Antichi cloni e recenti supremazie

Antichi cloni e recenti supremazie


Il Nerd Corner di Anna

Antichi cloni e recenti supremazie

Con un volume di produzione annuale di circa 1,40 miliardi di tonnellate la canna da zucchero, Saccharum Sp. (e sue sottospecie) è la prima coltura al mondo, coltivata principalmente per i suoi steli da cui si estraggono zucchero ed etanolo (Brasile). Appartiene alla famiglia delle Poaceae, ed ha un gran numero di cromosomi, il che ci ha permesso, negli anni, di poterne ricavare ibridi che si confacevano ad ogni produzione. È composta da un 99% di carbonio, e restante parte da idrogeno e ossigeno. È una coltura stabile, pluriennale ed il suo ciclo dura da 4 a 10 anni a seconda della varietà e del terroir.

 

 

Fisicamente, i suoi preziosi steli sono costituiti da internodi e nodi successivi: le gemme sono alterne sui nodi e il fusto è inguainato da una corteccia dura e cerosa, che contorna le gemme. In piena maturazione mediamente si hanno una ventina di internodi lunghi da 10 a 20 cm. La lunghezza degli internodi varia a seconda del clima, del terreno e dell’apporto nutritivo di esso, oltre al fattore umano. Il fusto raggiunge generalmente dai 2 ai 3 metri con un diametro dai 2 ai 4 cm. Gli steli, naturalmente, crescono raggruppati in cespugli. Se, durante una visita, notate che invece la piantagione si sviluppa su file ben distanziate, questo è per facilitare la raccolta meccanica, altrimenti la canna da zucchero tende a fare cespi da 10 a 20 piante: questo comportamento si chiama accestimento, ed è molto tipico delle graminacee.

 

 

Come si riproduce una varietà o si crea una nursery per sviluppare un clone? Tramite talea, come succede per molte altre piante: si taglia la parte dello stelo che comprende almeno una gemma, e si pianta, in senso orizzontale, nel terreno. Questo darà luogo, dopo circa 15 giorni, ad una nuova piantina, che cercherà la luce e in capo a sei mesi sarà una pianta adulta che continuerà a svilupparsi in altezza e spessore.

 

 

Per distinguere i vari cloni, come sapete, usiamo codici, che per noi sono parlanti e ci raccontano del paese di ibridazione (e quindi delle caratteristiche del suo suolo, e del suo terroir in generale), dell’anno di ibridazione (e quindi della inclinazione ricercata, se più interessante per lo zucchero o l’acquavite di canna, o altro), del numero di tentativi effettuati, che a sua volta ci parla di quanta “forza” avrà quell’ibrido in generale. Chi lavora però nei campi, o chi utilizza canna da zucchero ogni giorno, come succede a Marie Galante, per farne sirop o rum, ama parlare delle varietà attraverso il loro colore, che varia a seconda dell’ibrido e della specie, ma soprattutto dell’esposizione al sole. È così che ci sono canne blanche o matos (B80.689) che non sono chiare, ma tendono al giallo intenso, oppure altre, meno insoleggiate, tra il bianco ed il grigio, con qualche sfumatura verdastra, così come, d’altronde, ci sono canne rouge (R579) da terreni secchi e soleggiati che sono quasi color vino, mentre altre, che di sole ne prendono meno, di un colore tra il giallo e l’arancio. Non è solo il colore che deve guidarvi nell’individuazione di una varietà, ma anche, tra le altre cose, la lunghezza di steli e internodi, la densità di vegetazione, la cera che ricopre lo stelo e le gemme.

L’apparato radicale stesso si differenzia da una specie all’altra, e, pur se ridotto e sviluppato in semi-orizzontale rispetto al terreno, per una pianta tanto alta, è sensibilissimo a tutti gli stress, come l’umidità in eccesso, o la mancanza di aerazione, o la temperatura: è un vero termometro che regola l’accrescimento, mentre le foglie, fatte a lamina, disposte in modo alterno, e collegate al fusto con un’articolazione chiamata “ochréa”, anch’essa diversa per ogni varietà, sono quelle che dirigono l’orchestra dalla superficie, sotto il sole, per consentire una maturazione il più possibile omogenea. Il resto del lavoro, nello specifico per ottenere rum di qualità, lo facciamo noi, con il defogliamento parziale, il taglio nel giusto momento di picco della maturazione che cambia per ogni specie, e la collaborazione con il Centro Tecnico della Canna Da Zucchero, molto attivo alle Antille, che, oltre a dare supporto, effettua cicli di esperimenti: gli ultimi sono focalizzati sul terroir di Moule e Anse Bertrand in Guadalupa, oltre che su Marie Galante, suoli calcarei e ventilati che hanno visto, negli ultimi anni, un gap di cambiamento climatico volto ad un aumento sensibile delle temperature e ad un frazionamento diverso delle piogge.

I cloni oggetto di studio sono, come avevo già spiegato, alcuni nuovi, denominati con l’iniziale FR, e, tra i cloni storici degli anni 50, 60, 70 e 80, tradizionalmente coltivati nei vivai dell’Isola, rispettivamente B80.08, B69.566, R570. Sono varietà di media e tardiva maturazione, sulle quali è stata sperimentata una raccolta precoce che ha promosso, per ora, come varietà vincente per gli i suoi steli molto alti e carichi in saccarosio, B69.566, che, in alcune zone, ha raggiunto un +24% in tonnellate di zucchero/ettaro/anno, ma tutte hanno dimostrato rendimenti ottimi se utilizzate in una raccolta mediamente precoce.

E’ stata creata, ovviamente, una nursery apposita, per selezionare le piante migliori dai cloni migliori, prima in vitro, con lo studio dei cromosomi, poi nel terreno: è così che il CTCS aiuta i produttori che sono sensibili all’ascolto, in questi tempi di incertezza e bizzarria climatica, a continuare a fare un buon lavoro.

 


 

ALTRI ARTICOLI

Contact to Listing Owner

Captcha Code