A view from inside
La Sucrerie De Grand’Anse a Marie Galante
“Je veux me réveiller
Lorsque là-bas mugit la sirène des blancs
Et que l’usine
Ancrée sur l’océan de cannes
Vomit dans la campagne son équipage nègre »
Guy Tyrolien, Balles D’Or, 1961
Fondata nel 1845 e terminata attorno al 1863, l’usine Sucrière di Grande-Anse è uno dei principali attori economici dell’isola di Marie Galante, offrendo lavoro a circa 2000 marie-galantesi in piena stagione, direttamente e indirettamente.
L’usine attuale sorge sulle antiche rovine dell’Habitation Ballet, le cui vestigia sono tutt’ora a contorno dell’area, insieme all’antico mulino: fu di fronte alla baia eponima che nel 1493 sbarcò Cristoforo Colombo. Al suo inizio, all’epoca dei primi possidenti, i Thauvet, protestanti, fu da subito lo zucchero il business, con 80.000 libbre prodotte all’anno, 12 bianchi e 37 neri impiegati. In seconda battuta, passò nelle mani della créole-marie galantaise Catherine Poisson ed a suo marito, monsieur Selorge, poi ai figli, fino a che la figlia Anne Catherine sposò Antoine De Retz, alla quale famiglia l’usine appartenne sino al 1904, con alti e bassi economici non da poco, e passaggi a rami diversi della famiglia. Nel periodo tra fine 1700 e metà 1800 la seconda risorsa, oltre alla produzione di sucre terré, fu quella del cotone, non a caso uno dei nomi in arawak dell’isola è “Aulingan”, isola del cotone. In quel periodo si passò da 90 schiavi neri, denominati “congos”, a 74, e poi, una volta dichiarata l’abolizione della schiavitù, ad un misto tra salariati di origine africana o locale e indiani, denominati “coolies”, che avevano cominciato a stabilirsi sull’isola grazie ai brevi periodi di dominio inglese. Alcuni tornarono in madrepatria, ma molti, nonostante le dure condizioni di lavoro, rimasero: questo fa in modo che oggi Marie Galante conti una popolazione residente di circa 10.000 anime, dai tratti e dai colori molto vari e meravigliosi.
5.000 tonnellate di zucchero all’anno
La Sucrerie Rhumerie de Marie-Galante (SRMG), detta familiarmente in créole “Izin Grantans”, è oggi di proprietà di un gruppo privato, La Martiniquaise, in associazione con la cooperativa dei planteurs dell’isola, per i quali costituisce la prima risorsa di reddito. La produzione di quest’anno è più o meno in linea con quella dell’anno passato: siamo agli sgoccioli della stagione e 48.000 tonnellate di canna sono state lavorate, per un totale di circa 5000 tonnellate di zucchero prodotte, diviso in quattro categorie, a seconda della finezza del calibro dei grani, dell’uniformità e della quantità. Rispetto alle altre sucrerie note nelle Antille Francesi, come Gardel in Guadalupa e Le Galion in Martinica, è un’usine molto piccola, è vero, ma cela dentro le sue mura un reparto produttivo che non esiste più nelle altre isole: infatti dimora nell’ultimo dei suoi locali una colonna di distillazione (un tempo erano tre, e le due dismesse sono ancora in loco) per la melassa, scarto naturale di lavorazione, una piccola meraviglia da 4000 litri all’ora, in acciaio inox, alta circa 10 metri, che fa di Marie Galante un’autentica ile à sucre, e chiude una geniale boucle ormai scomparsa nelle altre isole, che inanella à la fois sciroppo di batteria, rhum agricole, zucchero, melassa e rhum traditionnel.
Il ciclo produttivo
La canna da zucchero arriva, attraverso grossi trattori a rimorchio che trasportano a pieno carico circa 40 – 50 tonnellate di canna, in una grande cour à cannes, dove viene misurata la ricchezza: se questa è bassa, non è conveniente accettare la canna e instaurare un ciclo di lavorazione, quindi si fa molta attenzione ad avere la resa migliore per far partire la stagione, che più o meno inizia a metà febbraio: non ci sono indicazioni dall’alto, conta solo la ricchezza della canna. La canna può essere sia tagliata a mano che a macchina, ma sull’isola la più grande quantità è tagliata a mano: viene comunque fatta una “melange” delle due, prima di inviarle ad uno “shredder”, ovvero un martello che le defibra, ed ai mulini, che sono 4, e sono mossi, come i boiler e le centrifughe, dall’elettricità creata dalla forza vapore sviluppata da una grande ed efficiente caldaia Babcock degli anni 1980. Non c’è una centrale termica come nelle altre sucreries delle Antille, ed il progetto per averne una, di cui si era vociferato qualche anno fa, è stato abbandonato, perché l’usine ha in ogni caso mantenuto un passo ed una qualità d’altri tempi.
Ad oggi, Grand’Anse è completamente autosufficiente da un punto di vista energetico, quindi, per il momento, nessun cambiamento è previsto, mentre invece sono stati adeguati gli standard relativi allo smaltimento delle sostanze di scarto, come le acque di lavorazione dello sciroppo, che vengono portate ad una temperatura di evaporazione, condensate e riutilizzate come acqua distillata nelle varie fasi di broyage della canna, in un ciclo praticamente infinito, la bagasse, e la vinasse da distillazione: queste ultime due, vengono stoccate all’esterno, e unite, dopo uno stoccaggio minimo di due mesi della vinasse, per creare un compost molto ricco, che viene lasciato a disposizione dei planteurs ma anche di chiunque abbia un terreno coltivabile da nutrire.
A proposito di acqua e caratterizzazione in senso del terroir della produzione dello zucchero e soprattutto del rum, l’acqua che viene utilizzata, anche nelle fermentazioni della melassa, proviene da un fiume attiguo: è un’acqua mineralizzata ma non così dura come quella della rete pubblica.
Per estrarre e cristallizzare lo zucchero si passa attraverso un ciclo di quattro fasi: innanzitutto si effettua, in grandi “pentole” dette evaporatori, un riscaldamento del succo estratto dai mulini, che viene portato ad una temperatura minima di 68°C per un tempo di alcune ore (si arriva ad un massimo di 80°C); il succo si raddensa a poco a poco e si concentra, trasformandosi in “thick juice” o “jus concentré”, che contiene dal 60 al 70% del peso di saccarosio: è in pratica un sirop de batterie fatto industrialmente. Il profumo nell’aria attorno agli evaporatori è delizioso, un po’ come se ci si trovasse davanti ad una montagna di liquirizie Haribo! Il succo denso viene inviato alla cristallizzazione: si unisce di nuovo acqua in appositi tunnel verticali riscaldati, per sciogliere tramite bollitura tutto il saccarosio, che diventa, a questo punto, un liquore madre.
Il liquore viene ulteriormente concentrato tramite bollitura sotto vuoto in ampi recipienti (dette pentole del vuoto) e cristallizza in grani che, a seconda del momento della loro estrazione dall’impianto, daranno luogo a quattro categorie di zucchero, dalla prima, destinata alla vendita diretta, alla seconda esportata in Italia per essere raffinata (!), alle ultime due, esportate per altre preparazioni. I cristalli che escono dagli essiccatori si rimescolano ogni volta con il liquore madre e vengono di nuovo inviati alla fase di essicamento: l’insieme di liquore madre e cristalli si chiama “masse cuite”. L’ultimo sciroppo rimasto viene inserito in un processo di cristallizzazione finale dal quale esce un’altra “infornata” di cristalli di zucchero. Lo zucchero prodotto in quest’ultima fase è uno zucchero di bassa qualità, con impurità e grani difformi per colore e dimensione.
Sucre De Marie Galante
Questo ciclo dura sino a che non si ottiene una quantità sufficiente di zucchero puro di alta qualità, secondo la resa programmata: tutte le quattro categorie, a fine essicazione, passano attraverso diversi setacci, “tamin”, e vengono stoccati nella warehouse dell’usine per essere inviati in Guadalupa, attraverso il vicino porto commerciale di Folle Anse, per il confezionamento: lo zucchero di più alta qualità ritorna nel mercato locale e di Guadalupa in sacchetti trasparenti come “Sucre De Marie Galante”, ed il resto viene destinato come vi ho prima spiegato.
La produzione di rhum
Per quanto riguarda lo scarto liquido che esce dalle quattro diverse essicazioni, ovvero la melassa, che nell’usine di Grand’Anse è ancora particolarmente ricca di zucchero (la potremmo definire un grado A, con una ricchezza del 15 – 18%), essa viene stoccata all’esterno, in un grande bac da 300.000 litri, per essere poi diluita e fermentata, quindi distillata nella colonna di distillazione, in un locale adiacente al corpo centrale dell’usine. Nulla si getta, tutto fa parte di un grande ciclo “virtuoso”. Il risultato della fermentazione, che avviene in 8 cuve da 45.000 litri ciascuna, durante un tempo di 24 ore, con acidificazione all’H2SO4 e lieviti di tipo Saccharomyces, completamente all’aperto, viene distillato, e quindi stoccato in due grandi cuve esterne: sono salita a vedere la testa della colonna con la campana e l’alcolometro, e, in quel momento, la gradazione superava leggermente i 90% abv. Accanto alla più recente colonna in acciaio inox, vi sono due cimeli, completamente in rame, che verranno smontati e tolti dalla loro sede ma, per il momento sono bellissimi, e danno un carattere decisamente “storico” all’impianto.
Il rhum prodotto da Grand’Anse viene fatto circolare in vrac, tramite il gruppo La Martiniquaise, in diversi luoghi delle Antille Francesi e della Francia Metropolitana.
Vi lascio con un bel po’ di fotografie: da tempo desideravo visitare questo impianto che in epoca di produzione non è quasi mai accessibile. Ringrazio per questo bellissimo regalo Michele Lunardon, Stéphane Deniaud, Direttore Generale Sucreries et Rhumeries De Marie Galante, ed infine David Pauchet, direttore tecnico dell’usine, che ci ha guidato in un tour disegnato su misura ed è stato generoso di dettagli e curiosità.