E se la smettessimo di dare i voti?

E se la smettessimo di dare i voti?

Fonte Laphroaig.it


Ogni tanto mi trovo ad avere le idee confuse … oggi è una di quelle giornate lì …


Sto leggendo l’ultimo numero di Whisky Magazine e nella sezione dei tastings (degustazioni) ci sono cose che non mi tornano.
Innanzittutto la forma: descrizioni scritte in piccolo e a tratti incomprensibili (ammesso che qualcuno le legga) ed un mega punteggio in decimi scritto con un font 32 grassetto.
Poi il messaggio che si vuole trasmettere con quel punteggio di 7,5 che messo al fianco di un altro malto valutato 8,0 sembra condannare il primo ed osannare il secondo – e il tutto per una differenza impercepibile ai più.
Infine quel numerino con i decimali espresso da un singolo degustatore (probabilmente con capacità soprannaturali), sarebbe molto meglio usare un punteggio meno selettivo, per esempio le solite classiche
5 stelline.

Sin dall’inizio di I love Laphroaig abbiamo dichiarato la nostra modestia (o poca competenza, a seconda del punto di vista…).
Non daremo mai una valutazione numerica ai dram assaggiati, ci limiteremo a delinearne il profilo organolettico e la sua complessità.
Ma chi ha detto che un whisky semplice ma ben fatto debba essere inferiore ad un whisky che urla, ma privo di equilibrio?
Io personalmente preferirei un buon Auchentoshan rispetto ad un mediocre Laphroaig.

Sì, avete capito bene, possono esistere anche dei mediocri Laphroaig…
Possiamo dichiarare – con sufficiente serenità – che i Single Malt ufficiali rilasciati dalle distillerie sono in genere di ottima qualità.
Ma esistono anche gli imbottigliamenti indipendenti che, sfruttando una gamma di espressioni ben più ampia, possono offrire degli imbottigliamenti eccellenti come anche taluni davvero scarsi.
Il loro obbiettivo è quello di offrire emozioni “nuove”, per cui gli si perdona tutto…



Una scheda di valutazione per vini fermi

Anni di militanza come degustare di vino mi hanno insegnato che la valutazione di un campione dovrebbe essere il più possibile imparziale.
Si valuta la mancanza di difetti (la franchezza), l’intensità e la complessità; tutti valori facilmente trasformabili in numeri.
Ma poi manca qualcosa, si rischierebbe di dare punteggi alti a dei veri e propri “mostri”.
Viene così introdotta l’armonia, l’eleganza del vino; e qui nascono i problemi perchè non esiste una semplice scala di misura di questo parametro, ma è completamente frutto dell’esperienza.

Proseguendo su questa strada si arriva alla fine di una strada senza uscita: una lenta standardizzazione del gusto ed un allontanamento dalla piacevolezza del vino, così come inteso dal consumatore (l’unico che in tutto questo processo caccia la grana e che spesso viene deriso e trascurato).
Si finisce col valutare il bicchiere quando è lì – inutilmente fermo davanti ad un degustatore – dimenticandoci di tutto ciò che è accaduto prima (la
produzione) e di tutto quello che accadrà subito dopo (il consumo).

Lo stesso vale pari pari per un qualsiasi distillato.

Perchè non iniziamo a dare un punteggio al produttore, certificando la sua onestà e la sua capacità produttiva, e a fidarci del giudizio spensierato e disinteressato del consumatore, senza volerlo portare su quella che per gli esperti è la strada giusta?
Ma questa è una domanda ed oggi non ho una risposta pronta…

 

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