Kombucha

Kombucha

Renato Carosone nel 1954 gli dedicò una canzone: ”Stu fungu cinese”, con le seguenti parole, tra le altre nel testo: ”È giunta da Pechino int’à ‘nu vasu  ‘na cosa misteriosa, nun c’è bisogno cchiù de medicine, l’ha detto un mandarino, che l’ha purtata ccà!”

La stessa Domenica del Corriere sempre nel 1954 gli riserva una copertina.

Stalin e Reagan, in tempi ovviamente differenti, ne furono grandi consumatori alla ricerca della cura per i loro malanni.

Una leggenda nata a Chernobyl sostiene che un gruppo di anziani sia sopravvissuto proprio grazie al fatto di essere consumatori abituali di questo particolare tè.

Ma oggi la nuova moda, i nuovi trend sono decisamente favorevoli alla diffusione e all’uso di questa bevanda.

Del resto, quello che prima, secondo l’interpretazione degli amanti degli alcolici, sembrava sacrilego, ormai diviene sempre più oggetto di successo commerciale, in tutto il mondo: il mercato delle bevande analcoliche si sviluppa sempre di più e diviene simbolo di nuovi trend di comportamento da parte dei consumatori. Questo è particolarmente vero nel settore della birra, dove le analcoliche si fanno largo prepotentemente, in barba alle considerazioni dei puristi ed amanti di questa bevanda, da tempi remotissimi alcolica e patrimonio storico di popoli sparsi in ogni angolo del globo.

 

 

Di cosa parliamo?

Di una delle bevande analcoliche più in voga attualmente è senz’altro la Kombucha, o tè kombucha, le cui origini sono antichissime ma, come spesso accade, avvolte da aloni di nebbia.

Probabilmente, spunta fuori dalla Manciuria, attorno al mare di Bohai, e poi si diffonde dall’Estremo Oriente alla Russia e da qui in Europa nella prima metà del Novecento, qualcuno giunge a datarne l’origine addirittura tra il 220 e il 210 d.C, quando era regnante l’Imperatore cinese Qin Shin Huang, epoca durante la quale avrebbe acquisito la nomea di essere una sorta di elisir dell’immortalità.

Anche per la denominazione non vi sono idee chiare, senz’altro il nome nascerebbe in Giappone, ma secondo un’ipotesi essa deriverebbe dal fatto di essere il tè favorito di un medico originario della Corea, tale Kombu, che nel 414 d.C lo avrebbe consigliato per uso frequente all’Imperatore giapponese Ingyo per risolvere i suoi problemi intestinali e da qui il nome Kombu-cha, ossia il tè del dottore Kombu. Secondo un’altra ipotesi, il nome sarebbe nato da una storpiatura occidentale del tè kombucha, noto nel Sol Levante, come Kocha kinoko, che in giapponese significherebbe te, cha, di un’alga marina, kelp. I mercanti dell’Occidente avrebbero mal compreso come tè fermentato la variante giapponese inerente il tè dalle alghe.

 

Come si realizza?

Intanto occorre partire dalle materie prime: acqua, tè, zucchero, ma la realizzazione della bevanda decisamente frizzante non potrebbe avvenire senza la fermentazione tramite una coltura simbiotica dal nome SCOBY, acronimo per symbiotic culture of bacteria and yeast, coltura simbiotica di batteri e lieviti. Grazie allo SCOBY si forma una massa di cellulosa che ricopre la zona della fermentazione, creando l’effetto di una sorta di fungo di colore chiaro contenente una serie di batteri “buoni”, generati dall’azione simbiotica di Acetobacter, lievito, Brettanomyces bruxellensis, Candida Stellata, Schizosaccharomyces pombe, Torulaspora delbrueckii e Zygosaccharomyces bailii. I batteri generati si “nutrono” di zuccheri e finiscono per ricoprire il tè, generando protezione da elementi esterni e producendo anche anidride carbonica. Occorrono circa due-tre settimane per portare a termine il procedimento della kombucha.

Il procedimento casalingo prevede che in acqua bollente non clorata sia sciolto dello zucchero, dopo si immergono delle foglie di tè, che poi verranno scartate. Al raffreddamento del tè zuccherato verrà aggiunta la coltura SCOBY. Tale miscela viene poi versata in un contenitore di vetro sterilizzato insieme a tè kombucha già fermentato precedentemente per abbassare i livelli del PH. Sul contenitore viene poi posto un tovagliolo di carta o un tessuto traspirante per evitare l’ingresso di moscerini, che potrebbero contaminare la preparazione.

 

 

Fa bene?

Molte sono le ipotesi di benefici effetti per la salute umana, che spazierebbero dall’essere un rimedio antinvecchiamento, contro l’artrite, contro le infiammazioni corporee, addirittura contro alcuni tipi di carcinoma. In realtà, sicuramente studi clinici avrebbero dimostrato effetti favorevoli sui livelli di glucosio per chi consuma Kombucha regolarmente, ma in corso ci sono test anche su altri supposti benefici scientifici derivanti dal suo abituale uso.

 

Dove si beve?

Oggi soprattutto in Usa e Australia rappresenta una bevanda new age, pur essendo antichissima, e che risulta essere trendy, ecologica e apportatrice di stile di vita positivo ed ecosostenibile.

Perché si beve tanto negli Usa?

Beh perché qualche tempo fa in California intorno al 1995 un certo George Thomas Dave riceve in dono da un monaco tibetano la kombucha e si convince che la guarigione della madre Laaraine da un carcinoma al seno sia dovuta proprio alla terapia basata sull’uso regolare di kombucha.

Ma non finisce qui.

Il buon George Thomas abbandona la scuola ed illuminato dalla kombucha, si mette a produrla in quantità e crea la GT’s Living Foods che attualmente ha una capitalizzazione di circa 900 milioni di dollari e ha in mano circa il 40% del mercato americano della kombucha, che è il più importante mercato del mondo per questa bevanda.

Totalmente, sul pianeta Terra, nel 2023 la kombucha ha raggiunto un giro d’affari pari a 3,4 miliardi di dollari e secondo Future Market Insight Global nel 2033 esso avrà raggiunto un fatturato globale pari a 17,1 miliardi di dollari.

Ecco perché grandi brand come Pepsi ha acquistato uno dei marchi più noti nel mercato della kombucha, KeVita, ed anche in Italia si è realizzata una joint venture nel 2022 tra la Old Kombucha di Federico Citterio, una delle aziende più importanti del settore della kombucha, e il Gruppo Montecristo, con un volume produttivo che a regime giungerà a superare le cento milioni di bottiglie annue.

Sorprendente è il fatto che alcuni piccoli produttori italiani che poi costituiscono il nerbo del settore produttivo della kombucha si siano innamorati andando in California per apprendere i segreti dell’homebrewing e poi sono tornati appassionati della kombucha.

Insomma, la kombucha pare faccia molto bene alla salute e sia una bevanda molto gradevole, io stasera la degusto sulla mia sedia a dondolo, magari chissà è un vero elisir…e voi?

 

 

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