Mia cinquantottesima volta su Islay, torniamo nuovamente a Bunnahabhain per la Warehouse #9 Experience con il mitico David, con ancora qualcosa da imparare. Distilleria che anche oggi ci ha regalato una fantastica veduta sui Paps of Jura. #ISLAY58 #WCI10YO
La Warehouse #9 è un magazzino atipico, in passato adibito a pavimento di maltaggio, è rimasto in disuso per 50 anni per essere convertito, una decina di anni fa, a magazzino di maturazione. È una delle 6 warehouse attive della meravigliosa distilleria. Numerate da 1 a 10, la numero 1 (quella fronte mare con la grande scritta) è in realtà dedicata all’imbottigliamento, e tre sono state abbattute per lasciar posto al nuovo visitor centre.
Completamente circondati da Butt ex Sherry durante i 90 minuti della degustazione, è venuto naturale immergersi negli aromi e nel forte legame storico che lega da secoli Jerez de la Frontera con la Scozia.
Le botti di Sherry in passato
La storia la conosciamo molto bene. I britannici erano avidi consumatori di vino liquoroso mediterraneo, e lo Sherry era la bevanda preferita sulle tavole degli aristocratici inglesi e scozzesi. Il vino veniva trasportato da Jerez ai mercati di consumo delle isole britanniche, con un importante epicentro a Bristol.
Un nome, Bristol, legato alla Bodegas Harveys, una delle cantine di sherry più conosciute, un nome divenuto familiare grazie al suo prodotto di punta: il Bristol Cream. Nel 1796, William Perry iniziò a spedire a Bristol Sherry, Madeira, Porto e altri vini. A quel tempo la versione ricca e dolce dell’Oloroso era già popolare nel Regno Unito: era conosciuta come milk sherry o Bristol Milk. Nella sua azienda, Perry venne affiancato da John Harvey, che alla fine rilevò l’attività insieme ai suoi fratelli. Intorno al 1860, ebbero l’idea di creare una versione ancora più ricca del Bristol Milk. Includendo un Oloroso più vecchio: il nome Bristol Cream sembrò appropriato. Questo sherry miscelato divenne popolare per tutta l’epoca degli sherry dolci.
Lo Sherry veniva spedito in grandi botti pensate appositamente per il trasporto, botti che venivano svuotate e imbottigliate a Bristol. A questo punto diventava antieconomico riportare questi contenitori vuoti in Spagna, e venivano venduti a prezzi ragionevoli a chi potesse manifestare interesse. Il legame con lo Scotch fu immediato: a fine 1800 – inizio 1900, circa il 90% delle botti presenti nelle warehouse scozzesi erano ex-Sherry.
Le botti ex-Bourbon sarebbero arrivate molto più tardi, dopo il Proibizionismo, quando il Governo mise per iscritto le norme che conosciamo oggi, definendo il Bourbon come un whisky prodotto con almeno il 51% di mais, distillato a non più di 160 gradi e invecchiato in contenitori di rovere carbonizzato. Nel 1938 venne aggiunto un ulteriore requisito che prevedeva l’utilizzo esclusivo di botti vergini e carbonizzate. La proposta di legge venne presentata al Congresso da Wilbur Mills dell’Arkansas, ed era basata sul fatto che prima del Proibizionismo gran parte del whiskey veniva venduto direttamente dalla botte e ciò significava che la maggior parte del Bourbon veniva invecchiato in botti vergini.
Una regola che ha stravolto l’industria del whisky scozzese, che oggi – grazie al costo decisamente più basso e alla qualità più dolce del rovere dei barili americani – ha ribaltato le proporzioni e portato la botte ex-Bourbon a rappresentare oltre il 90% della maturazione dello Scotch.
Nel contempo, il consumo di Sherry è passato di moda, un cambio dei costumi che ha cancellato rapidamente il secolo e mezzo di successi commerciali. Le botti ex Sherry hanno iniziato a diventare più rare, più ricercate, più care, e questo ha ulteriormente accelerato la transizione verso il Bourbon.
Le botti di Sherry oggi
Il colpo di grazia è arrivato nel 1996, con l’introduzione nella Denominazione d’Origine Sherry dell’obbligo di imbottigliamento sul luogo di origine. Da quell’istante è diventato impossibile spostare vino Sherry in botti e sono venute meno le condizioni che rendevano possibile la disponibilità di botti ex-Sherry presso le distillerie scozzesi.
Un intervento che era diventato particolarmente importante per difendere gli interessi della Denominazione d’Origine Sherry e dei consumatori: era necessario garantire che le buone pratiche applicate da secoli non fossero usurpate in modo fraudolento da operatori che non ne avessero diritto.
Nell’esercizio di queste funzioni, il Consejo Regulador dello Sherry ha registrato nel 2015 il marchio “Sherry Cask” con lo scopo di utilizzarlo per identificare l’utilizzo certo delle botti nelle cantine iscritte alla Denominazione, e per certificare le specifiche tipologie di vino che avevano contenuto.
A tal fine, il Consejo Regulador ha elaborato uno speciale documento normativo denominato “Espicificación Tecnica de Envinado” (Specifica Tecnica di Stagionatura), le cui regole devono essere rispettate per ogni botte per la quale si desidera utilizzare il marchio Sherry Cask. In sintesi, gli operatori del settore – sia le cantine che gli stagionatori di botti – hanno la possibilità di offrire ai propri clienti un sigillo di garanzia che può essere apposto sulle botti di varia capacità, successivamente utilizzate per l’invecchiamento di altre bevande alcoliche.
Quindi oggi tutto lo Scotch che fa affinamento in ex-Sherry usa botti “fake” e ha un aroma meno interessante rispetto al passato? No, parliamone, l’unica certezza è che oggi chi dichiara la maturazione in ex-Sherry deve obbligatoriamente utilizzare botti che hanno davvero affinato (e non solo trasportato) il vino di Jerez, e che tutta la filiera è certificata dalla presenza di un sigillo.
Oggi una Sherry Cask può provenire solo direttamente delle Bodegas o dalle aziende certificate che praticano il Cask Seasoning (Envinado) con vino sherry per un periodo minimo di 1 anno.
L’etichetta di garanzia è costituita da un cartoncino in materiale plastico che viene applicato sulla botte; ha dimensioni di 85 mm x 55 mm e ha in bella evidenza il logo Sherry Cask e due numeri: il numero di registrazione della Butt e il numero di certificazione. È presente anche un codice QR che contiene le seguenti informazioni obbligatorie:
- Lotto o partita di seasoning a cui corrispondono le botti
- Capacità delle botti espressa in litri
- Nome commerciale della bodega certificata
- Durata minima del seasoning espressa in mesi
- Tipo di vino utilizzato per il seasoning della botte
- Data di emissione della etichetta
Facoltativamente possono contenere anche le seguenti informazioni:
- La bottaia che ha prodotto la botte
- Il tipo di rovere con cui è stata realizzata la botte
- Altre informazioni che la bodega certificata può voler aggiungere.
Per chi fosse interessato ad approfondire, riprendo a questo link le specifiche tecniche ufficiali per l’Envinado.
Un grande applauso a David, per riuscire sempre a condividere conoscenza ed esperienza, nel modo più conviviale possibile.