione del Volta.
Cosa è l’Akpeteshie
L’Akpeteshie è dunque uno spirito derivato da vino di palma o da canna da zucchero, possibile eventuale sostanziale differenza con l’Ogogoro nigeriano.
La fermentazione avviene in grandi botti dopo la raccolta del succo di palma o l’ottenimento del succo di canna, a volte anche con l’uso di lieviti non indigeni.
Il liquido viene poi riscaldato a fiamma e sottoposto a bollitura con la condensazione dei vapori alcolici, che avviene attraverso una caldaia fatta da un contenitore di metallo per kerosene con un tubo di rame immerso in contenitore, spesso un’altra lattina di kerosene, con liquido refrigerante e la raccolta, per gocciolamento, dello spirito in grandi barattoli. Successivamente si produce una ulteriore distillazione. L’alcol prodotto ha un titolo alcolometrico tra i 40 e i 50 gradi.
Il distillato viene spesso bevuto non affinato e dunque incolore, oppure invecchiato e/o aromatizzato con erbe e spezie, spesso adoperate per renderlo più amaro e che sono rinomate per l’asserito effetto afrodisiaco.
Come viene venduto?
L’imbottigliamento in genere non è professionale, ma avviene con il riuso di bottiglie non etichettate, e la bevanda può essere acquistata all’ingrosso o al dettaglio al bar come in un qualsiasi negozio , a causa della sua popolarità, derivante anche dal basso prezzo. Si dice che anche la fascia di popolazione più ricca mentre faccia sfoggio di uso di alcolici occidentali, poi in realtà sia adusa al consumo di Akpeteshie o meglio al suo abuso.
Recenti Studi, pubblicati su sciencedirect.com nel marzo 2023, hanno dimostrato come spesso i campioni di Akpeteshie – definito anche come il “Moonshine del Ghana” proprio perché legati ad una produzione non regolamentata – abbiano valori di rame e di ferro oltre i limiti consentiti e idonei all’uso pubblico.
Qualcosa sta cambiando
Secondo quanto pubblicato dalla rivista Forbes del 12/4/2023, i fratelli Kofi e Raja Owusu-Ansah, titolari delle Republic Distilleries di Accra intendono sviluppare una strategia tesa a portare l’Akpeteshie nel mondo, intanto conquistando sempre più consumatori in Africa, utilizzando come materia prima non tanto il vino di palma ma la canna da zucchero, nell’intento di replicare il successo brasiliano della cachaca.
La spesa dei consumatori in Africa, sempre secondo Forbes, per gli alcolici ha raggiunto 1,4 trilioni di dollari nel 2015 e dovrebbe giungere a 2,5 trilioni di dollari entro il 2030, secondo Brookings.
Anche se attualmente il mercato alcolico è dominato dalla birra ed il mercato delle Distillerie è ancora in parte frammentato, quest’ultimo appare in vigorosa crescita.
Dunque,Il fenomeno di Republic Distilleries è connesso al dinamismo delle distillerie africane che in maniera artigianale o legate ai grandi Gruppi internazionali si presentano sempre più come in grado di creare occupazione diretta o da indotto.
Tuttavia preoccupazioni si diffondono circa la non moderazione nel consumo di questi alcolici, molte evidenze appaiono negli ultimi tempi in cui l’uso non responsabile di akpeteshie agevoli la diffusione di malattie o addirittura il compimento di reati.
Di cosa sa questo distillato?
Erbaceo, dai sentori di fumo, vegetale, speziato, citrico, ma anche riverberi di ananas e passion fruit.
Diffuso è l’uso anche turistico di questo distillato nelle spiagge e molti sono i bartender locali che sempre più si stanno adoperando per creare nuovi cocktail o utilizzare l’Akpeteshie in cocktail internazionali.
Questo avviene anche in Occidente in luoghi a forte presenza di popolazione di origine africana, come a Londra, in cui l’akpeteshie è adoperato insieme al te’ nero per dare calore e ai fiori di sambuco per ottenere una floreale dolcezza. Oppure ancora non è insolito rinvenire in bar internazionali esempi di cocktail con akpeteshie o ogogoro mescolati con acqua di cocco o zoba, che è una bevanda a base di petali di ibisco.
Oggi lo sforzo dei migliori produttori di Akpeteshie è di elevare gli standard di igiene relativi alla sua produzione e dunque la sua appetibilità anche all’estero, non più a fini sociali di protesta, ma a fini edonistici, verso mercati ricchi.
Del resto, l’esistenza del Akpeteshie è strettamente connessa alla vita spesso drammatica delle popolazioni africane, tra necessità di sviluppo e tante, troppe, sofferenze.
“Se non c’è dolcezza nelle cose e nelle persone, c’è il sale, altrettanto necessario, anche se proviene dalle lacrime”
Ama Ata Aidoo, poetessa ghanese