All’inizio fu il ti-punch

All’inizio fu il ti-punch


Sono quasi le 18 a Marie Galante, Guadalupa. È l’ora di continuare la nostra serie odierna di piccoli drink familiari, talvolta con lime e zucchero, talvolta senza. Cambiando rhum bianco, s’intende. Oggi è un giorno speciale e con noi c’è un amico in visita sull’isola, Peppe Doria, head di Macondo e Volare, a Bologna. Ma soprattutto uno piuttosto libero e molto curioso, quindi ben in linea con la nostra piccola comunità di dissidenti alcolici.

Si parla di rhum agricole, di distillerie, di etica produttiva, di cose che son mosse dai soldi e altre no, di AOC mentali e di un mondo che purtroppo ha preso una sola direzione. Quanti spunti di riflessione causati da un solo drink, tanto breve e tanto lungo nello stesso tempo. E da un’isola che infine non è mai cambiata. In più, parrebbe che il ti-punch sia nato proprio qui, a Marie Galante, per celebrare il decreto di abolizione della schiavitù del 27 aprile 1848: per festeggiare questo storico evento dell’isola, i locali, finalmente liberi, avrebbero reso ancor più indimenticabile il giorno di festa consumando tutta la produzione di zucchero e rum dei loro ricchi committenti, mescolandoli, non senza abbondanti dosi di citron pays, in grandi botti di legno. La primordiale miscela, CRS, Citron Rhum Sucre, come viene anche simpaticamente riassunta, è oggi alla base di un gran numero di cocktails ben più elaborati.

 

 

La ricetta base come sempre accoglie, nelle sue mille varianti, tutta l’umanità antillese, tutto lo spirito curativo e quello festaiolo o romantico, senza esclusioni: un piccolo fondo, mezzo cucchiaino, o un cucchiaino raso, di sucre roux o di sirop batterie (zucchero liquido e scuro preparato à l’ancienne, per evaporazione, tipico di Marie Galante, e dal gusto ricco e minerale), oppure miele se ci sentiamo giù di tono, un quartino di citron vert, un dito (non per la lunga!) di rhum agricole bianco. A questo punto è lasciato ad ognuno di preparare la sua personale miscela, perché, detto sempre attuale, “chacun prepare sa propre mort”. Il momento più solenne ed importante è quello del matrimonio tra il succo di limone e la base zuccherina: un ti-punch si prepara lentamente perché il segreto è proprio che bisogna mescolare bene questi due ingredienti, prima di aggiungere il rhum, ed intanto si parla e si raccontano le avventure ed i fatti del giorno. Alcuni puristi fanno cadere, in questo momento così speciale, una goccia d’acqua, quel tanto che basta per bagnare lo zucchero in modo che possa raccogliere tutto l’aroma del citron. A proposito di citron, il “quartino” non viene mai schiacciato, ma piuttosto spremuto dolcemente tra indice e pollice nella tipica presa chiamata “pressé-lâché”, e fatto cadere, con tutta la buccia, ricca di oli essenziali, all’interno del bicchiere. Quest’ultimo, nella sua migliore configurazione, sarà un piccolo tumbler del diametro di circa 5cm, per 6 o 7cm di altezza: molte distillerie ne offrono set da 6, per condividere in famiglia un ti-punch “brandizzato” con i colori del rhum preferito.

 

Il bois-lélé

 

Il liquido viscoso creato dal succo di limone e dallo zucchero veniva un tempo mescolato con un “bois-lélé”, ovvero il ramo di un arbusto, oggi divenuto molto raro, che ha la proprietà di formare un’elica a cinque punte, facilitando la miscelazione: oggi nella maggior parte dei casi lo facciamo con un semplice cucchiaino da caffé. A questo punto la bottiglia di rhum viene fatta girare tra i partecipanti al rito: il ti-punch non è un drink per solitari, come avrete compreso, ma è un’ottima scusa per la compagnia e la condivisione. Il rum deve titolare almeno 50°, ma qui su Marie Galante si beve a 59°, per tradizione ed orgoglio. La ricetta autentica vieta inoltre l’aggiunta di cubetti di ghiaccio, considerati una cosa per ricchi, ma quando il caldo incombe, qualcuno cede alla tentazione: la variante alla Capovilla, il C-punch, ad esempio, prevede l’utilizzo di Rhum Rhum bianco a 56°, la sola scorzetta del citron vert, oppurtunamente passata anche sul bordo del bicchiere, ed un cubetto di ghiaccio. Il drink, pronto per essere gustato, viene a questo punto accompagnato dalle novità del giorno e, se l’orario è preprandiale, da accras de morue, classiche frittelline di merluzzo, e boudin noir, mini-sanguinacci ben pepati da far scivolare in gola accompagnati da un sorso di rhum, per un effetto ancor più esplosivo. Si suda. Forse anche rhum. Tutto normale.

 

I boudin noir

 

Ogni ora del giorno è scandita dai ritmi del rhum, a queste latitudini, ed è così che ogni momento condiviso, con un ti-punch in mano, durante la giornata, ha un suo nome e le sue regole specifiche: il primo ti-punch del mattino, che può avere un orario variabile, a seconda del lavoro che si o che non si fa, ed è sempre bevuto a digiuno, si chiama “decollage”, ed a buona ragione. Il decollage è spesso seguito da un “richiamino”, in genere a metà mattina, il “didico”, un ti-punch accompagnato dalla colazione, di solito a base di paté-salé (sfogliatina) di pollo, maiale, manzo o merluzzo, giusto per dare energia sino all’ora di pranzo e non far dimenticare le qualità del ti-punch bevuto la mattina.

Se il nostro lavoro è andar per mare e fare il pescatore, il décollage sfuggirà alla regola del digiuno, e sarà accompagnato, per evitare il mal di mare, da un “macadam”, ovvero una polpetta consistente di riso, merluzzo, manioca e piment, sia piccante che non, tanto saporito da far dimenticare le furie dell’oceano la mattina presto.

Prima del pranzo, poi, sarà un breve “CRS” (citron-rhum-sucre) ad aprire lo stomaco alla cucina locale, di solito consistente in un piatto unico di carne o pesce, accompagnato da riso bianco e gratin di racines (patata dolce, igname, madère o cristophine), ed innaffiato da birra Corsaire, Carib o Gwada. Se il pranzo sarà stato abbondante e avremo bisogno di un digestivo, ecco che il rhum viene ancora una volta in nostro soccorso, con uno shottino di bianco oppure un ambré, denominato “ti-sec” oppure “ti-feu”. Attenzione, gli shottini creano dipendenza e possono nondimeno essere distribuiti in più punti della giornata!

 

Accras de morue, un ti-punch e la pace del tramonto

 

Ci si avvia verso il tanto bramato momento della “sieste”, che ci predisporrà ad un finale di pomeriggio ancora all’insegna della nostra bevanda preferita: alle 15 o 15.30, il ritorno alla vita del lavoratore che sin dal mattino presto è stato impegnato nei campi a tagliar canna da zucchero, oppure per mare, è accompagnato da un risveglio degno di una “resurrezione”: è l’”heure du Christ”, ed è il nome del quarto ti-punch della giornata.

Seguirà un ti-punch in funzione di aperitivo sociale, verso le 18, mentre si gioca ai dadi o a domino, in genere dolcificato con sirop de batterie, energizzante e corroborante (“sirop de batterie longuevie”, usava dire una delle voci più romantiche e fondamentali di Marie-Galante, Eloi Chassela): il nome, o meglio, il vezzeggiativo, di questo particolare ti-punch, che descriveva la fortuna di arrivare in buona salute alla fine della giornata, è “ti-pape”.

La sera cade, e le famiglie si ritrovano tutte intorno al desco. La notte è piena di lucciole, grenouilles e racconti della propria giornata. La cucina è semplice e predilige un piatto caldo, di solito una zuppa di carne, come il bébélé, o, in caso di gran fortuna, uno chaudage, a conforto delle membra e dello spirito. Dopocena, gli uomini fumano, chi il mezzo sigaro, chi la sigaretta e chi la pipa.

La giornata inizierà presto anche domani, perciò ci si lascia con l’ultimo ti-punch, quello che fa atterrare il giorno su un soffice letto, e viene chiamato “la partante” (perché ci manda a dormire) oppure “pété-pié” perché ci “taglia le gambe”: la dose di rhum consentita può essere un po’ maggiore visto e considerato il momento. C’è poi chi proprio non ha sonno, ed avendo ancora tante cose da raccontare, indugia in una “doppietta”: un primo ti-punch classico, a base di rhum blanc, ed il secondo un ti-punch abbondante con un rhum ambré, detto “ti-vieux”.

A giudicare dall’età media raggiunta dagli anziani in queste isole, questo imponente “ruolino di marcia” alcolico giornaliero non sembra affatto nuocere alla salute, soprattutto se abbinato ad un ritmo di vita ragionevolmente lento e lontano da ogni preoccupazione che non risulti davvero vitale.


 

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