In questi giorni post (un grandissimo) Distillo @Simei, nei quali ho affinato ancor più l’arte del ricalcolo della prospettiva, ho portato a casa tante consapevolezze e riflessioni, la maggiore delle quali è che il luogo ove mai potrò sperimentare la lavorazione di un single batch di rum o altri distillati in maniera più ardita e senza costrizioni è fuori dall’Italia, per poi in Italia riportare esperienza ed evoluzione che possano essere messe a disposizione di tutti.
Proprio a Distillo ho presentato, insieme a Mattia Vairetti, enologo Enartis, ed al nostro “scienziato” del cuore Paolo Antoniali, Direttore Italiana Biotecnologie, un esperimento sul quale stiamo lavorando da due anni, e che, in Italia, avrebbe avuto difficoltà a vedere risultati tangibili: parlo di un progetto relativo all’isolamento dei lieviti di un varietale di canna da zucchero integro e sano, da poter consacrare alla creazione di un “lievito tecnico per rum” compatibile con le produzioni moderne, quindi resistente agli stress e ultra-performante, ma molto molto attento all’esaltazione, e non alla “copertura”, delle note aromatiche profonde della materia prima più vibrante che conosca, il puro succo di canna da zucchero, che, in fatto di legame con il terroir e note varietali, non ha nulla da invidiare al mosto d’uva.
Un progetto che ci ha preso pancia e cuore, e che ci ha permesso, grazie alla generosità della terra di Guadalupa e del Domaine De Bel’Air di Rodolphe Payen, di poter arrivare ad un risultato molto soddisfacente, mentre ancora, di quel lievito, stiamo affinando il profilo perché, come è giusto che sia, ogni produttore di rum che voglia dirigersi verso una visione del suo prodotto il più possibile rispondente alla propria materia prima ed al proprio terroir, come ci è stato richiesto da Domaine De Bel’Air – Rhum Marie Louise, possa permettersi di esprimerlo all’ennesima potenza.
Le prove di fermentazione e distillazione si sono susseguite per due anni e su due stagioni di raccolto, scannerizzate con fedeltà dagli strumenti, dall’osservazione, dall’olfattometria (che lo crediate on no, è una scienza esatta se la si sa praticare), e da svariate gascromatografie, e ci hanno portato alla conclusione che questo ceppo particolare, isolato e caratterizzato, non si limitava a condurre a buon fine alcolico una fermentazione, senza cedere il passo agli aggressori che mi attendevano dietro l’angolo ad ogni volta che riempivo una cuve del succo profumato e verde della canne bleue del Domaine De Bel’Air: dalle temperature che viaggiavano tra i 28 notturni ed i quasi 40 diurni, alle piogge improvvise che le cuve en plein air raccoglievano, impietose dei miei calcoli sulla densità e sull’alcool, dalla dimensione stessa di tutto l’impianto Montebello, a me dedicato per la produzione, i 400hl delle cuve e la colonna da 1000 litri ora, che sicuramente non facilitano la lavorazione di piccoli batch (parlo di 500, 1000 litri di alcol a pieno grado per ogni batch). No, non è tutto: questo ceppo ci ha tolto dai luoghi comuni consegnandoci la gioia di un prodotto fedele alla materia prima ed ai suoi aromi varietali ed ambientali, e dipingendo, attraverso medium chain esters (e riservando un posto minimo ai volatile esters) un ritratto floreale, agrumato, fruttato e piacevolmente iodato, figlio di un luogo in cui l’oceano accarezza con i suoi vapori la canna da zucchero, ed in cui il varietale B69.566, caratteristicamente agrumato, sposa la dolcezza degli alberi da frutto circostanti e la mineralità sanguigna del terreno. Lo so, è un ritratto lontano dalla frutta tropicale degli acetati di etile e isoammile, così di moda ai giorni nostri tra i cultori dell’estere ad oltranza, ma è una stoffa serica e bellissima sulla quale, oltre a disegnare un buon bianco, in due gradazioni diverse, ho potuto impostare l’inizio di una maturazione sous bois scegliendo profili e tostature che a quei batch di bianco si adattavano, e che sortiranno gli Elevés Sous Bois ed i Vieux Marie Louise dei prossimi anni.
Non mi sarebbe mai stato possibile separare batch e far seguire luogo della parcella, ricchezza della canna e brix, a fermentazione e distillazione in Italia, sfruttando, dell’agricole, tutte le potenzialità, e dico questo a malincuore: in Guadalupa il registro delle fermentazioni e delle distillazioni si basa sull’autodichiarazione, che può essere, saltuariamente, confermata da una ispezione. Questo equivale a dire che i nostri alambicchi in loco sono “aperti”, e che, per forza di disciplinare, possono essere continui o discontinui, l’unico divieto è la rettifica. Le fermentazioni non sono limitate alla specie “Saccharomyces C.” pur essendo la più abbondante; quindi, per arrivare ad un profilo sono passata da un paio di spontanee, che ho ovviamente potuto separare e ho utilizzato in blend ma che sono tuttavia ben riuscite, grazie alla sanità eccezionale della materia prima di tutto rispetto di Domaine De Bel’Air (come sapete, in Agricoltura Biologica Certificata e gestione totalmente manuale delle pratiche agronomiche).
Forse sembra un mantra che avete già sentito, ma per me ha un valore vero: la materia prima al centro, nulla che la copra, tutto che la esalti, questa è la mia idea di Agricole, per la quale spero, nei prossimi anni, di boucler la boucle con un alambicco in Terra Santa, e, nel contempo, che l’Italia, che inizia ora a parlare di Agricole, possa di riflesso godere dei frutti del nostro lavoro in maniera proficua. E’ una visione molto italiana, questa dell’esaltazione della materia prima, in fondo, ma è anche una visione moderna e naturale, che ci ricongiungerebbe a pratiche e ideali che possono avere e donare un futuro alla terra, alle materie prime, alla distillazione.
Ringraziamenti dovuti, i soliti ma mai ripetuti abbastanza: ad Enartis e Italiana Biotecnologie, nelle persone di Mattia e Paolo, a Rodolphe Payen, all’equipe della distilleria Montebello in Guadalupa, all’equipe Distillo (Davide Terziotti e Claudio Riva in primis) che ci han dato lo spazio per parlarne.
Ci ridevamo, con Mattia, nei primi tempi: Distilleria Montebello come Montebello Vicentino, dove ha sede il laboratorio di Paolo. Coincidenze.