Tanto tempo fa, nasceva a Tolosa il primo figlio del duca Bertrando di Aquitania, terra di cui parlammo in alcune master sul brandy, nonché nipote del re Cariberto II. Probabilmente nel 656 dC tutto questo avveniva. Il rampollo crebbe a Metz tranquillamente allevato tra gli agi del suo rango sociale, conte palatino alla corte di Teodorico III di Naustria. Successivamente si mosse verso l’Austrasia dove nel 692 contrasse matrimonio con la figlia del conte di Lovanio, da cui ebbe in sorte un figlio, tale Floriberto.
Un giorno, meglio il di del Venerdì Santo, secondo il calendario di Santa Romana Chiesa, quello che sarebbe passato alla storia come Uberto da Liegi, meglio Sant’Uberto, durante una battuta di caccia, mentre stava per uccidere un cervo, prelibato obiettivo della giornata, ebbe la visione. Tra le corna del cervo gli apparve un crocefisso e ciò lo indusse ad abbandonare la sua vita peccaminosa e a convertirsi, lasciando in pace da allora i cervi e gli altri animali della foresta per sposare la fede che lo portò poi a fondare la diocesi di Liegi, di cui divenne primo vescovo.
Un po’ come quando Davide Terziotti, noto divulgatore alcolico e giudice internazionale, un giorno dopo aver osservato perdere per la trentunesima partita consecutiva lo Sporting Pegognaga, squadra attualmente in Terza Categoria del campionato di calcio, ebbe la visione di una bottiglia di whisky tra le mani del suo terzino destro e da allora gira il mondo, abbandonata la passione per la squadra del cuore del natio borgo mantovano, per giudicare e discernere tra buono e cattivo alcol, dalle Ande alla Cina.
Ma torniamo a Sant’Uberto.
Curt Maist apprese della storia della visione di Uberto e la trovò così potente da adottare il simbolo del cervo per il suo elisir attraverso una rielaborazione della celebre opera pittorica di Joseph Binder del 1849 che raffigura l’apparizione del cervo a Sant’Uberto.
Di chi e di cosa parliamo?
Beh dello Jagermeister, amici miei dediti alla colta degustazione, responsabile, ma alcolica.
Secondo la tradizione, esso è un amaro tedesco, che si inserisce nel solco della storia dei liquori mitteleuropei come l’Unicum, il Gorki List o la Becherovka, ma differente per un approccio meno ostico dal punto di vista del gusto amaro.
Il padre di Curt Maist, 1897-1970,era un noto commerciante di vini e aceti ma non aveva mai approcciato la creazione di liquori, Fu Curt che cominciò a sperimentare, fin quando dopo alcuni anni, poco prima di abbandonare l’impresa perché non soddisfatto, riuscì a tirare fuori quello che ritenne, probabilmente a ragione, la sua ricetta perfetta. Ben 56 ingredienti tra erbe, radici e spezie componevano un amaro piacevole, amaro ma non troppo, erbaceo e speziato il giusto.
Era il 1934 dC.
Il nome Jagermaister, Maestro Cacciatore, deriva dalla passione per la caccia di Curt.
Curt curò scrupolosamente ogni dettaglio. Scelse il logo ed il nome, doveva trovare la bottiglia adatta.
Una bottiglia in grado di reggere gli urti accidentali, come essere calpestata dall’incedere di un noto degustatore di notte, nell’ordinato magazzino di malti alcolici della sua casa a Molteno, rientrato dopo una moderata degustazione di whisky, cominciata al pomeriggio ( chi indovina il nome vince un biglietto gratuito per una partita dello Sporting Pegognaga).
Curt ruppe tante bottiglie, finché non trovò materiale giusto e forma corretta per il suo iconico Jagermaister e soprattutto per la sua bella bottiglia che lo contiene.
Non manca nell’etichetta la prima strofa della famosa poesia di caccia “Waidmannsheil” di Oskar von Riesenthal, amante della caccia responsabile: “Questo è lo scudo d’onore del cacciatore, che protegge e custodisce la sua selvaggina, caccia con rispetto, come dovrebbe essere, e onora il Creatore nelle sue creature”.
L’azienda, ha sede nell’austera ma quieta cittadina di Wolfenbuttel, in Bassa Sassonia, rilevata quindi da Curt, ebbe notevole successo soprattutto quando negli Anni Ottanta del secolo scorso, un imprenditore americano, tale Sidney Frank si innamorò dell’Amaro e ne sposò la causa, importandolo negli Stati Uniti e indirizzandolo ad un target giovane, grazie all’uso in mixology in piacevoli cocktail.
Anche sul piano pubblicitario l’azienda coniuga tradizione e modernità, legando il proprio nome, soprattutto negli Stati Uniti, ma non solo, a band musicali rock e metal, creando anche un Jagermaister Music Tour, primo esempio nell’ambito dei brand alcolici diffusi negli Stati Uniti.
L’originale Jagermaister prevede invece l’uso di cinquantasei botaniche, tra cui ortica, ginepro, cardamomo, liquirizia cannella, sandalo, scorze d’arancio e zenzero, tra le altre provenienti da ogni parte del mondo secondo una segretissima ricetta con 4 lunghe macerazioni, poi assemblate in unica fusione. La maturazione avviene in una delle 445 botti di quercia, dove il composto miscelato riposa anche per un anno. Un grado alcolico del 35%.
Lo JagerMaister si beve puro o ghiacciato o come componente di cocktail.
Diverse le ricette dei cocktail di cui fa parte, oltre alle classiche con succo d’arancia, coca cola e altre esistono stimolanti drink con cacao o latte, ad esempio.
Nel 2017 è nato Jagermaister Manifest, sempre dall’uso di cinquantasei botaniche, ma più strutturato dell’originale grazie ad un più complesso uso di erbe in infusione e ben cinque differenti macerazioni che confluiscono in un sapiente liquido che matura fino a diciotto mesi in botte, da cui emerge con note di vaniglia, cardamomo e zafferano, che si legano a iniziali sentori di anice dolce e frutta secca.
Provate lo Jagermaister nel drink Jagerbomb, un calice di Jagermaister in un bicchiere di Red Bull, per un serio energizzante, oppure nel Surfer on Acid, Jagermaister, Malibu e succo di ananas in parti uguali.
Se poi volete proprio trasgredire…solo nel nome, eh!, provatelo nel Liquid Heroin, con Jagermaister, Rumple Minze e rum Bacardi in parti uguali, oppure nel Liquid Cocaine,con Jager, Bacardi e Goldschlager.
Insomma, un amaro di successo ancora oggi per un’azienda che coniuga modernità e tradizione.
Lo bevo in un piacevole cocktail in una fresca serata di tarda estate mentre tarde cicale non smettono di cantare immemori della fine della loro esistenza a breve. Le celebrò con uno Jagermaister mentre Enrico Greco serve tapas alcoliche immerse in saporite e voluttuose ondate di sigari, venuti da chissà dove nelle nostre terre.