Master of Rum II livello – i Caraibi Inglesi. Settimana scorsa Anna Ostrovskyj ha affrontato, in due serate, le origini del carattere funky del rum giamaicano. Un mix di frutta tropicale sovramatura, rancida, con note pungenti di solvente e di salamoia. Nulla che un sano di mente possa pensare di consumare e, invece, il segno distintivo di uno stile unico al mondo. Stile che piace tanto e che nasce per necessità tecniche: il bisogno di acidificare il mosto durante la fermentazione, tema già affrontato da Anna nel suo articolo Fermentation matters.
Perché acidificare
Durante DISTILLO Expo 2023, Elena Fossati ricercatrice senior presso Lallemand – azienda leader nella fornitura di prodotti per la fermentazione, con la importante divisione Biofuels & Distilled Spirits dedicata alla distillazione – ha affrontato in una partecipata masterclass il tema “L’importanza della nutrizione del lievito per ottenere fermentazioni sane e distillati di qualità”.
Tutti noi immaginiamo il sacco di lieviti fare festa quando viene gettato in un mosto super dolce. La realtà è molto diversa: la sfida principale per i lieviti durante la fermentazione alcolica è sopravvivere, in un ambiente ostile, sino al momento in cui non rimarranno più zuccheri da lavorare. Il lievito presenta esigenze nutrizionali non appena comincia ad essere utilizzato, una energia che utilizza per la propria riproduzione, e solo con la sua proliferazione potremo ottenere come attività secondaria tutto l’etanolo desiderato. Elementi nutrivi come il substrato di carboidrati naturalmente presente nel mosto, o come l’azoto, mantengono la vitalità dei lieviti e un’attività ottimale durante la fermentazione alcolica dall’inizio alla fine, garantendo allo stesso tempo le qualità organolettiche del fermentato.
Non solo, in ambienti caldi, tropicali, la fermentazione è normalmente effettuata in tini aperti a temperatura non controllata. Si deve svolgere nel più breve tempo possibile, 36-48 ore, per non dare la possibilità ai batteri di proliferare e di guastare il lavoro dei lieviti. Una quantità di tempo assai ridotta che non consente lo sviluppo di tutti gli esteri potenzialmente ottenibili dalla materia prima, canna da zucchero o melassa che sia. Una lotta contro il tempo, che può ricevere un sostanziale aiuto dalla riduzione del pH della miscela sotto il 4: queste sono le condizioni in cui i batteri sono tenuti sotto controllo, dormienti, e il lievito riesce a lavorare più serenamente. Minore stress significa più tempo e quindi più esteri, ma anche meno tossine generate, una quantità inferiore di off-flavour.
La pubblicazione scientifica ha oggi prodotto una miriade di articoli che hanno affrontato il tema della fermentazione. Interi territori hanno sviluppato in passato – con metodologie empiriche, fondate sull’esperienza – dei protocolli per l’acidificazione naturale dei mosti. La Giamaica è uno degli esempi più significativi, una pratica che consente a distillerie come Hampden di effettuare fermentazioni selvagge senza lieviti aggiunti, della durata di 8-15 giorni, potendo contare in un continuo sviluppo di esteri e in una “controllata” proliferazioni batterica.
Il Dunder
Spesso, erroneamente, il carattere funky del rum giamaicano viene associato all’aggiunta del dunder durante la fermentazione. Tra gli appassionati di rum, il dunder è spesso avvolto da un alone di mistero: racconti di fosse riempite di animali e frutta, un liquido mescolato con melassa fermentata per creare un rum extra funky. Ma il dunder, in realtà, è molto più innocuo. Sì puzzolente, ma senza pipistrelli o teste di capra galleggianti.
Quindi, cosa è il dunder? Non è altro che il liquido residuo rimanente all’interno dei potstill a fine distillazione, un liquido caratterizzato da un pH basso che – anziché essere utilizzato come fertilizzante – ben si presta come additivo acidificante per la fermentazione. Nulla di nuovo. È chiamato stillage in inglese, vinasse in francese, e il suo utilizzo è alla base della tecnica del sour mash, molto diffusa nel mondo del Bourbon whiskey.
Visto che su Giamaica si usano prevalentemente pot still con double retort, è naturale usare il residuo di distillazione come acidificante. Nessuna chimica di sintesi, anzi il Dunder ha origine dalla stessa melassa utilizzata come materia prima per la produzione del rum. Svolge un ruolo molto importante, ma sicuramente non è l’ingrediente chiave per lo stile funky giamaicano.

Il Muck
Diversa è l’origine e l’utilizzo del Muck, un “additivo” da sempre circondato da mistero e leggende popolari. La pandemia ha offerto a distillerie con Hampden la possibilità di registrare alcuni webinar in cui è stato messo in chiaro l’intero processo produttivo. Intero … accontentiamoci di un buon 90%.
Se c’è qualcosa che può essere legittimamente definito l’ingrediente misterioso, questo è il muck (letame in inglese). Si tratta di un “liquido” sottoposto ad una fermentazione batterica secondaria che crea ulteriori esteri e componenti volatili. Un concentrato fuori-scala di aromi, che viene dosato verso la fine della fermentazione per arricchire il vino di melassa, appesantendolo con valori assurdi di congeneri e esteri.
Contiene il materiale denso che si deposita nei contenitori in cui viene conservato il dunder, a cui viene aggiunto il fondo solido che resta nei tini di fermentazione quando vengono puliti alla fine di ogni annata di produzione, una sostanza composta di lieviti morti, e quindi naturalmente ricca di azoto. Questi fondi, prima di essere utilizzati, vengono conservati per un periodo di anni (7 per Hampden) in un serbatoio chiamato muck grave (tomba del letame).
Tutti questi ingredienti vengono sistemati in uno spazio interrato chiamato muck pit (fossa del letale), in cui sviluppano la loro ricca flora batterica, responsabile delle tante “puzze” associate ai rum giamaicani. Non solo aromi diretti: la grande quantità di acidi pesanti presenti nel muck si combineranno durante la fermentazione con l’alcol etilico, per dare vita ad esteri pesanti. Non frutta fresca, ma quella sensazione di banana e ananas sovramature, rancide.

Per la fermentazione serve tipicamente anche un altro ingrediente, il cane acid (acido di canna, aceto di canna). È sostanzialmente del succo puro di canna da zucchero lasciato “invecchiare” in modo tale che venga completamente sviluppata la fermentazione acetica. Farà squadra con il dunder per acidificare ulteriormente il mosto in fermentazione.
Quindi cosa viene messo nei tini di fermentazione? Melasse allungate con acqua di sorgente, il dunder, l’aceto di canna. Tutte queste componenti vengono miscelate in un contenitore chiamato wash mixing system, prima che il suo “heavy wash” venga pompato nei washback, i tini di fermentazione. Solo in un secondo tempo, al termine della fermentazione primaria, verrà aggiunto il muck.

L’assaggio dice tutto
Hampden è stato per più di 250 anni il tesoro nascosto del mondo del rum. La distilleria, in attività dal 1753, ha sviluppato una tecnica di produzione unica al mondo, che ancora oggi mantiene i suoi segreti di produzione. Per le sue caratteristiche peculiari, era venduto solo in bulk e utilizzato in piccole dosi per fare di un alcol neutro un rum, grazie al suo alto livello di esteri. Oggi è possibile assaggiarlo nella sua impurezza. Sicuramente rappresenta al meglio l’anima funky del rum giamaicano.
Abbiamo assaggiato 8 rum giamaicano, 4 bianchi e 4 invecchiati. L’Hampden The Younger, contiene rum invecchiato 5 anni interamente presso la distilleria, ed è un perfetto esempio di rum Trelawny, con un contenuto di congeners di 1.567,1 gr/hlpa, dei quali 314,8 gr/hlpa sono esteri.
Il suo mark, il LROK (Light Rum Owen Kelly) viene prodotto da Hampden dal 1952. Dei Mark, o Marques, parlerò in un prossimo articolo. È un pure single rum che ha scritto la storia della Giamaica. Dei Marques scriverò tra qualche settimana.
Ananas, frutta tropicale, esteri, funky e note speziate si uniscono in armonia instabile, che sembra dover crollare molto velocemente e che invece da vita a un’esperienza unica. Il bicchiere vuoto, il giorno successivo, lo ho apprezzato un sacco. E lo ho buttato, il suo lavoro era finito lì (si fa per scherzare).
Presso Hampden, la melassa viene sottoposta ad una fermentazione selvaggia per un lungo periodo, tra 8 e 15 giorni, nessun lievito viene aggiunto. Il mosto viene trasferito in uno degli 85 washback, un numero necessariamente elevato per poter gestire le lunghissime fermentazioni primarie e secondarie. È un pure single rum, niente tagli con rum prodotto a colonna, ma viene tutto distillato nei sei potstill di rame con double retort.
Così come la melassa è diversa, la fermentazione è diversa, il dunder è diverso, anche il muck contribuisce alla singolarità della ricetta di ogni distilleria, al suo bagaglio di esteri. E la singolarità di ogni singolo Mark è legata alla quantità utilizzata di muck.
Questo Mark è il LROK (Light Rum Own Kelly), uno stile intermedio con 250-350 gr per ettolitro di alcol puro, sufficientemente lontano dai 1.600 gr massimi consentiti dal disciplinare giamaicano e incorporati per Hampden nel mark DOK.
Etichetta “carta d’identità“, dell’importanza dell’acqua ne parlerò quando affronto il disciplinare del Jamaica Rum.
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