Ad inizio 2023 si era alzato un polverone in merito alla pratica del Rinsing sui barili di Bourbon. Ne aveva parlato Whisky Magazine, e l’argomento era stato ripreso da WhiskyArt e nel nostro articolo sul Devil’s Cut.
Da oltre un decennio i master blender scozzesi denunciano un impoverimento della maturazione nelle botti ex Bourbon. Scavando, si è arrivati a scoprire una pratica sempre più diffusa in Kentucky: dopo lo svuotamento dei barili, e prima della spedizione per la loro seconda vita oltreoceano, i distillatori hanno iniziato a lavare (rinsing) l’interno delle botti con acqua calda – magari ad alta pressione – per rimuovere ogni traccia di whiskey residuo rimasto intrappolato nel legno.
Il liquido ottenuto, con la sua gradazione notevolmente bassa, non poteva ovviamente essere trattato come “Bourbon”, ma si è iniziato ad utilizzarlo come acqua di proofing, l’acqua utilizzata per abbassare il whiskey dalla gradazione di botte a quella di imbottigliamento. Questo ha consentito all’industria di non sprecare neanche una goccia del prezioso liquido prodotto durante la maturazione, e di ottenere un vantaggio economico.
Questo prelievo in zona Cesarini impoverisce sicuramente la qualità del legno, e da qui trae origine la lamentela degli scozzesi.
Il rinsing è davvero una cosa nuova?
La realtà dei fatti è che la pratica del rinsing è sempre stata effettuata. Dopo avere svuotato una botte, i magazzinieri erano soliti spruzzarci dentro un po’ di acqua per un veloce lavaggio. Un rinsing leggero.
Per capire in cosa l’attuale più invasivo rinsing è differente bisogna disturbare la distilleria Jack Daniel’s, che nel 2007 ha brevettato un sistema che offre estrazione più complessa. Le botti, dopo essere state svuotate, venivano spostate in un nuovo magazzino dove vengono riempite di acqua per poco meno della metà del loro volume, accostate su enormi pallet insieme a centinaia di altre sorelle, e lì dimenticate per un mese.
Diverso l’approccio di Maker’s Mark, che utilizza invece acqua calda e un agitatore. Con il rilascio del Devil’s Cut nel 2011, Jim Beam aveva dimostrato di sapere già padroneggiare la tecnica oltre 10 anni prima delle recenti polemiche.
Altre distillerie, come la enorme Heaven Hill, dichiarano serenamente di non avere mai effettuato il rinsing sulle loro botti.
Tutto vero, tutto interessante, ma c’è un ma. Avrei voluto scriverne mesi fa, proponendo una semplice questione, ma le incombenze del quotidiano mi hanno fatto accumulare 18 mesi di ritardo. Eccomi.
Spoiler: le botti vengono maltrattate nel loro passaggio dagli USA alla Scozia
Condizione necessaria affinché si riesca a conservare il prezioso carico dei barili ex-Bourbon non sottoposti a rinsing (o sottoposti al rinsing leggero), è che essi vengono accuditi con amore e attenzione.
Ma, come sappiamo, le botti ex bourbon vengono normalmente smontate in Kentucky, spedite in container sotto forma di cataste di doghe in Scozia, dove vengono ricostruite e ricarbonizzate nelle Cooperage specializzate. Io mi sono chiesto cosa potesse rimanere di quel liquido dorato nelle tantissime ex bourbon barrel first fill che giungono nelle warehouse delle distillerie scozzesi.
Già la semplice operazione di carbonizzazione, che sottopone il legno alla potente fiamma di una fornace per 60 / 90 secondi, sarebbe sufficiente per mettere in dubbio la sopravvivenza del Bourbon. Poi c’è il tempo in cui le doghe restano esposte all’aria, settimane, durante le quali, inevitabilmente, il legno secca, si asciuga.
Quindi di cosa stiamo parlando? L’ennesima discussione basata sul nulla?
Tra le distillerie scozzesi la prima (e probabilmente l’unica) ad avere dichiarato l’uso di botti spedite intere, non smontate, è Kilchoman. Chi decide di spendere qualche soldo in più, vietando lo smontaggio delle botti, vede nel rinsing una pratica pericolosa. Per Kilchoman il passaggio, nel 2022, dall’approvvigionamento da Buffalo Trace alla più artigianale distilleria Breckenridge (Colorado), ha offerto una meravigliosa ancora di salvezza. Una scelta non economicamente vantaggiosa, guidata solo dalla ricerca di aromi.
Questo aspetto ha contribuito a identificare commercialmente due categorie di botti ex bourbon, quelle più care premium (come quelle usate da Kilchoman) e le rinsed.
E che chi ha deciso di introdurre anche per le botti ex Bourbon la pratica ampiamente utilizzata per le botti ex sherry, il Seasoning, come dichiarato dall’allora “mente” di Compass Box, John Glaser. Le botti ex Bourbon sono scariche? Ricarichiamole con qualche litro di Jim Beam ben centrifugato nel legno!
La sensazione è che il 99% delle botti ex Bourbon arrivi smontato in Europa e che, di conseguenza, il problema del rinsing sia per la grande maggioranza dei casi un non problema.