Fonte Laphroaig.it
Proseguiamo l’analisi sul presente e sul futuro dell’industria del whisky.
Leggi gli articoli precedenti.
Abbiamo visto come l’industria dello Scotch Whisky sia nelle mani di un paio di grandi multinazionali.
Abbiamo visto come, almeno in linea teorica, questi padroni dello Scotch siano in grado di modificare la definizione stessa dello Scotch a proprio vantaggio.
Abbiamo visto come il mondo dello Scotch abbia reagito e ristabilito i valori tradizionali.
Questo è un bene; per tutti.
Intendiamoci subito, non è mia intenzione dare contro alle multinazionali, ma più un’azienda è grande più attira attenzione e – giustamente – più è messa sotto esame.
In anni come questi, in cui il mercato tira, la grande industria costituisce un motore di traino, un volàno per l’intero settore.
Tra l’altro le due multinazionali hanno nel loro portafoglio alcuni tra i migliori Scotch (non sono solo io a dirlo, ma il mercato stesso).
Classic Malts of Scotland
La decisione di Diageo (allora UDV) di introdurre nel 1988 i Classic Malts of Scotland ha dato visibilità e fatto emergere il Single Malt, sino allora riservato solo a pochi fortunati consumatori.
Il Classic Malts è una selezione di 6 Single Malts rappresentativi delle diverse zone Scozzese e conosciuta in tutto il mondo.
Vi fanno parte il Glenkinchie 12 anni (Lowland), il Dalwhinnie 15 anni (Highland), il Cragganmore 12 anni (Speyside), l’Oban 14 anni (Highland Occidentali), il Talisker 10 anni (Isle of Skye) e il Lagavulin 16 anni (Islay).
Chiunque abbia anche un minimo interesse verso lo Scotch sicuramente si è imbattuto in questi malti perchè sono normalmente disponibili in ogni bar, ristorante, supermercato in tutto il mondo.
Il mancato lancio di questa selezione non avrebbe probabilmente consentito oggi la nascita di tante micro-distillerie ma – cosa che è successa per esempio per il whiskey Irlandese – avrebbe portato ad un appiattimento dell’offerta dello Scotch nel gusto e nel portafoglio di espressioni offerte.
Oggi è ancora così? Questa magia si è probabilmente affievolita, complici una maggiore concorrenza, una situazione di mercato soddisfacente ma con nubi nere all’orizzonte ed una necessità di contenere i costi.
La concentrazione delle distillerie in mega-aziende per cui la voce Scotch Whisky rappresenta solo una piccola percentuale del fatturato, una piccola riga sul bilancio, non è sicuramente positivo.
Una distilleria che sia proprietà di una famiglia per cui lo Scotch Whisky rappresenta il 100% dei propri interessi,
avrà sicuramente una maggiore tutela della tradizione rispetto ad una multinazionale che basa il grosso del suo fatturato su prodotti costruiti dal marketing, prodotti per cui non si conoscono gli ingredienti e la metodologia produttiva.
Insomma noi siamo dei rompiscatole, andiamo in Scozia, vogliamo vedere, conoscere, parlare con il distillery manager, e criticare.
Se in una visita successiva dovessimo trovare qualcosa di diverso, che ne sò un estintore nel bel mezzo di un magazzino di botti, grideremmo immediatamente allo scandalo!
E’ questo il futuro dello Scotch?
In un mondo di bevande alcoliche in cui il costo di produzione del prodotto è minimo rispetto ai costi di marketing e di distribuzione, il Single Malt Scozzese rappresenta un’eccezione.
Questo risulta ancora più strano se si considera come in una distilleria di Scotch lavori in realtà un gruppetto di poche persone (da 3 a 9 massimo).
Le distillerie che sono dotate di Visitors’ Centre in genere impiegano più personale nel negozio che in produzione.
Ma questo non basta. Località remote, che rendono costoso portare le materie prime e prelevare il prodotto finito, materie prime di qualità che crescono esponenzialmente di costo anno su anno e bassi volumi di produzione
rendono lo Scotch un prodotto non così conveniente rispetto ad una bevanda alcolica per esempio rossastra, prodotta senza un disciplinare e facendo uso di aromi artificiali, in grandi volumi in uno stabilimento moderno alla periferia di una grande città.
Uno dei primi segnali che qualcosa stia cambiando in peggio anche nel mondo dello Scotch si è avuto un paio di anni fa, quando Diageo ha annunciato il desiderio di investire 100 milioni di Sterline nel mondo dello Scotch.
Questo investimento era motivato dal desiderio di produrre maggiore spirito per far fronte alle richieste dei nuovi mercati emergenti (Cina, India, Russia, Brasile e Messico) e dal desiderio di ammodernare l’industria dello Scotch.
In questo contesto era prevista la nascita della nuova mega-distilleria di Roseisle (Speyside, vicino ad Elgin, qui sotto rappresentata in foto) che, con i suoi 12 milioni di litri di spirito annuali, avrebbe risolto entrambi i problemi.
Diageo, che è un colosso, produce l’equivalente annuale di 83 milioni di litri di alcool di Scotch (fonte Malt Whisky Yearbook 2010).
Ora è chiaro come l’itroduzione di altri 12 milioni di litri (con un incremento di circa il 15%) sia una mossa che non possa passare indisturbata ma che necessariamente abbia un qualche effetto pratico nel mondo dello Scotch.
Gli Scozzesi si sono subito divisi tra chi ha applaudito la mossa di Diageo – 100 milioni di Sterline investite in un piccolo territorio fanno gola a tutti – e chi era preoccupato per la possibile chiusura di distillerie ritenute poco efficaci – si dice che sulla tavola di qualche manager Diageo ci sia già un elenco di 12 piccole distillerie con i conti non allineati alle aspettative della multinazionale, e quindi a rischio chiusura.
La nuova distilleria Roseisle di Diageo
Inutile dire che, mentre i pro ed i contro continuavano a discutere, in tempo di record sono arrivate le autorizzazioni e dopo meno di due anni la nuova distilleria è lì finita e pronta ad entrare in produzione.
Ho seguito la costruzione di questo colosso nei mesi passati, dalla strada ho visto la costruzione dello scheletro di acciaio, il posizionamento delle vasche e degli alambicchi e la realizzazione degli impianti.
Ma quando lo scorso 26/09/2009 ho visto l’opera finita ed ho scattato questa foto, mi ha colto un senso di angoscia.
E’ la stessa sensazione che ho percepito 20 anni fa quando in Brianza nascevano i primi grandi centri commerciali e mi sono detto: “Minchia, siamo fottuti!” (scusatemi ma non riesco ad ammorbidire questa esclamazione).
Volete mettere il fascino di una vecchia distilleria pitturata di calce bianca – come la nostra Laphroaig – e la sensazione che trasmette questa nuova realtà?
Ho subito intuito come Diageo abbia a tutti gli effetti dichiarato guerra al mondo dello Scotch Whisky, probabilmente interrompendo un’era di fattiva collaborazione tra i produttori.
Gli ingredienti ci sono tutti.
La distilleria è stata progettata per poter produrre diversi stili di spirito (lowlands, highlands, speyside, isole, ma probabilmente anche gin, vodka ed altri distillati).
E’ simile ad una distilleria di grano, ad oggi ne sono rimaste solo 5 in tutta la Scozia ed una probabilmente verrà chiusa nei prossimi mesi.
Sino ad ora non è stato possibile visitarla, volendo in qualche modo interrompere il legame tra l’appassionato e la distilleria (una visita era stata prevista a fine settembre, ma all’ultimo momento non è stata confermata da Diageo).
E’ il primo passo verso il consolidamento dell’industria dello Scotch, cosa già successa in passato nel mondo della birra e appunto del whisky di grano.
E’ dello scorso Luglio la decisione irrevocabile di Diageo di chiudere l’impianto Scozzese di Kilmarnock, ritenuto ridondante (che brutta parola), con una perdita netta di 700 posti di lavoro a cui si devono aggiungere 200 posti di lavori persi con la chiusura della Distilleria Port Dundas di Glasgow.
Questo a fronte del trasferimento di parte degli impianti nel Fife, sempre in Scozia, con la nascita di 400 nuovi posti di lavoro e dell’imbottigliamento oltre Manica in Olanda.
Kilmarnock è la patria storica di Johnnie Walker e la prospettiva di vedere trasformare 200 anni di storia in un museo e di devastare l’economia locale di questo piccolo paesino Scozzese non è piaciuta al mondo intero.
Ma a questo punto conta mostrare i muscoli, il governo Scozzese è intervenuto proponendo un piano per salvare il salvabile, ma per il momento le discussioni sono in stallo.
Per completezza, alleghiamo alcuni documenti ufficiali rilasciati da Diageo (e non da fonti critiche o di concorrenti) in riguardo a questi argomenti:
15/02/2007 Diageo looks to the future with £100m Scotch Whisky investment [PDF]
01/07/2009 Diageo announces restructuring plans in Scotland [PDF]
Anche questa volta c’è una velata giustificazione. Si legge che “circa l’85% dei brand Diageo prodotti in Scozia sono venduti oltre Manica”, quasi a voler giustificare il fatto che se qualcosa finisce all’estero tutto sommato c’è una giustificazione.
Servirà un Presidio per difendere lo Scotch Whisky? /1
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