Nel mio passato mi sono avvalso soprattutto della tecnologia e di una cultura basata sulla misurazione, anche se ho sempre avuto la fastidiosa sensazione di essere imprigionato in un alveo precostituito, di non avere libertà di scelta. Ho cominciato così a capire che avrei dovuto indirizzare le mie energie scegliendo un’altra strada, dando più fiducia alle mie intuizioni. Ma l’ho capito attraverso il Whisky, è stato in un certo senso il Whisky a guidare le mie intuizioni.
Perché il Whisky non è materia certa, non valgono i decaloghi né i concetti indiscutibili. Non basta studiarne i principi e le relative eccezioni: il Whisky è una sostanza in continuo rinnovamento, un’essenza che muta; solo alcune delle regole che lo governano ci sono note, molte non le conosciamo affatto, altre che pensiamo di conoscere si sono rivelate false.
Tutto è vero e tutto è falso.
Silvano Samaroli
Whisky Eretico
È il 25 gennaio 2011. Mentre in Scozia si festeggiano i vizi e le virtù di Robert Burns, io e un folto gruppi di appassionati abbiamo avuto la possibilità di assistere a Brescia ad una delle rare presenze pubbliche di Silvano Samaroli. Un evento organizzato dall’Associazione Italiana Sommelier; al ricco banco di assaggio è seguito un vivace dibattito in cui si è parlato del passato e della avventurosa vita di chi aveva deciso di esplorare la Scozia attraverso l’assaggio del suo prodotto più affascinante. Con un occhio critico verso il futuro.

È stata la mia prima occasione per conoscere Silvano. Ho scoperto un uomo sì determinato, ma sempre desideroso di ascoltare e di mettere ogni interlocutore a proprio agio. Non è stato l’unico incontro, ne sono seguiti molti altri. Attorno a lui ho avuto il piacere di conoscere Leonardo Pinto, Daniele Biondi, Marco Graziano, Sabrina Chacòn, Francesco Mattonetti, siamo tutti figli del suo pensiero, abbiamo tutti ricevuto robusti incoraggiamenti da Silvano, che non ha mai evitato di dedicarci tempo prezioso ogni qual volta ci fossimo trovati a passare da Brescia.
Un percorso che lui considerava non concluso e che ha pensato di intrappolare nel suo libro “Whisky eretico“. Una pubblicazione che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di un racconto lungo una vita, durante la quale – come più volte discusso con la compagna di tutte le sue avventure, Maryse – aveva dedicato alla sua missione ogni briciola di energia.
Un percorso purtroppo interrotto dalla sua improvvisa scomparsa.

NoAge e il “Samaroli pensiero”
Riprendo le parole che avevo scritto 13 anni fa, nel 2011, parole che testimoniano il suo essere pioniere del single malt e custode dell’armonia.
Silvano Samaroli ha affrontato a Brescia il problema dell’appiattimento del gusto dello Scotch Whisky. Lui sosteneva di aver trovato la soluzione già 12 anni prima, a fine degli anni ’90.
L’omologazione del gusto nasceva dalla standardizzazione del processo produttivo. Tutte le distillerie usavano ormai lo stesso tipo di orzo, non più autoctono ma progettato in laboratorio. Usavano gli stessi lieviti e le stesse botti. Con queste premesse sembrava davvero impossibile riuscire a produrre diverse varietà di malto “solo” per merito della diversa forma degli alambicchi.
A peggiorare le cose era giunto il desiderio di rompere il tabù delle zone geografiche, per cui si iniziavano a trovare whisky torbati nello Speyside. Non solo: per mancanza di spazio o per convenienza, molte botti non maturavano più presso la distilleria ma, dopo essere state riempite, venivano immediatamente spostate in grandi magazzini vicini a Glasgow o Edimburgo.
Questi motivi avevano contribuito, tutti assieme, all’impoverimento del Single Malt che – come già scritto in passato – doveva il suo successo al discredito gettato sul suo predecessore, il Blended. Quando i commercianti – che acquistavano le botti dalle varie distillerie e avevano il controllo totale del mercato – iniziarono a diminuire la qualità per aumentare i profitti, lo Scotch entrò in quella profonda crisi che ha creato lo spazio per i malti venduti direttamente con il nome singolo della distilleria. Una esplorazione portata avanti negli anni ’70 da poche persone, tra cui appunto Silvano.
Nel 2011, per Silvano, ci si stava incamminando su una strada simile che avrebbe portato alla fine anche di quel ciclo. Lo Scotch Whisky ha sempre saputo creare gli anticorpi, ma come è possibile correre ai ripari in questi anni?

Samaroli credeva che – in un qualche modo – fosse necessario tornare al passato, non concentrando tutte le energie solo sul processo produttivo ma ridando importanza alla figura del Master Blender. Siccome tutti i prodotti erano “strutturalmente” identici ed avevano una maturazione simile, l’unico modo per ridare vitalità a questi malti era quello di costruire assemblaggi di annate diverse.
Assemblare botti di pari età non aveva più senso – visto che non esisteva più una sensibile differenza tra zone e distillerie diverse – quindi l’unica soluzione era diventata quella di miscelare botti di età diverse.
Nacque così il progetto Samaroli NoAge (applicato sia sul whisky che sul rum) che si poneva come obbiettivo quello di costruire distillati di qualità assemblando gli ingredienti “in verticale”:
- Botti giovani che fossero in grado di conferire freschezza, acidità e struttura (sensazioni piacevoli in bocca)
- Botti di 10-15 anni che potessero conferire la vaniglia ed il fruttato
- Botti “vecchie” in grado di conferire morbidezza, complessità ed eleganza (sensazioni piacevoli al naso)
Il risultato doveva poter stupire per la sua complessità. Samaroli portava avanti questo progetto da fine anni ’90 ed era certo che quello sarebbe stato il futuro dello Scotch Whisky e che – come già accaduto negli anni d’oro – tutte le distillerie Scozzesi avrebbero prima o poi “copiato” le sue idee.
A distanza di sette anni dalla sua scomparsa, abbiamo la certezza di aver saputo raccogliere la sua eredità?
Caro Claudio,
bellissimo articolo di cui ti ringrazio.
Permettimi una sola piccola nota al margine.
Sono citati parecchi nomi ma sono assenti quelli di coloro che – come sai – hanno condiviso a fianco di Silvano un percorso articolato e talvolta irto di asperità ma sempre comunque di grande rispetto, intensità e crescita.
Brescia e la degustazione a Como in quell’agriturismo di cui non ricordo il nome ma che ben è impresso nella mia memoria sono stati alcuni dei più bei momenti condivisi con Silvano, Te, Davide e tanti altri appassionati di Scotch; permettimi di ricordare e condividere un ricordo più personale ma assolutamente memorabile come la degustazione con Silvano, John Glaser, Dave Broom, Davide, Te ed Antonio a Roma in cui potemmo condividere e godere di un suo Otard 1938.
Grazie ancora della tua memoria e delle belle parole.
Un caro abbraccio, Saverio