Contrassegni alcolici nella storia italiana

Contrassegni alcolici nella storia italiana

Lo sappiamo. Dall’inizio della distillazione commerciale, tutti gli Stati hanno desiderato tassare la produzione di alcol. La diffusa attività clandestina, illecita, e la conseguente evasione, hanno portato all’introduzione della licenza di distillazione. È solo ad inizio XIX secolo che il controllo diventa efficace, e che la distillazione muta da attività secondaria di aziende agricole ad una vera e propria impresa di grande dimensione e, come tale, più facilmente controllabile. Alcuni Stati hanno successivamente imposto l’applicazione sulle bottiglie di un contrassegno rilasciato dalle Dogane, a riprova dell’avvenuto pagamento delle accise.

Tra questi Stati vi è l’Italia: nel novembre del 1933, in piena epoca fascista, fu resa obbligatoria l’apposizione di un sigillo di alluminio legato intorno al tappo con un filo di metallo o uno spago. Su questo sigillo era impresso in rilievo lo stemma sabaudo contornato dai fasci littori, il fascio di bastoni di legno che incorporava una scure, simbolo del regime fascista. Alla caduta del regime vennero tolti i fasci e, con la nascita della Repubblica Italiana, questo sigillo di alluminio venne modificato con l’apposizione del profilo di una donna e successivamente della Stella, simbolo della Repubblica. I sigilli di alluminio sono stati in vigore fino al 1952 e hanno convissuto fino al 1959 con i contrassegni di carta, che tutt’oggi vengono utilizzati.

La datazione di una bottiglia venduta sul mercato italiano viene agevolata dalla analisi del contrassegno su di essa applicato. Un aiuto importante per l’intera comunità internazionale, visto che l’Italia ha anticipato di parecchi decenni l’interesse verso il whisky di qualità e il single malt. Una giornata presso Whisky Antique (Formigine, Modena), ci ha consentito di fare chiarezza e di assemblare un affidabile report fotografico che possa essere di aiuto per gli appassionati, collezionisti e bevitori. Oltre alla competenza e alla generosa disponibilità di Max Righi, che ringraziamo, abbiamo avuto accesso ad un database infinito di imbottigliamenti, da fine ‘800 sino a quelli contemporanei. Foto a cura di Alice.

Il tema non è di semplice decifratura, facciamo un passo alla volta. Partiamo riprendendo la ricostruzione storica predisposta dal MEF, il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

 

 

I Tributi nella storia d’Italia: le accise

Il Regno d’Italia fu lo Stato italiano unitario proclamato il 17 marzo 1861. Una funzione rilevante nell’ordinamento fiscale dell’Italia unitaria era rivestita dalle imposte sui consumi e, segnatamente, dai dazi e dalle gabelle. Relativamente alle gabelle, un importante ruolo era esercitato dalle imposte di fabbricazione, che colpivano indirettamente il consumo di prodotti prestabiliti.

L’obbligazione tributaria nasceva nel momento della produzione del prodotto. Ne esistevano di diverse specie: la tassa sulla birra e sulle acque gassate, che fu la prima ad essere introdotta nel 1864; la tassa su polveri ed altre materie esplosive (1869), sugli spiriti (1870), sulla cicoria preparata per caffè (1874), sullo zucchero (1877), sull’olio di semi (1881) e sui fiammiferi (1896). L’attività di accertamento presso il fabbricante era esercitata dagli agenti della finanza e la commisurazione della quantità di prodotto era effettuata in due modi: direttamente dai funzionari del fisco oppure attraverso misuratori meccanici.

 

 

Il Regio Decreto Legge (RDL) 20 marzo 1930, n. 141 abolì poi i dazi interni di consumo ed istituì le cosiddette imposte di consumo, disciplinate dal Testo Unico sulla Finanza Locale di cui al Regio Decreto (RD) 14 settembre 1931, n. 1175. La riscossione delle medesime avveniva, di regola, in seguito a dichiarazione del contribuente e mediante l’applicazione della tariffa alle materie imponibili; l’amministrazione poteva stipulare convenzioni di abbonamento con i singoli contribuenti e poteva disporre, altresì, che la riscossione dell’imposta, ad esempio quella gravante su dolciumi, cacao, cioccolato ed altri generi, avvenisse tramite abbonamento obbligatorio. All’accertamento ed alla relativa riscossione dell’imposta sui comuni si poteva provvedere direttamente o tramite appalto, che poteva essere conferito a canone fisso o ad aggio.

Con il RDL 334/1939, convertito nella legge n.739/1939, fu poi istituita un’imposta interna di fabbricazione ed una corrispondente sovraimposta di confine sugli oli minerali e sui prodotti della loro lavorazione, inclusi i carburanti. Tali imposte di fabbricazione, applicate con aliquote differenziate ai singoli prodotti considerati, sono state nel tempo utilizzate (specie con riferimento ai carburanti) per far fronte ad impellenti esigenze economiche dello Stato derivanti da eventi eccezionali quali, ad esempio, il disastro del Vajont del 1963, l’alluvione di Firenze del 1966 e i terremoti del Belice (1968), del Friuli (1976) e dell’Irpinia (1980).

 

Le accise

Il vocabolo “accisa” deriva dal termine latino accisus participio passato di accido-accidere, ovvero “cadere sopra”. Con le accise, infatti, lo Stato “cade sopra” un determinato prodotto, prelevando un’imposta al momento della fabbricazione o del consumo del medesimo, nonché all’atto della sua importazione nel territorio dello Stato. Il regime generale dell’accisa viene istituito in ambito comunitario con l’entrata in vigore della direttiva 92/12/CEE del Consiglio, che sancisce l’armonizzazione di tale tributo tra gli stati membri. Esso è applicabile a specifiche categorie di prodotti (prodotti energetici, tabacchi lavorati, bevande alcoliche) e grava sulla quantità anziché sul prezzo.

La nuova disciplina comunitaria, cui contribuiscono anche le disposizioni contenute nelle direttive 92/82/CEE, 92/83/CEE e 92/84/CEE, riguarda in particolare: la struttura delle accise e i principi che presiedono alla determinazione del campo di applicazione del tributo in questione anche con riferimento alle agevolazioni accordate ai singoli prodotti, agli impieghi e ai relativi sistemi di controllo e riscossione; la libera concorrenza per i prodotti soggetti ad accisa, le norme sul deposito e la circolazione dei prodotti sottoposti ad accisa; il processo di avvicinamento delle aliquote di accisa in ambito comunitario.

In ambito nazionale le disposizioni unionali vengono trasfuse nel decreto legislativo 26 ottobre 1995 n. 504, ovvero il Testo Unico delle Accise (TUA), contenente le disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e le relative sanzioni penali e amministrative. Attualmente esso disciplina i prodotti energetici (compresi i carburanti e i combustibili per riscaldamento), i prodotti alcolici, i tabacchi lavorati e l’energia elettrica.

Il TUA ha subìto nel tempo alcune modifiche a seguito dell’emanazione anche di ulteriori direttive europee in materia, quali ad esempio la direttiva 2003/96/CE – che ha ristrutturato il quadro comunitario della tassazione per i prodotti energetici e dell’elettricità nonché fissato aliquote minime che tutti gli Stati membri devono rispettare in relazione ai vari impieghi dei prodotti sottoposti ad accisa – e la direttiva 2008/118/CE, anch’essa relativa al regime generale delle accise che ha abrogato la direttiva 92/12/CEE.

 

Il contrassegno nei decenni

Passiamo ora ai contrassegni, la prova che sono state pagate le accise: ogni bottiglia che esce dallo stabilimento o che viene importata in Italia ne deve avere uno. Su ogni contrassegno viene riportato il tipo di accisa applicata, una numerazione progressiva e l’indicazione del formato (il volume) del contenitore. Il passaggio, nel 1991, del formato da 750cl a quello di 700cl, costituisce un ulteriore informazione utile per risalire al periodo di produzione. In realtà in passato i contrassegni potevano essere acquistati in anticipo dalle distillerie, in quantità ingente, ed essere utilizzati in tempi diversi, un aspetto che rende la datazione non sempre precisa.

Il sigillo, di alluminio o di carta che fosse, oltre a dare testimonianza del pagamento, impediva che disonesti trasportatori o commercianti sottraessero il prodotto, sostituendolo con acqua o con uno di qualità inferiore.

 

I primi contrassegni metallici

I contrassegni metallici, chiamati anche “sigilli” o “bollini”, sono stati utilizzati nella seconda metà del ventennio fascista sino ai primi anni della Repubblica. Sono costituiti da una sottile lamina di alluminio, molto fragile e deperibile e sono di difficile applicazione – tipicamente con spago, motivi per cui sono stati successivamente sostituiti dalla carta filigranata.

Le varie modifiche al Decreto introdotto da Vittorio Emanuele III nel 1933 hanno portato a diversi rilasci dei sigilli, caratterizzati da una diversa impressione in rilievo sul Dritto o sul Rovescio, e da un differente sistema di applicazione. I contrassegni erano fabbricati dalla Regia Zecca dello Stato ed erano progettati in modo tale che si dovesse impedire il prelievo del contenuto liquido, se non rimuovendoli o danneggiandoli. La eventuale presenza della dicitura “IF” sta a indicare “Imposta di Fabbricazione”.

 

1930
Contrassegno di carta con stemma Sabaudo

Di seguito i contrassegni utilizzati tra il RDL del 1930 e quello “attuativo” del 1933, che ha introdotto i contrassegni metallici.

 

 

1933-1944
Contrassegno metallico con fasci littori

Regno D’Italia – Vittorio Emanuele III
Dritto: Stemma Sabaudo con Fasci
Rovescio:
Imposta Spiriti IF chiusura a sigillo (1933-1935), Formati: L. 1/4, L. 1/2, L. 4/5, L. 1, L. 1 1/2, L. 2
Imposta Spiriti IF chiusura a disco con spago (1935-1937), Formati: Fino a L. 1/4, Da L. 1/4 a L. 1/2, Da L. 1/2 a L. 4/5, Da L. 4/5 a L. 1, Da L. 1 a L. 1 1/2, Da L. 1 1/2 a L. 2
Imposta Spiriti senza IF chiusura a sigillo (1937-1944), Formati: Sino a L. 1/4, Da Oltre L. 1/4 a L. 1/2, Da Oltre L. 1/2 a L. 4/5, Da Oltre L. 4/5 a L. 1, Da Oltre L. 1 a L. 1 1/2, Da Oltre L. 1 1/2 a L. 2

 

 

1944-1947
Contrassegno metallico alla caduta del Fascismo

La caduta del fascismo divise l’Italia: al nord resistette il sigillo con i fasci littori, mentre al sud ci fu il ritorno ai fregi Savoia. Ne emerse uno stemma con i fregi Savoia e due tende al posto dei Fasci.

Regno D’Italia – Vittorio Emanuele III
Dritto: Stemma Sabaudo senza Fasci
Rovescio: Contrassegno di Stato, Liquori
Formati: Fino a L. 1/4, Oltre L. 1/4 a L. 1/2, Oltre L. 1/2 a L. 4/5, Oltre L. 4/5 a L. 1, Oltre L. 1 a L. 1 1/2, Oltre L. 1 1/2 a L. 2

 

 

1947-1950
Contrassegno metallico 1° Repubblica con profilo di Donna

Nel 1947 iniziò ad essere utilizzato il profilo di una giovane donna, che nell’idea dei suoi creatori doveva simboleggiare la neonata Repubblica Italiana. Lo stesso simbolo compariva sulle schede elettorali ed in seguito, molto simile, sulle monete da 100 lire.

Repubblica Italiana
Dritto: Repubblica Italiana con al centro Testa di Donna con Corona Turrita
Rovescio: Contrassegno di Stato, Liquori
Formati: Fino a L. 1/4, Oltre L. 1/4 a L. 1/2, Oltre L. 1/2 a L. 4/5, Oltre L. 4/5 a L. 1, Oltre L. 1 a L. 1 1/2, Oltre L. 1 1/2 a L. 2

 

 

1949-1959
Contrassegno metallico 2° Repubblica con Stella

Il 5 maggio 1948 l’Italia repubblicana ha il suo emblema ufficiale, al termine di un percorso creativo durato ventiquattro mesi, due pubblici concorsi e un totale di 800 bozzetti, presentati da circa 500 cittadini, fra artisti e dilettanti. Nel 1948/49 la Testa di Donna andò in pensione e venne sostituita dal Sigillo Stella, una placca metallica con stampata una stella a cinque punte al centro di una ruota dentata con foglie di ulivo e quercia.

Repubblica Italiana
Dritto: Repubblica Italiana con al centro l’Emblema Ufficiale
Rovescio:
Imposta Fabbricazione Spiriti con Formati Oltre (1950-1953), Formati: Fino a L. 1/4, Oltre L. 1/4 a L. 1/2, Oltre L. 1/2 a L. 4/5, Oltre L. 4/5 a L. 1, Oltre L. 1 a L. 1 1/2, Oltre L. 1 1/2 a L. 2
Imposta Fabbricazione Spiriti con Formati Litri (1953-1959), Formati: Fino a L. 1/10, Litri 1/4, Litri 1/2, Litri 3/4, Litri 1, Litri 1 1/2, Litri 2
Imposta Fabbricazione Acquaviti con Formati Litri (1953-1959), Formati: Fino a L. 1/10, Litri 1/4, Litri 1/2, Litri 3/4, Litri 1, Litri 1 1/2, Litri 2

Secondo il D.M. del 16 giugno 1959, l’uso di questi contrassegni avrebbe dovuto terminare entro il luglio 1961, ma ci sono prove di un suo uso sino al 1967.

 

 

1959-1965
Contrassegno carta dentellata e indicazione “da litri 3/4”

La nascita del Bollino UTIF, Ufficio Tecnico Imposte di Fabbricazione, mandò in pensione i precedenti metodi tornando alla fascetta di carta. Il documento che le introduce è il D.M. del 16 giugno 1959, il primo esemplare è caratterizzato da una fascetta dentellata con il simbolo della Repubblica. Viene altresì introdotta la Serie (alfabetica), la Sottoserie (numerica con il punto) e la Numerazione progressiva.

Formati: fino a L. 1/10, da Litri 1/4, da Litri 1/2, da Litri 3/4, da Litri 1, da Litri 1 1/2, da Litri 2

 

 

1952-1971
Contrassegno carta filigranata Rosa-Arancio con Tre Stelle e indicazione “da litri 3/4”

Nel 1952 si scelse necessariamente di passare alla filigrana che, come sulla carta moneta, risultava di difficile contraffazione. Questi sigilli vennero spesso cambiati di cromia, per rendere la vita difficile ai falsari, e divennero bicolori. Una vera fortuna per i collezionisti, che riuscirono così a collocare a livello temporale la bottiglia con uno scarto minore.

Formati: fino a L. 1/10, da Litri 1/4, da Litri 1/2, da Litri 3/4, da Litri 1, da Litri 1 1/2, da Litri 2

 

 

1971-1976
Contrassegno carta filigranata Rosa-Arancio con Due Stelle e indicazione “da litri 3/4”

Formati: fino a L. 1/10, da Litri 1/4, da Litri 1/2, da Litri 3/4, da Litri 1, da Litri 1 1/2, da Litri 2

 

 

1976-1991
Contrassegno carta filigranata Rosa-Arancio con Due Stelle e indicazione “da litri 0,750”

Formati: fino a litri 0,040; fino a litri 0,100; da litri 0,200; da litri 0,250; da litri 0,350; da litri 0,375; da litri 0,500; da litri 0,700; da litri 0,750; da litri 1,000; da litri 1,000; da litri 1,500; da litri 2,000; da litri 0,250; da litri 0,300.

 

 

 

1991-2005
Contrassegno carta filigranata Verde-Rosa con Due Stelle e indicazione “litri 0,700”

Il passaggio del formato da 750 cl a 700 cl è accompagnato dal cambio di colore del contrassegno.

Formati: fino a litri 0,040; fino a litri 0,100; litri 0,200; litri 0,250; litri 0,350; litri 0,375; litri 0,500; litri 0,700; litri 0,750; litri 1,000; litri 1,000; litri 1,500; litri 2,000; litri 0,250; litri 0,300.

 

 

DAL 2005 AD OGGI
Contrassegno carta filigranata Verde con Tre Lettere e indicazione “0,70 l”

Formati: fino a 0,10 l; 0,20 l; 0,35 l; 0,50 l; 0,70 l; 1,00 l; 1,50 l; 2,00 l; 2,50 l; 3,00 l; 4,50 l.

 

 

COMUNALE
Contrassegno comunale

Eventuali tassazioni locali potevano essere aggiunte a quella della Repubblica, come in questo esempio di Castelfranco Emilia.

 

 

REGIONALE
Contrassegno regionale

Esempio di contrassegno per la Regione a Statuto Speciale Valle D’Aosta.

 

 

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