Invitato dai miei tre lettori a parlare di un Amaro meraviglioso creato dai monaci cistercensi, mi aggiravo, qualche giorno fa, all’interno di una loro Abbazia, quando improvvisamente, aperto un antico volume su prezioso e misterioso aiuto di un monaco, tale Enrico Greco (spero che la rivelazione del suo nome non gli rechi danno!), mi imbattei nella storia di questo pio uomo di chiesa, frate Eutimio Zannuccoli, che passò alla storia (o alla leggenda?) come l’inventore delle Gocce Imperiali (o Tintura Imperiale).
L’origine delle Gocce Imperiali
Questo è il breve racconto di quello che i miei occhi miopi ed ormai maturi sono riusciti a sbirciare e già vi chiedo in anticipo venia per le imprecisioni che tale difetto di vista può originare nel susseguirsi del racconto.
Era il 1766, da poco la Congregazione della Sacra Romana e Universale Inquisizione aveva inserito il libro Dei delitti e delle pene dell’illuminista Cesare Beccaria nell’Indice dei libri proibiti perché negava la sostanziale identità tra reato e peccato.
Ma di tutto ciò nell’Abbazia di Casamari si discuteva poco e non solo per la regola del silenzio.
Come a tutti noto, l’Ordine Cistercense, ordine monastico di diritto pontificio, era sorto in seguito alla fondazione dell’Abbazia di Citeaux (in latino Cistercium), in Borgogna, per iniziativa di Roberto di Molesme, nell’anno del Signore 1098 d.C. Ebbene, tale Ordine era nato all’interno dell’Ordine Cluniacense, allo scopo di ritornare ad una più rigida osservanza della regola di San Benedetto e del lavoro manuale.
Dopo alterne vicende, era stato l’Abate del monastero cistercense di Notre-Dame de la Trappe, Armand Le Bouthillier de Rancè, ad interpretare in senso ancor più austero le regole e a imporre ai propri monaci una vita di dure penitenze e stretta clausura, arricchita da digiuni e assoluto silenzio. Nel 1677 questa Riforma fu estesa a molti monasteri cistercensi.
I monaci erano lieti della prossima visita in estate di alcuni alti prelati romani e di numerosi rappresentanti di altri monasteri cistercensi italiani, accomunati certo dalla volontà di discutere segretamente degli avvenimenti di chiesa e del mondo, ma anche della piccola grande novità, che da poco l’umile frate Eutimio, aveva creato, allo scopo di coniugare l’antica sapienza liquoristica religiosa con la disponibilità di erbe naturali del territorio, liquore che sarebbe passato alla storia e diventato estremamente famoso, anche per l’apprezzamento che, tempo dopo, Gabriele D’Annunzio gli aveva dedicato: “Essenza tra il Mistrà e l’Assenzio con altri succhi medicinali, squisitissima… poche gocce bastano a trasmutare un bicchiere d’acqua in una specie di opale paradisiaca”.
L’Umile Eutimio, approssimandosi alla fine della sua serena esperienza terrena, aveva lavorato tanto ma era riuscito infine a creare un liquore ad alta gradazione alcolica, circa 90 gradi!, dalle numerose proprietà benefiche. Eutimio aveva creato un liquore partendo, come base, dall’anice. Lo aveva definito Gocce o Tintura perché già alcune poche gocce di tale essenza, diluite in acqua, favorivano la digestione. Mentre il colore era leggermente giallo, a causa di un tocco di zafferano nella preparazione, il sapore virava dal dolce ad un retrogusto leggermente erbaceo ed aromatico, che non lo rendeva stucchevole, perché, a differenza di altri liquori che lo stesso Eutimio aveva assaggiato nella sua pia esistenza, la Tintura risultava in acqua abbastanza secca ed in grado di aprire in gola nuove sensazioni davvero uniche.
Giunti in Abbazia, i prelati ed i rappresentanti degli alti monasteri, stanchi per il viaggio, consumarono un frugale pasto, pur sufficiente per ristorare i viandanti.
Ma si legge sul manoscritto citato, che i viaggiatori ad un certo momento, passato il tramonto, ebbero finalmente l’esperienza per cui forse molti di loro erano venuti.
Fu servita loro la Tintura, proprio mentre la pacata discussione sugli eventi del mondo accadeva tra i presenti.
“Sono davvero Gocce Imperiali”, disse il monaco Germano Lubelli da Acaya, “dobbiamo portarle a Roma”, lui che di vino e di tante storie di liquori era esperto come di affari mondani e di chiesa.
In breve i prelati e gli uomini di chiesa avevano trovato l’unità, forse non solo sui problemi del mondo, ma sul fatto che il buon Eutimio aveva creato l’Essenza.
Fu deciso che solo Eutimio dovesse conoscere esattamente ricetta e precisi ingredienti. E che egli stesso scegliesse a Casamari un altro monaco più giovane cui tramandare il segreto e così via nei futuri tempi.
Si impadronirono di una fiaschetta a testa e da quel giorno in poi le Gocce Imperiali si diffusero nel mondo e soprattutto tra i cistercensi.
Qui termina il racconto o almeno quello che ricordo di aver visto.
Cosa succede davvero?
Le Gocce Imperiali sono da usare diluite in acqua e vengono prodotte unicamente nei liquorifici dell’Abbazia di Casamari, nell’Abbazia di Piona, nell’Abbazia di Chiaravalle della Colomba.
I monaci consigliano l’uso delle gocce anche in funzione antidolorifica, soprattutto contro il mal di denti, contro il raffreddore e contro le infiammazioni del cavo orale.
Cosa si sa realmente della produzione?
Molto poco, ricetta segretissima.
Viene definito un distillato di erbe a 90 gradi alcolici con una forte concentrazione di anice e commercializzato in confezioni da 3, 10, 20, 50 cl.
Ingredienti (solo quelli noti): alcol, acqua, aromi naturali(quali?), zafferano.
L’uso consigliato è:
- due gocce in un bicchiere di acqua rigorosamente fredda per dare luogo ad una piacevole bevuta dissetante;
- due gocce per tonificare tè o caffè;
- quattro gocce in un bicchiere d’acqua contro l’acidità di stomaco;
- alcune gocce in batuffolo di ovatta direttamente sulle gengive per alleviare il dolore dei denti;
- solo aspirate le gocce sono in grado di decongestionare il naso raffreddato;
- non bevute ma solo passate in bocca, le gocce alleviano l’infiammazione del cavo orale.
- I monaci sconsigliano di degustare le gocce se non diluite per la considerevole gradazione alcolica.
Viene classificato tra i liquori piu’ “robusti” al mondo.
La segretezza che avvolge il liquore lo ha reso leggendario.
Le vicende storiche in cui è ambientato il racconto sono vere, leggendario l’avvenuto incontro tra prelati e assolutamente fantasiosi i nomi dei monaci citati nell’incontro, a parte Eutimio, di cui però non abbiamo notizie certe. Ah, ovviamente sono miope ma non ho avuto accesso ad alcun manoscritto antico. Ho fatto ricorso alla mia fantasia, ma con riferimenti veri a fatti, che, bevendo Gocce assolutamente non diluite, fluivano bene nella mia mente.