Gli alambicchi di Port Ellen

Gli alambicchi di Port Ellen


Da ormai un anno i nuovi alambicchi della rinascente distilleria di Port Ellen fanno bella mostra di sé nella luminosa e moderna still house. Non è facile far ripartire una distilleria ferma da 40 anni, a maggior regione se non si può disporre di una coppia degli alambicchi originali.

Ricostruisco gli anni della chiusura e della demolizione di una delle distillerie più desiderate dai collezionisti di whisky.

 

Port Ellen still house, aprile 2023, i due Wash still lato cortile interno.

 

La chiusura di Port Ellen (1983)

Ad inizio degli anni ’80, l’industria dello Scotch Whisky si è trovata ad affrontare una seria condizione di sovrapproduzione. Le vendite dei Blended erano in forte calo, il whisky veniva velocemente rimpiazzato, tra le nuove leve di consumatori, da bevande alcoliche più trendy, come la Vodka aromatizzata.

Unica soluzione, chiudere temporaneamente le distillerie, per lasciare modo ai magazzini di liberarsi di una parte significativa delle scorte, azzerando – al contempo – i costi di produzione. La sola Diageo, allora DCL (Distillers Company Limited), era proprietaria in Scozia di 45 distillerie di malto: 21 tra queste vennero chiuse nel biennio 1982-1983.

Vennero tenute aperte le distillerie indispensabili per le caratteristiche del loro malto, oltre a quelle ammodernate negli anni ’70, un decennio in cui si erano registrate importanti ristrutturazioni e ampliamenti.

Caol Ila, Lagavulin e Port Ellen erano distillerie moderne che non necessitavano di investimenti nel breve termine. Caol Ila era stata ricostruita e ammodernata nel 1972-1973, era dotata di impianti molto efficienti, con già un occhio verso il risparmio energetico. La stillhouse di Lagavulin era stata ricostruita nel 1969, quando i 4 alambicchi alimentati a carbone vennero rimpiazzati con altrettanti pot still con alimentazione indiretta a vapore. Entrambi erano vitali per i blended del gruppo, Johnnie Walker per Caol Ila e White Horse per Lagavulin.

Port Ellen era moderna tanto quanto Lagavulin, e di pari capacità, ma aveva ereditato un pesante fardello. Rimasta chiusa per quasi 40 anni, dal 1930 al 1967, l’interesse dei blender si era completamente azzerato. A loro è toccata l’ultima parola. La responsabilità della chiusura di Port Ellen è principalmente dei grandi Blended Scotch Whisky e, marginalmente, anche della DCL che non aveva ancora iniziato ad investire sul brand del suo single malt, cosa invece avviata per le altre due distillerie di Islay.

Gli alambicchi di Port Ellen furono riempiti per l’ultima volta il 22 marzo 1983. Avendo ripreso a distillare nel 1967, i suoi malti più vecchi avevano “solo” 16 anni, esattamente l’età dell’imbottigliamento “base” di Lagavulin, il confronto era impari.

 

Gli alambicchi originali di Port Ellen, entrati in funzione il 2 aprile 1967

 

L’isola subì il colpo, decini di posti di lavoro erano a rischio, in una azienda rinomata per gli ottimi stipendi e per la buona formazione. Il tasso di disoccupazione, che su Islay era già al 20%, era destinato a crescere e ad impattare negativamente sull’intera economia dell’isola.

Fortunatamente qualche prepensionamento e altrettanti reintegri presso Caol Ila o Lagavulin hanno consentito di non avere un solo licenziato. Il mitico Ian MacArthur, storico magazziniere di Lagavulin, fu uno dei lavoratori di Port Ellen che riuscì a trovare impiego a Lagavulin.

 

Lo smantellamento della distilleria

La distilleria di Port Ellen venne definitivamente chiusa nel maggio 1983 e la sua licenza registrata come mothballed (inattiva, messa in naftalina). I tour ufficiali della distilleria vennero sospesi a fine degli anni ’90, quando la struttura iniziava a diventare poco sicura. Gli edifici erano in completo stato di abbandono, e in parte vandalizzati. Una condizione che rendeva assai improbabile la sua riapertura.

Nel 1992 venne revocata la licenza di distillazione. Era già stata presa la decisione di rimuovere gli alambicchi e di inviarli alla Forsyth per essere smantellati. Messi sul traghetto, alcuni dipendenti si ricordano di strani documenti per l’esportazione: da allora si vocifera che gli alambicchi siano stati spediti in India presso, probabilmente, un’altra distilleria della grande galassia Diageo.

Altri dipendenti sostengono invece che il tentativo di vendita degli alambicchi fallì e che furono smantellati sul posto nel 1995. La verità la può conoscere solo Diageo, che ha sempre secretato questi fatti. Nel momento in cui è stata annunciata la rinascita di Port Ellen, alcune dichiarazioni di gente del posto hanno sostenuto una tesi e l’altra, anche se sembra prevalere l’ipotesi India, in mancanza di una dichiarazione ufficiale dell’azienda viene abbastanza inutile indagare ulteriormente.

Fatto sta che un edificio ormai vuoto, privato della manutenzione per oltre 20 anni, ben visitato dai vandali, non era di alcun aiuto per l’azienda. La contemporanea necessità di crescita della Port Ellen Maltings, decretò quello che è stato l’atto conclusivo. Buona parte degli edifici, compresa l’enorme pagoda rossa della vecchia malteria, venne abbattuta nei mesi di Marzo, Aprile e Maggio 2003. Della distilleria rimase in piedi solo il grande magazzino con le scritta a caratteri cubitali PORT ELLEN e le due malconce Pagode, protette dalla Soprintendenza britannica dei Beni culturali.

 

La vecchia grande pagoda rossa della Port Ellen Maltings

 

Il giornale locale The Ileach scriveva il 17 Maggio 2003:

«… Come avrete certamente notato, la skyline attorno al villaggio di Port Ellen sta cambiando, visto che l’azienda Diageo intravede una nuova vita per il vecchio sito della distilleria Port Ellen. La distilleria Port Ellen ha cessato di funzionare nel 1983 e la parte della distilleria che è stata costruita negli anni ’60 era caduta in uno stato di rovina ed era in condizioni pericolose. I rappresentanti del gigante del beverage hanno consultato per molto tempo i gruppi locali, desiderosi di poter utilizzare questi spazi e di trovare una soluzione che potesse portare beneficio all’intera comunità.»

 

Port Ellen, le due pagode originali (Settembre 2022)

 

La ricostruzione di Port Ellen

Quando Georgie Crawford, giovane manager di Lagavulin, ha accettato nel 2018 l’incarico come direttore dei lavori per la riapertura della distilleria Port Ellen, due sono state le sue preoccupazioni: ricostruire gli impianti in modo identico a come erano in passato, e costruire una identità nuova per la distilleria, in accordo con la comunità locale.

 

La still house di Port Ellen (foto Maggio 2022). In primo piano i due piccoli spirit still, alle spalle, affacciati sul cortile interno, i due più grandi wash still.

 

Gli alambicchi erano ben documentati, sia fotograficamente che nei tanti progetti presenti negli archivi di Diageo. Gli edifici ancora in piedi (kiln e uffici) sono stati conservati e ristrutturati. La nuova still house è stata costruita nello stesso luogo della precedente.

La scelta stilistica è invece andata verso un edificio decisamente moderno, completamente a vetri, a testimonianza del carattere sperimentale della distilleria: qui Robert Stein e Aeneas Coffey hanno potuto testare i loro primi alambicchi a colonna, qui è stato certificato il primo spirit safe, qui è stato aperto il primo magazzino doganale duty free, qui – nel periodo di apertura tra gli anni ’60 e ’80 – sono state effettuate distillazioni all’avanguardia.

Come si evince dalle foto, i 4 alambicchi non sono stati messi in linea – come nel layout originale – ma a coppie, con i due più grandi wash still vista pagode.

 

Port Ellen, un reale connubio tra modernità e tradizione?

 

Un single malt “replicabile”?

Cosa ci dice la forma degli alambicchi di Port Ellen? Forma a pera, senza ostruzioni (boil balls), alambicco tozzo e relativamente basso. Un collo di cigno leggermente discendente che va verso condensatori a fasci tubieri. Tutti ingredienti che ci raccontano un riflusso minimo a cui deve seguire un new make poco rettificato. Uno stile abbastanza “ciccio”, anche se non ai livelli di Lagavulin.

Sarà stato il suo carattere sperimentale, ma – esclusi i più recenti imbottigliamenti delle Annual Release di Diageo – i Port Ellen che ci è stato possibile assaggiare in passato erano tutti di imbottigliatori indipendenti, relativamente giovani, e sicuramente non spiccavano per qualità; molti raccontavano di botti non di prima qualità. La lunga maturazione delle edizioni ufficiali, e i sicuri recasking, sembrano aver sistemato tante cose e prodotto whisky da 90+ punti.

Cosa aspettarsi dal nuovo single malt di Port Ellen nei suoi primi anni di maturazione? Difficile, impossibile, fare previsioni. Ne riparliamo nel 2030!


 

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