La Canchánchara

La Canchánchara

Dopo una settimana di Moijto e Daiquiri, un imbarazzante flirt con il Ron Collins, alla fine decido di tornare alle origini.

Capisco il bisogno degli americani di bere durante il Proibizionismo e la via cubana aperta da Ernest Hemingway, ma la cultura del bere a Cuba è molto lontana dal raggiungere la sufficienza.

La Bodeguita del Medio e La Floridita, tappe obbligatorie a L’Avana, sono macchine rubasoldi per i turisti, con drink squallidi proposti a prezzi assurdi per gli standard cubani.

 

La Bodeguita del Medio e La Floridita

“My mojito in La Bodeguita, My daiquiri in El Floridita”, Ernest Hemingway 

Sedi storiche entrambe ubicate in L’Avana Vecchia, entrambe rese famose da frequentazioni celebri, tra cui quelle di Salvador Allende, Pablo Neruda, e ovviamente quella dello scrittore Ernest Hemingway.

 

 

Sono entrambi ristoranti costruiti attorno al banco bar. La Bodeguita del Medio, a due passi dalla frequentatissima piazza della Cattedrale di L’Avana, offre un piccolo fronte strada con uno spazio di neanche 20 metri quadri, un banco bar con uno svogliato barman che sforna Moijto a raffica al costo assurdo (per Cuba) di 5$. In un angolino trova spazio anche una delle tante band cubane che suona musica tradizionale. Risultato? La piccola stradina si riempie immancabilmente di turisti che sostano per godere dell’invidiabile calore della città.

 

 

Alle spalle le sale del ristorante, quasi sempre deserte, con le pareti completamente coperte dalle firme dei visitatori.

Acquisita nel 1942 dallo spagnolo Angel Martinez, la Bodeguita del Medio deve il suo nome al fatto che prima di un ristorante è stata un negozio e alla sua posizione. Si trova infatti al centro della via, anziché su un angolo come accade per gli altri locali del centro storico.

È stato Martinez ad introdurre il nuovo cocktail, il mojito, che divenne poi un simbolo del bar e calamita per Hemingway.

Più tradizionale la struttura de El Floridita, che si trova in prossimità dei grandi Hotel frequentati dai turisti Americani e Britannici. Un ristorante di pesce con la classica conformazione rettangolare, questo sì posizionato su un angolo, con un lungo banco bar che termina con la statua di bronzo di Ernest Hemingway.

 

 

Storia lunga oltre due secoli, ad inizio del 1900 ha cambiato il nome in Floridita (la piccola Florida in spagnolo) con l’intento di attirare i turisti Americani. È qui che si dice che l’immigrato di origine italiana Costantino Ribalaigua abbia affinato la ricetta del Daiquiri (anni ’30).

El Floridita diventa così universalmente conosciuto come la Culla del Daiquiri, un titolo oggi malamente interpretato dai barman, la qualità dei drink è davvero ridicola. Esperienza che ha sfiorato l’assurdo quando un compagno di bevuta, un bartender di Mosca, ha deciso di “saltare” dietro il banco per farci godere con un Daiquiri da manuale come si trova solo al Daiquiri Cocktails Bar di Cormano o all’Aguardiente di Marina di Ravenna. Applausi di tutta la sala, anche dalla band.

Oggi La Bodeguita e il Floridita sono delle “catene” e hanno una sede in ogni città turistica cubana.

 

La Canchánchara

Indipendentemente dalla qualità turistica della miscelazione cubana, i suoi drink più famosi, il Moijto e il Daiquiri, hanno esportato in America e in Europa l’arte del bere cubano. Andando ad oscurare la ricetta più tradizionale bevuta dagli abitanti dell’isola.

La cultura del rum è diffusa in tutti gli strati sociali, anche se la crisi attuale porta a rivedere le priorità del ceto più povero che fatica a procurarsi un sacchetto di riso per la cena.

Quando, prima della partenza, ho sentito Marco Graziano mi ha detto “Allora berrai Canchánchara!” Bevuta non pervenuta in L’Avana, ho provato a chiederla usando ogni tipo di accento possibile, ma tutti mi hanno guardato come se fossi un marziano e mi hanno fatto un Moijto…

 

 

Uscito dalla capitale la situazione è cambiata, anche se per raggiungere l’epicentro della Canchánchara bisogna percorrere la metà della lunga isola e giungere a Trinidad.

Si dice che la Canchánchara fosse un’antica bevanda preparata dai Mambises, i guerriglieri cubani che hanno lottato nel XIX secolo per ottenere l’indipendenza dalla Spagna.

Dimentichiamo la cultura attuale del Ron Ligiero, il popolo beveva un distillato bianco più grezzo, magari prodotto in casa. Questa “aguardiente” veniva mescolata con miele e qualsiasi agrume a disposizione. Veniva bevuta calda, come bevanda nutriente e rinvigorente. Lo stato di ebrezza aiutava poi ad affrontare i violenti combattimenti.

All’inizio degli anni ’80, durante il restauro di una delle zone del centro storico di Trinidad, un’équipe del Museo di Architettura della città ha intrapreso un progetto per salvaguardare la Canchánchara, bevanda popolare sopravvissuta grazie al passaparola. Il team ha restaurato un’antica casa trinidadiana, dove ha ricostruito la storia della bevanda e del suo servizio, tra cui spicca la tazza di argilla che simula la Jícara, il recipiente originariamente ottenuto dal frutto dello jicaro, in cui i Mambises bevevano la Canchánchara.

 

 

Oggi le guerre non si fanno più a colpi di machete. La Canchánchara è servita fredda con ghiaccio. Gli ingredienti fissi sono: miele, succo di limone, aguardiente e ghiaccio.

Un richiamo deciso alla tradizione o una coccola per i turisti? La verità sta a metà strada, la Canchánchara ha una ricetta semplice, umile, popolare. È oggi una bevuta “culturale”, che richiama le tradizioni, nessuno beve Canchánchara per ubriacarsi.

 

Canchánchara, come si prepara?

Questi gli ingredienti:

  • aguardiente
  • miele
  • succo di limone
  • ghiaccio

Facilissimo. Mescolare bene il miele e il succo di limone in un bicchiere. Riempire di ghiaccio e colmare con aguardiente. Mescolare.

Le dosi? Un po’ come volete, 1 parte di miele, 1 di limone e 3 (ma anche 4 o 5) di aguardiente!

Per ricreare al meglio l’esperienza Canchánchara in casa consiglio la lettura degli approfondimenti di Gianni Zottola e l’acquisto delle sue mug di terracotta.

 

 

Siete arrivati sino a qui e non vi siete chiesti cosa sia esattamente l’Aguardiente? Male, molto male, anche se devo dire che in rete si legge di tutto: un distillato “grezzo”, un distillato a 96%, un rum da succo di canna, un rum prodotto in potstill. Resta valido lo stile storico popolare, che essendo autoprodotto non poteva che essere distillata in potstill, anche se oggi le cose sono diverse. L’Aguardiente è quel distillato in colonna semplice, come lo avevamo definito nel disciplinare del Ron de Cuba, e descritto dai miei tanti interlocutori come il primo “distillato grezzo”, come la grappa italiana, una definizione che ancora una volta vuole spostare il fascino verso il distillato in colonna industriale, lo stile Ligiero e l’importanza dell’affinamento. L’Aguardiente è un Ron che non ce l’ha fatta, non avendo rispettando la doppia maturazione obbligatoria.

A me la Canchánchara è stata praticamente sempre stata preparata con l’Havana Club 3 anni (anejo blanco), mi sono dovuto comprare una bottiglia di aguardiente per passarla al barman e poter godere la ricetta nella sua autenticità.

 

 

Peccato che nella sede di Trinidad, la Canchánchara venga oggi interpretata come un’arma turistica. Gruppi che entrano nel locale, “quante Canchánchara volete?”, 300 pesos l’una (poco più di 1€), la comunicazione è lasciata a due piccoli pannelli appesi al muro, neanche viene detto di miscelare il drink nella copa, con il miele che rimane sul fondo e garantisce una bevuta molto secca all’inizio e una super dolce, stucchevole, sul finale.

 

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