Il Nerd Corner di Anna
L’apparecchio di distillazione “Savalle”
In qualcuno dei miei articoli avrete certamente sentito parlare di quell’“unicorno” tra gli strumenti di distillazione che è il “Savalle Still”.
Apparecchio unico e, per molti aspetti, poco compreso, è ancora utilizzato in pochissime e distintive unità di produzione di rum del globo, ed ha iniziato ad essere apprezzato fuori dall’esagono francese sin dalla fine del 1800, per tanti motivi, tra i quali fu sicuramente determinante la sua efficacia produttiva, pur bilanciata dal costo d’installazione (è a tutt’oggi uno strumento coperto da brevetto), e di utilizzo (il dispendio energetico era superiore a quello richiesto dalla più classica colonne créole, della quale è una raffinata evoluzione).
Il brevetto nel 1860
Si tratta di un sistema di colonna con rettifica ideato dall’ingegner Savalle nel 1860 a servizio di svariati tipi di industria distillatoria, ma soprattutto di quella che produceva zucchero da barbabietola e ne riutilizzava, distillate, le flemme, ed era più un vero e proprio sistema ibrido che una colonna di distillazione, che veniva alimentato, nelle sue configurazioni più recenti, attraverso tanti punti vapore quanti fossero ritenuti necessari: da quattro in totale sino a un punto per ogni due piatti di rettifica. L’ensemble prevedeva, sulla sola parte di distillazione in colonna, uno chauffe-vin, un frangischiuma, un regolatore dei flussi di vapore ed un condensatore, mentre, nella parte di rettifica, un dispositivo di analisi a piatti in grado di essere alimentato anch’esso separatamente, per eliminare il più possibile delle frazioni indesiderate, e per mantenere una gradazione alcolica costante che poteva essere anche molto elevata per l’epoca, sino ad arrivare a 96 – 98% ABV, dando così agio alla produzione di spiriti dallo stile più leggero: strumento veloce e semi-automatizzabile tramite svariate leve, restituiva, in proporzione al suo maggior dispendio energetico, un vantaggio in termini di volume di acquavite extrafine prodotta e di stabilità generale del processo, evitando spreco e perdita di alcol, che dal 8-10% dei sistemi tradizionali diventa quasi nulla. Perfezione ed economia finale che ne sancirono il rapido successo, e lo resero noto come “alambicco orizzontale”.
Nel momento in cui fu inventato questo sistema, la Francia era già leader di mercato per la produzione di bevande alcoliche da distillazione, con una produzione annuale di due milioni di ettolitri, e la ricerca era sempre più volta verso strumenti che garantissero efficienza, adattabilità e facilità di utilizzo, per poter trovare applicazione in tutte le produzioni, da quella dei distillati di vino, al whisky, al rhum agricole, al rum di melassa.
Il lancio a Parigi nel 1867
Lo strumento fu concepito per essere costruito totalmente in rame, aggiungendo efficienza calorica e chimica, e fu presentato in dimostrazione al grande pubblico durante l’Esposizione Universale di Parigi del 1867: la prova pubblica fece talmente successo che furono vendute nella stessa occasione ben “sessanta macchine Savalle”.
L’arrivo ai Caraibi, 1887 circa
Tanta promessa di efficacia e qualità non sfuggì al nuovo mercato del rhum agricole, che stava muovendo i primi passi oltreoceano, e la prima distilleria che ne testimonia l’utilizzo fu mamma Bologne, sull’ala vulcanica di Guadalupa, che, intorno al 1887, anno della sua “rifondazione” installa il primo esemplare di alambicco Savalle delle Antille francesi: l’alambicco, utilizzato specificamente “sans travail de rectification”, prese più di un anno per essere messo in funzione nella maniera più appropriata per produrre rhum, ed è ad oggi ancora perfettamente funzionante, seppur con parametri più moderni ed una ulteriore automazione. Viene affettuosamente chiamato “Gilbert” dal nome del primo distillatore, Gilbert Valton, che, lungo un’intera vita, riuscì a “maitriser” in modo completo e senza segreti il magnifico strumento.
Oggi Bologne lo utilizza per produrre i suoi rhum bianchi più prestigiosi, che il figlio di Gilbert, Dominique, l’ “homme en bleu”, erede della perizia del genitore, plasma verticali, delicati e compatti.

La Savalle di Neisson
Un simile apparecchio fu installato poi anche in Martinica, presso una delle più note distillerie indipendenti dell’isola, e sicuramente quella che produce i rhum bianchi più riconoscibili, fini e vellutati, Neisson.
L’alambicco, ancor oggi magnifico e lucente, è in attività dal 1938, e sorveglia sornione i visitatori, che ne rimangono sempre abbagliati, dalla sua posizione centrale e privilegiata.
Sia “Gilbert” che la magnifica colonna di Neisson sono costruite in rame, fedelmente al progetto iniziale, e manutenute con grande perizia ecura: ogni anno vengono smontate, pulite e riassemblate metodicamente pezzo per pezzo.
Il rame infatti è un materiale delicato, che tende ad ossidarsi e deteriorarsi nel tempo: un solo anno di mancata pulizia può riflettersi in uno strumento molto meno efficiente ed in un distillato che può presentare difetti comunemente riferibili a quello che in gergo chiamiamo “effet Maillard”, una reazione chimica che vede una parte del fermentato incrostarsi tra i piatti e fondersi a causa del calore, donando al rhum in uscita un gusto vagamente affumicato che a volte può risultare poco elegante.

E fuori dai Caraibi?
Infine, vi sono altri due esempi di alambicco Savalle nel mondo del rum, che non ho ancora potuto vedere: uno, sempre in rame, è installato sull’isola di Réunion, presso la distilleria Savannah, e risale agli anni 1950, mentre una coppia di alambicchi (quindi con rettifica) si trova in Guyana inglese, presso Demerara Distillers Limited: sono due still che provenivano in origine dalla factory “Uitvlugt”, in funzione sino all’anno 2000, e danno origine ai noti marks GS, AN, SWR, B, LBI, ICBU.
Dallo shop
Nessun dubbio su cosa mettere nel bicchiere. L’articolo di Anna lo accompagniamo con un paio di dram di Neisson.