Heat Cycle in process

Heat Cycle in process

Dopo essere entrato in ogni tipologia di magazzino scozzese, dunnage, a scaffali, pallettizzato, di pietra, di lamiera, al mare e in montagna, con le botti in orizzontale e in verticale, d’inverno e d’estate. Dopo aver visitato la warehouse #1 di Laphroaig, quella con la grande scritta vista baia, ed essere salito sino all’ultimo piano, nella soffitta che con le sue temperature tropicali può accogliere solo affinamento di aceto balsamico. Dopo aver varcato la soglia di una decina di rickhouse americane, potendo constatare in estate gli ambienti secchi e caldi, saturi di aromi.  Dopo aver visto un paio di prosciutti appesi tra migliaia di botti di Bourbon, continuamente accarezzati dal caldo alito degli angeli. Dopo aver sostato per 10 minuti, in pantaloncini corti e t-shirt, nel magazzino sperimentale di Maker’s Mark, climatizzato ad una temperatura da cella frigorifera. Dopo tutto questo, cosa altro potere desiderare?

 

Una rickhouse riscaldata di Woodford Reserve

 

I magazzini riscaldati di Woodford Reserve

La visita a Woodford Reserve mi ha offerto la possibilità di aprire le porte di un magazzino riscaldato, sono finalmente entrato in una delle loro storiche rickhouse di pietra che rendono molto affascinante la distilleria di Versailles, Kentucky.

Fuori il clima era quello freddo dell’inverno, poche ore prima dell’arrivo della bomba di gelo che avrebbe bloccato gli interi Stati Uniti per due intere giornate, “congelando” di fatto la grande corsa verso il consumismo natalizio.

Dentro, un confortevole 28°C, che con giacca vento, guanti di lana e sciarpa al collo, è subito diventato un clima da inferno dantesco. Aroma di whiskey tanto intenso da risultare quasi insopportabile (scherzo!).

Come funziona il riscaldamento? Si usa calore in eccesso proveniente dalla still house, sono posizionati degli scambiatori sotto il pavimento, il calore sale e il gioco è fatto.

Come viene regolata la temperatura? Non esiste una regola scritta a Woodford, dipende essenzialmente dal clima, ma quando la temperatura dei magazzini scende sotto i 15°C si dà una bella riscaldata per portarla attorno ai 30°C. Poi si spegne tutto e si attende che scenda lentamente sotto i 15. Con la grande inerzia del legno e del liquido, il raffreddamento può durare anche settimane. In media si fanno due o tre cicli di riscaldamento durante l’inverno, al massimo quattro.

Michter’s, famosa per mettere in botte il new make a 103 proof (51.5% abv) anziché allo standard massimo consentito dal disciplinare di 125 proof (62.5% abv), ha necessità di qualche ciclo in più, da 4 a 6 ogni inverno.

Il risultato? Un whiskey di 6 anni che “invecchia” più velocemente ed assume le caratteristiche di un whiskey di 8/9 anni.

 

La porta! Heat Cycle in process

 

Calore o cicli di calore?

Lo scopo non è quello di scaldare le botti, procedura che porterebbe solo ad una maggiore evaporazione, con pochi benefici per il whiskey.

Se l’acqua è incomprimibile, l’alcol si espande con l’aumentare della temperatura e si contrae con il raffreddamento. È questo respiro all’interno delle botti che porta a disciogliere gli aromi dolci del legno e a traghettarli all’interno del distillato.

Durante l’estate, l’ampia escursione tra il calore del mezzogiorno e il fresco della notte porta ad arricchire, in modo naturale, il distillato. Ma l’inverno è sostanzialmente una stagione sprecata, un quantità di tempo che può però essere recuperata con questi cicli artificiali di riscaldamento.

 

La struttura in legno delle rickhouse

 

L’effetto sulla maturazione

La differenza organolettica tra un Bourbon e un Single Malt Scotch Whisky non nasce solo dalla diversa materia prima.

La Scozia è famosa per avere una escursione molto bassa delle temperature. Tra giorno e notte, durante le numerose giornate nuvolose, la temperatura- se cambia – lo fa di uno o due gradi. La temperatura massima media di agosto è di 16°C, la minima media invernale di 2°C. Cioè 14°C di escursione ogni 6 mesi, il whisky manco se ne accorge.

Il contributo additivo del legno esiste, gli aromi di vaniglia e balsamici da lì arrivano. Ma viene lasciato spazio per il lento processo chimico della esterificazione, che dona al distillato la sua elegante struttura fruttata.

In Kentucky la storia è diversa. Heat Cycle a parte, si hanno normalmente escursioni superiori ai 15°C tra il giorno e la notte. In estate si superano tranquillamente i 40°C, d’inverno si scende tranquillamente molto sotto lo zero. Al mio arrivo sono stati toccati i -21°C, temperatura neanche record, con una impressionante escursione di ben 30°C nella sola giornata del 23 dicembre.

L’interazione con il legno è assai più stimolata, l’esterificazione esiste, ma – visto che si matura normalmente 6/7 anni – il suo contributo è minoritario. Risultato: molta più vaniglia, una ricca pasticceria a base toffee, molto meno frutta fresca. Cosa che conosciamo benissimo, basta mettere il naso su un qualsiasi dram di Bourbon.

 

Non di soli vapori vive l’angelo

 

E l’Angel’s Share?

L’Angel’s Share a Woodford è di conseguenza parecchio elevato. Si stima una media del 10% per il primo anno di maturazione, quando la botte vergine assorbe a dismisura. Per poi assestarsi attorno al 6/8% annuale.

In Scozia è mediamente attorno all’1/1.5% annuo.

 

Solo heat cycle?

Fuori da Kentucky le cose possono essere diverse. Chi, come Copperworks Distillery (Seattle), sviluppa il carattere del proprio single malt whiskey in fermentazione, ha necessità di valorizzare l’esterificazione più che l’estrazione dal legno. Risultato? Magazzini mantenuti tutto l’anno alla temperatura costante di 21°C, tutti i cicli sono azzerati, anche quelli naturali.

Poi c’è la citata Maker’s Mark che produce il suo Maker’s 46 con una specifica ricetta di doghe di legni diversi, doghe messe in sospensione all’interno della botte. Non serve più far espandere il contenuto della botte per estrarre aromi dalle botti, il legno lo hanno messo all’interno manco fossero delle “bustine di tè”. La sperimentazione ha portato a capire che le basse temperature consentono di massimizzare l’estrazione degli aromi di questo legno aggiuntivo, minimizzando l’Angel’s Share. È quindi stato costruito un magazzino di sasso che si comporta come una nostra fresca cantina, con temperatura pressoché costante durante tutto l’anno. E una piccola warehouse sperimentale che viene addirittura raffreddata.

Buffalo Trace parte da dove gli altri sono arrivati. Il livello di sperimentazione della sua piccola Warehouse X è all’avanguardia a livello mondiale. In questo magazzino, entrato in attività nel 2013, sono state ricavate 4 camere che vengono sottoposte a diverse condizioni di temperatura, umidità, luce (da quella naturale al buio totale) e corrente di aria. Una intricata rete di sensori permette di raccogliere milioni di dati allo scopo di confermare l’origine del colore e degli aromi dei diversi whiskey. Gli esperimenti durano mediamente 2/3 anni: il primo test si è focalizzato sull’influenza della luce ed è uscito dal magazzino nel 2016. Il successivo, concluso nel 2019, ha invece messo in gioco la temperatura. Attualmente si stanno sperimentando le oscillazioni di temperatura.

Tutti esperimenti che fanno parte di una lunga serie di test che, nell’arco di 20 anni, porterà ad esplorare singolarmente ogni possibile variabile e alla raccolta di 70 milioni di dati che forniranno informazioni definitive per la scienza della maturazione del Bourbon Whiskey.

Oltre alla temperatura, è stata registrata una oscillazione tra -10°F e +105°F (-23°C e +41°C), viene rilevata anche la pressione interna alle botti. Si è arrivati a scoprire una oscillazione tra -2.5 psi e +2.5 psi, nel primo caso la pressione negativa indica una contrazione del liquido, mentre la pressione positiva indica la sua espansione.

Il primo esperimento concluso nel 2016, ha portato a provare che per le cosiddette honey barrel – le botti che maturano vicino alle finestre, le preferite dai magazzinieri perché acquisiscono un aroma e un colore più intenso – il merito non è sicuramente da attribuire alla luce. I successivi test proveranno a dimostrare l’importanza della temperatura o del flusso d’aria.

 

La Warehouse X di Buffalo Trace

 

 

 

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