Prendo spunto dal recente articolo di Lamberto Lamarina pubblicato su WhiskyArt. Il rinsing, la pratica sempre più frequente negli Stati Uniti di “risciacquo” delle botti che hanno contenuto bourbon, è stata introdotta per non regalare agli scozzesi le ultime goccioline di Bourbon Whiskey rimaste intrappolate nella porosità del legno.
L’Angels’ Share
Il whisky è cosa gradita un po’ da tutti, e come tale soggetta a prelievi non autorizzati, ma tollerati, anche da parte degli elementi naturali. E soprannaturali.
Sappiamo già tutto dell‘Angels’ Share, la Parte degli Angeli, la quota di whisky che evaporando dalle botti, sale verso il cielo e viene donata agli angeli. Uno spazio cosmico, quello sopra alla Scozia e al Kentucky, evidentemente molto affollato.
Il prelievo degli Angeli è influenzato da temperatura e umidità. È attorno all’1-2% annuale in Scozia, al 6-8% in Kentucky, sino ad arrivare al 12-15% ai Caraibi e nelle nuove aree tropicali di produzione del whisky. Dopo 10 anni di magazzino, in una botte da 200 litri originariamente piena, potremo trovare 170 litri in Scozia, 115 in Kentucky e solo 65 ai Caraibi.
Una danno economico per le distillerie, un arricchimento per il whisky, che – perdendo parte liquida (acqua e alcol) – concentra la sua parte aromatica di esteri, congeneri e oli essenziali. Un arricchimento a cui si aggiunge l’interazione con l’ambiente, l’aria che trova sempre più spazio libero all’interno della botte, porta nel liquido l’aroma del luogo in cui la botte sta maturando e conferisce, per esempio, note marine ai whisky isolani.
Ma non ci si ferma lì. La lista dei furti si allunga, visto che un altro avido protagonista pretende la sua parte.
Il Devil’s Cut
All’atto del riempimento della botte, il legno delle sue doghe è asciutto e desideroso di assorbire una parte del liquido, parte che rimarrà intrappolata nella porosità del rovere e che non verrà più restituita. Questa ulteriore perdita è chiamata dai distillatori con il nome di Devil’s Cut, la Parte del Demonio, che da ex Angelo caduto dal cielo rivendica pure lui la propria quota.
Un calo che si comporta in modo molto differente rispetto a quello degli Angeli. La botte tende ad assorbire il liquido durante i 4-6 mesi successivi al riempimento, poi – raggiunta la saturazione – il prelievo del Demonio rallenta bruscamente sino a fermarsi. La situazione si complica in caso di travasi (assai rari nel mondo del whisky) o di finishing (sempre più frequenti). Il passaggio del liquido in una nuova botte, non fa altro che raddoppiare il Devil’s Cut, una perdita che deve essere presa in considerazione dai Master Blender che desiderano fare affinamenti sperimentali.
A quanto può ammontare il Devil’s Cut? Facile fare una previsione, visto che – a differenza dell’Angels’ Share – il suo prelievo non è condizionato dalle condizioni di temperatura e di umidità dell’ambiente. Un legno secco, di primo uso, assorbe circa il 4% di liquido. Una quantità elevata, ma una tantum – non annuale come nel caso del prelievo degli Angeli.
Un calo che però non è definitivamente perso. I lavoratori della distillerie erano soliti produrre uno swish whisky, mettendo acqua calda nei barili appena svuotati e risciacquandoli, per prelevare dal legno quanto più possibile whisky. Si ottenava una bevanda alcolica consumata in modo “non ufficiale”.
Alcune distillerie, capendo che a differenza dell’Angels’ Share il Devil’s Cut poteva essere recuperato, hanno deciso di non regalare questa parte né al Demonio né ai lavoratori, brevettando metodi estrattivi molto efficaci.
Jim Beam Devil’s Cut
Nel 2011, quando Jim Beam ha presentato sul mercato la sua nuova creazione, il Jim Beam Devil’s Cut Kentucky Straight Bourbon Whiskey, ogni consumatore di whisky ha preso consapevolezza dell’esistenza di questo prelievo attuato dal Demonio.
Jim Beam ha dichiarato di avere brevettato un metodo efficace per l’estrazione dal legno delle goccioline intrappolate, una combinazione di acqua, vapore e una centrifugazione ad alta velocità. Il liquido estratto, che per la sua forte interazione con il legno ha acquisito un colore molto scuro e un aroma molto legnoso, non è usato in purezza, ma miscelato con una versione extra-aged del tradizionale Jim Beam Straight Bourbon Whiskey, per dare origine al nuovo Devil’s Cut. Inizialmente era promosso come un Bourbon di 6 anni, contro i 4 del base, poi la dichiarazione di età è scomparsa dalle schede prodotto ed è appunto rimasta la dicitura extra-aged. È imbottigliato a 90 proof, al posto degli 80 proof del Bourbon base.
Un modo efficace per produrre più casse di whisky, per creare un aroma più bold, più intenso. Un whisky ancora più palestrato rispetto al Bourbon base, già un prodotto famoso non per essere elegante, ma muscoloso.
Un dram con note verdi alpine, menta, con legno, miele, scorza d’arancia e un po’ di mais acido. La dolcezza è meno mielosa rispetto alle edizioni base, ricorda il profumo di una pineta, un pensiero piacevole. C’è un po’ di spezia, chiodi di garofano, ma è debole proprio come l’alcool.
Un marketing vincente, la presenza della dicitura Devil’s Cut® in etichetta è una irresistibile attrazione.