Il Nerd Corner di Anna
Alla ricerca del flavour, dalla fermentazione alla maturazione
Al contrario di altre bevande non alcoliche, un rum non viene certamente consumato per il suo valore nutritivo, ma principalmente per il piacere che ci dà: il piacere è qualcosa di molto personale e, nel caso dei distillati, si basa principalmente sulla percezione che ne ricaviamo grazie alle nostre capacità sensoriali. Ognuno di noi ha soglie di sensibilità completamente diverse ed uniche, dipendenti dall’interazione del nostro sistema limbico con la varietà di composti chimici contenuti nella miscela di alcool ed acqua che abbiamo nel bicchiere.
Nelle signore, sistema limbico e amigdala sono entrambi più attivi sin dalla tenera età, collegando molto spesso emozioni e sentimenti alla memoria olfattiva e gustativa legata ad un momento. Inoltre, noi donne continuiamo, nel corso della vita, ad accumulare una notevole memoria sensoriale, e, se ci curiamo di noi stesse e manteniamo viva la nostra soglia percettiva, avremo i nostri sensi allenati e attivi molto molto a lungo: esistono poi, certamente, grandi degustatori che, nonostante l’età continuano a mantenere le loro capacità ad un livello elevatissimo, ma, in genere, dopo i 65 – 70 anni cominciamo ad avere tutti defaillances, che sono ampiamente recuperabili se ci alleniamo in modo più frequente, e lo sono più facilmente per noi donne: perciò, oggi, più che nel passato, quando differenti fattori sociali ci tenevano un po’ lontane da questo mondo, siamo in tante a lavorare nel mondo del vino e degli spirits, in ruoli chiave per la produzione, il blending e l’invecchiamento.
Detto questo, nel disegno iniziale di un distillato, e, nel nostro caso di un rum da puro succo di canna, chi si occupa della sua produzione, se lavora bene, imposta fermentazione e distillazione sulla base della materia prima, che, in genere, è il riflesso perfetto di un terroir: il succo ha un profumo ed un gusto che gli sono conferiti dal varietale, dalla parcella, dal momento atmosferico e meteorologico, dal vento e dalla natura circostante, ed è importante analizzarlo prima della fermentazione, così come è importante cercare di non imporre, durante quest’ultima, ritmi troppo serrati, aggiunte troppo massicce di lieviti o additivi: l’ideale sarebbe lasciarla parlare, la materia prima, soprattutto se questa è di ottima qualità, e, possibilmente, viste le alte temperature cui si è soggetti da queste parti, poter raffreddare i tini di fermentazione, per permettere un processo più lento e dolce. A fermentazione avvenuta, il fermentato, se è stato ben gestito, riporta la nostra mente ai profumi del succo appena spremuto, ed il suo odore è ancora gradevole e fresco.
Durante la fermentazione si formano esteri, di varie tipologie, che vanno da quelli che richiamano il profumo dei fiori o dell’erba, sino a quelli che ci ricordano la frutta, sia essa bianca, gialla, rossa, acerba o matura, a quelli che mimano le spezie, e così via. Una distillazione ben eseguita cercherà di tradurre, come una bella fotografia, tutti quei profumi ed i relativi sapori in una sinfonia dalla gradazione alcolica elevata, che li concentra e li rende persistenti al nostro olfatto ed al nostro gusto, tanto da crearci una memoria momentanea che, come una madeleine proustiana, ci richiama a sua volta altri profumi e forse altri momenti. Spesso un distillato è una miscela di più di 500 composti appartenenti a classi chimiche molto diverse: alcoli, esteri, aldeidi, chetoni, acidi, fenoli volatili, composti solforati e terpeni, il tutto compreso in una matrice essenziale di etanolo ed acqua. Il nostro piacere nella sua degustazione, deriva da un’impressione di piacevolezza e armonia, e, se è un distillato bianco, dall’impronta fresca e riconoscibile della materia prima, che lo rende invitante all’olfatto ed al gusto, come se stessimo odorando e poi mangiando un frutto croccante.
Se invece ci troviamo di fronte ad un distillato invecchiato, il nostro piacere sarà in generale volto alla ricerca di un’armonia che risiede essenzialmente nella morbidezza, con differenze sostanziali tra un degustatore e l’altro: io, personalmente, amo molto l’energia (non assolutamente legata al grado alcolico, attenzione), più che la dolcezza, ed anche ritrovare quelle che sono definibili come note territoriali in un distillato che dal legno ha avuto la sua terza e più “violenta” trasformazione: parlando della maturazione di un rhum agricole, creatura fragile per definizione, sono sempre alla ricerca di legni che mi permettano di salvaguardare alcune caratteristiche del distillato bianco, trasportate fedelmente dalla componente “esteri”. Come si decide che legno scegliere? Tanti sono i fattori che ci guidano, da quelli fisici, come l’evaporazione e l’igrometria, di cui vi ho già ampiamente parlato, a quelli relativi al magazzino di invecchiamento, ma soprattutto, almeno per me, la guida fondamentale è il ritratto finale che mi preme trasmettere, che non è mai lontano dal suo terroir, così come un frutto non cade mai lontano dall’albero.
Per sapere cosa mi porto in botte, a quale gradazione e decidere quale sarà la botte ideale sono aiutata da due esami fondamentali: l’olfattometria, che è figlia dei miei organi di senso, soprattutto del mio olfatto, e la gascromatografia di massa, che è stata notevolmente migliorata nel tempo: oggi esiste anche una gascromatografia abbinata ad una olfattometria elettronica e ad una spettrometria. In realtà una buona e semplice gascromatografia à l’ancienne evidenza già l’esatta quantità di alcuni composti, molti dei quali li avevamo già individuati con l’olfatto, mentre la quantità totale ci era sconosciuta, ed è invece un dato importante da conoscere per prevedere l’impatto che una o l’altra tipologia di legno potrebbero avere, durante i mesi e gli anni, sullo spirito. Ad esempio, avere una buona quantità di 2-Feniletil Acetato, ci garantirà di poter conservare, durante l’invecchiamento, se indoviniamo la tipologia di legno adatta, un gradevole aroma di fiori e miele selvatico.
Un lavoro complicato?
Forse sì, ma come accade a tutte le scienze solo parzialmente esatte, ancora molto umano, e tremendamente affascinante.