eAmbrosia, il nettare degli Dei

eAmbrosia, il nettare degli Dei

eAMBROSIA il nettare degli dei – Ovvero a ogni Dio il suo nettare

Storie di marchi e contraffazioni

Questa storia parte da tempi molto lontani, dal mitico Monte Olimpo, dove tra infiniti agi e lussurie gli dei cercavano semplicemente di passare il tempo evitando per quanto possibile di ammazzarsi tra di loro, in una esistenza di odi e le invidie reciproche, allietata però da cibi e bevande goduriose.

 

 

Ambrosia e nettare riportano le cronache del tempo (che non si è ancora mai capito, perché dipende dalle versioni, quale delle due si beve e quale si mangia).

Il problema, allora come adesso, è che ognuno doveva essere il più importante possibile, e quello che contava era il MARCHIO “PERSONALE” di cui ci si poteva vantare, e che doveva essere il più importante possibile: l’etichetta scritta sui capi di vestiario che riportava “DIO/DEA DI QUALCOSA” e diventava così fonte di guadagno in base al numero di vendite. Marchi ed etichette che ovviamente venivano assegnate in base ai titoli personali, e guai a invadere i campi altrui.

Ad ognuno il suo!

E a capo dei sistemi di verifica e controllo, per dirimere tutte le eventuali dispute, ci stava nientemeno che Zeus in persona (detto anche Grande Giove), che aveva il suo bel daffare a raccogliere le richieste e distribuire i vari titoli senza scontentare nessuno e sguinzagliando continuamente tutti i suoi servitori a controllare il rispetto delle regole (e delle scritte).

Per cui quando un povero, piccolo, sfigatino, disse che voleva essere semplicemente il Dio del Vino (bevanda non al top del marketing dei vip a quei tempi) e farsi quindi il suo set personale di magliette con la relativa scritta, tutti, a partire dal Grande Capo, sorrisero sghignazzando e dicendo “fai con comodo, e aggiungici pure sotto E DEL MAL DI TESTA DEL GIORNO DOPO”.

Fu così che tale Dioniso (che poi di passaggio sul suolo italico modificò il nome in Bacco) si appropriò del marchio senza alcun problema, che depositò come “Dio della vite, del vito e del delirio mistico”.

Ma pian piano gli dei dell’Olimpo cominciarono sempre più ad isolarsi nel loro mondo, l’interesse per la corsa al nome passò in secondo piano fino a finire nel dimenticatoio.

Nel nostro piccolo mondo umano, invece, il problema di nomi ed etichette non si pose proprio, anche perché ci fu bisogno di secoli per passare dagli amanuensi a Gutenberg e arrivare alle moderne stampanti a colori. Si parlava eventualmente solo di stemmi araldici senza preoccuparsi se fossero più o meno simili o diversi l’uno dall’altro.

Tutto tranquillo, apparentemente, fino al secolo scorso, quando il problema cominciò a passare dalle “magliette” alle amate bevande alcoliche, dove con la diffusione delle bottiglie in vetro si cominciò a dibattere sulle scritte riportate nelle etichette. Ognuno scriveva quello che voleva, o meglio quello che faceva più comodo per vendere. Come ai vecchi tempi torna così di moda che comincia a rivendicare l’esclusività del proprio nome. Nessuna Regola = Nessuna Soluzione : Un bel problema!

Il primo “casus belli” riguarda subito da vicino la nostra amata patria, che oltre a navigatori e poeti ha sempre avuto gente furba pronta a sfruttare la scia del più famoso distillato di vino al mondo al punto da inserire nelle etichette dell’omologo italiano la dicitura COGNAC. Correva l’anno 1948, stiamo parlando di vino distillato e i nostri cugini francesi cominciarono a lamentarsi del fatto che in Italia si copiava il loro nome. Per fortuna erano altri tempi, più sereni e tranquilli, esisteva ancora il Gentlemen Agreement, per cui bastò una semplice stretta di mano per accordarsi e stabilire che “voi francesi avete deciso per primi il nome e quindi è tutto e solo vostro, nessun problema, cambiamo noi, saluti e arrivederci”.

Ma negli anni successivi arrivò il boom economico, arrivò il boom dei prodotti, arrivò il boom del commercio, arrivò il concetto di BUSINESS, e fu il caos. Anche nel campo delle bevande alcoliche tutti volevano aumentare i loro guadagni e spesso e volentieri si sfruttava ogni mezzo a disposizione (e magari anche il lavoro già bello pronto fatto da altri). Cominciarono quindi le prime vere discussioni.

Come fare per mettere tutti d’accordo?

Serviva qualcuno che facesse le funzioni del vecchio Giove, ormai andato in pensione, bisognava dare delle regole chiare e precise ai nuovi nettari degli dei. E così venne rispolverata la vecchia cara ambrosia, che diventa ora una realtà virtuale, digitale, e si trasforma in eAMBROSIA.

Vediamo di capire come e perché, nel corso degli anni, siamo arrivati a tutto questo.
Prima non c’era niente, c’erano i singoli stati, con le loro storie e tradizioni (più o meno originali, visto che nessuno inventa niente). Poi a un certo punto arriva l’Europa, o meglio l’Unione Europea, partita da 6 stati e arrivata pian piano a 27, che chiamandosi appunto Unione doveva pensare per tutti.

Le cose a cui pensare sono tante, ma a noi ce ne sta a cuore una in particolare: il nostro amato alcool, declinato in decine e decine di tipologie, una per ogni paese. Non tutte però famose allo stesso modo, e quindi spesso necessitanti di qualche “input” per salire i gradini di vendita.

Bisogna mettere d’accordo tanti interessi (o come si dice oggi tanti “competitors”). Bisogna disciplinare aspetti commerciali, agricoli e industriali, nell’interesse e diritto di tutti, regolamentare e proteggere le problematiche relative alle denominazioni regionali di natura geografica, uniformare e tutelare le esportazioni (e per quanto possibile anche le importazioni da fuori Europa), perché in base a storia, usi e costumi ogni territorio ha prodotti specifici che la identificano e caratterizzano, che vanno tutelati e difesi in un mondo sempre più globalizzato. Parliamo di una grossa fetta di mercato legata alla agricoltura dove gli interessi in gioco sono innumerevoli.

 

 

A dare per primo una norma a questo mondo è stato il Regolamento (CEE) n. 1576/89 del 29/05/1989 che stabilisce appunto “le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione delle bevande spiritose”. Con questo spartiacque scendono in campo le prime definizione atte a disciplinare la materia. Argomento spinoso abbiamo detto, tant’è che a stretto giro di posta c’è stato bisogno di due successivi aggiornamenti per dirimere tutte le problematiche sorte nel frattempo. Abbiamo così il Regolamento (CEE) n. 110/2008 del 15/01/2008 e poi l’attuale Regolamento (UE) 787/2019 del 17/04/2019, ognuno dei quali abroga il precedente ponendo nuovi paletti da rispettare (NB.: per i più attenti il giochino sta adesso nell’andare a ripescare tra i vecchi Daily Dram quello del buon Claudio dove per la prima volta viene fatto riferimento a questo Regolamento… Buona Caccia Al Tesoro!).

Aggiungi che ti aggiungi, la sua nuova definizione riveduta e corretta diventa “…relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione e all’etichettatura delle bevande spiritose, all’uso delle denominazioni di bevande spiritose nella presentazione e nell’etichettatura di altri prodotti alimentari, nonché alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose e all’uso dell’alcole etilico e di distillati di origine agricola nelle bevande alcoliche…”.

Vediamo di affrontarlo velocemente nei suoi passi fondamentali. Per prima cosa viene catalogato il concetto di riferimento di bevanda spiritosa?

Con questa denominazione il regolamento citato intende il liquido alcolico:

  • destinato al consumo umano
  • avente caratteristiche organolettiche particolari e un titolo alcometrico minimo di 15%vol.
  • ottenuto o mediante distillazione di prodotti fermentati naturali o mediante macerazione di sostanze vegetali/altro in alcool di origine agricola o altri distillati oppure ancora mediante miscelazione di bevande spiritose tra di loro o con alcool o altri prodotti alimentari.

Viene stilato un primo elenco di 21 categorie di bevande spiritose, con le loro definizioni ben specifiche, al cui interno devono essere ricompresi i nostri prodotti alcolici esistenti, vecchi e nuovi. Questo elenco aggiornato alla ultima versione del 2019 è arrivato a catalogare ben 44 Bevande Spiritose.

Si parte dal RUM per passare al WHISKY e così via fino ad arrivare al LIQUORE ALL’UOVO, passando tra gli altri per la ACQUAVITE DI VINO, la ACQUAVITE DI VINACCIA, la BEVANDA SPIRITOSA AL GINEPRO e così via.

Il significato di tutto questo è che per poter mettere ad esempio la scritta LONDON GIN in etichetta bisogna che il contenuto della bottiglia rispetti fedelmente tutte le indicazioni riportate nel regolamento.

Queste 44 categorie di BS sono suddivise in 2 grandi gruppi:

  • da 1-14 prodotte mediante fermentazione e distillazione delle materie prime specificate per ogni categoria senza aggiunta di alcool, aromatizzazioni coloranti ed edulcoranti
  • da 15-44 prodotte a partire da qualunque materia prima agricola con possibili aggiunte di alcol, aromatizzazione, colorazione e edulcorazione.

Ogni bevanda alcolica deve quindi rientrare in una di queste categorie, dopodichè, per salvaguardare tutte le più piccole tipicità locali che introducono nuove diverse denominazioni di prodotti all’interno di una categoria viene istituito il Registro Elettronico delle IG della UE (prodotti agricoli, alimentari, vini e bevande spiritose), battezzato per l’appunto eAMBROSIA.

 

 

Qui dentro troveremo quindi ad esempio la Definizione del Cognac e dell’Armagnac sotto la categoria 4.Acquaviti di Vino, o Lo Scotch Whisky sotto la categoria 2.Whisky.
Il bello del giochino sta nel fatto che per poter comparire in questo registro Elettronico bisogna sottoporsi a un complesso processo autorizzativo sotto il controllo UE che appunto ha preso il compito di controllare, verificare e dirimere le questioni.

Tutto questo per la

  • Protezione dei consumatori
  • Salvaguardia della reputazione delle BS
  • Armonizzazione di termini composti, allusioni, assemblaggi e miscele.

Grazie ai vari articoli del Regolamento che specificano tra le tante cose :

  • Domanda di registrazione di un’indicazione geografica
  • Esame da parte della Commissione e pubblicazione a fini di opposizione
  • Decisione sulla registrazione
  • Verifica del rispetto del disciplinare
  • Sorveglianza sull’uso dei nomi sul mercato.

A questo punto, ricordate, che quando in etichetta trovate nomi e specificazioni, una semplice occhiata a eAMBROSIA vi permetterà immediatamente di verificare e capire cosa avete davanti.

Buone Ricerche!

 

 

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